«Incassavo 25 miliardi di lire e ne spendevo 35 di ingaggi. Un bagno. Quando Maradona andò via, non c’erano più né soldi freschi né banche disposte a prestarne. Averlo portato in Italia per me è una medaglia e non avevo i soldi dei diritti tv. Oggi nessuno potrebbe prendere Messi».
Queste le parole (a Repubblica) di Corrado Ferlaino, patron del Napoli dal 1969 al 2000. Imprenditore nel campo delle costruzioni e del mercato immobiliare, acquista la società dell’allora presidente Achille Lauro, ricchissimo armatore napoletano, numero uno del club azzurro dal 1936. Ferlaino paga 70 milioni di lire per il 33% delle quote, che lo rendono azionista di maggioranza.
Altri tempi, come spesso ci sentiamo dire, altri contesti economico, finanziario, sociale, insomma, un periodo completamente diverso da quello attuale, in ogni senso.
Le ambizioni di Ferlaino raggiungono il loro massimo nell’estate del 1984. Diego Armando Maradona è in rotta con il Barcellona, il club non può trattenerlo controvoglia. Il presidente partenopeo vuole portarlo al ‘San Paolo’, sembra una missione impossibile…
L’11° classificata della Serie A ’83-’84, come potrebbe riuscire ad acquistare il calciatore più forte in circolazione?
Il Napoli è abile nel cogliere l’attimo giusto. La Maradona Producciones, società gestita da Jorge Cyterszpiller, braccio destro di Diego, per sfruttare al massimo l’immagine del Pibe, si trova costretta dal Barcellona a pagare una parcella al dottor Oliva. Lui è l’ortopedico che ha rimesso in sesto Maradona dopo il grave infortunio ad opera di Goicoechea. Questo non va giù all’entourage dell’argentino: è la goccia che fa traboccare il vaso. Maradona vuole giocare in Serie A, il campionato più bello e competitivo del mondo, in quel periodo.
In breve, la trattativa che dura più di due mesi, nasce da una geniale intuizione di Antonio Juliano, ex giocatore degli azzurri, in quel momento dirigente del club, tra viaggi in segreto, identità fittizie e tante ore di aereo tra Napoli e Barcellona.
Soldi
Quei 13 miliardi di lire necessari all’acquisto del giocatore sembrano una cifra impossibile per il Napoli. Ma la spinta decisiva arriva grazie all’aiuto delle istituzioni, come raccontato dallo stesso ex presidente Ferlaino a Radio CRC pochi giorni fa.
«Il Barcellona accettò il pagamento di 13 miliardi dilazionato in tre anni. Però pretendeva una fideiussione bancaria, che ottenemmo grazie all’intercessione del sindaco di Napoli di allora, Enzo Scotti. Il presidente del Banco di Napoli, Ventriglia, accettò e la preparò, dicendomi di ritirarla la domenica mattina. Per fortuna quel giorno Ventriglia si svegliò a mezzogiorno. Quando lesse che tutti i giornali criticarono la scelta di pagare Maradona così tanti soldi nonostante la città fosse ricca di problemi, io avevo già ritirato la fideiussione. Ero passato in banca alle 9. Ventriglia mi inseguì sino a Barcellona, ma non riuscì a fermarmi».
L’affare si chiude, Maradona viene presentato al ‘San Paolo’ il 4 luglio e il resto è storia. Trasferimento che segna il nuovo record per il più caro della storia. Il precedente primato apparteneva sempre al numero dieci di Villa Fiorito, quando il Barcellona spese circa 12 miliardi di lire per strapparlo al Boca Juniors, nell’estate del 1982.
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Ieri
In un’interessante articolo de La Gazzetta dello Sport, si sottolinea come in quell’estate del 1984, considerando tutte le operazioni di mercato a livello mondiale, tra le prime 10 più onerose, addirittura 9 sono ad opera di club di Serie A. Oltre che per Maradona, le società spendono tanto per Rumenigge (all’Inter), Socrates (alla Fiorentina), Briaschi (alla Juventus), Bagni (anche lui al Napoli), Wilkins (al Milan), Junior (al Torino), Brady (all’Inter) e Virdis (al Milan). Per questi nbove trasferimenti, compreso quello di Maradona, vengono spesi complessivamente 48 miliardi di lire.
L’Italia del calcio, dopo la riapertura delle frontiere, si appresta a diventare la capitale calcistica dell’Europa e del mondo, di fatto fino ai primi anni del nuovo millennio.
Tutto ciò è possibile grazie alla politica economica attuata dall’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi. L’inflazione nel periodo 1983-1987 scende dal 12,30% al 5,20%, e lo sviluppo dell’economia italiana vide sia una crescita dei salari (in quattro anni), di quasi due punti al di sopra dell’inflazione. L’Italia diventa il quinto paese industriale più avanzato del mondo. Ma, per contro, in quegli stessi anni, il debito pubblico passa da 234 a 522 miliardi di euro attuali. Mentre il rapporto fra debito pubblico e PIL passa dal 70% al 90%.
Insomma, l’Italia è il bengodi per tutti, ma nel frattempo queste scelte porteranno, in breve, a gravi dissesti economici per tutto il Paese.
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Oggi
Se confrontati alle cifre che circolano oggi, nel mondo del calcio, ma anche più in generale negli sport dal grande seguito, quei 13 miliardi sembrano quasi spiccioli.
Da quando esiste la moneta unica europea, abbiamo assistito a trasferimenti monstre. Da Kakà, passando per i vari Cristiano Ronaldo, Bale, Pogba, Coutinho, Mbappé, Dembelé, fino all’attuale detentore Neymar.
Milioni e milioni di euro spesi per fior fior di giocatori. Per tutti, nessuno di questi potrà eguagliare la grandezza e il valore di Maradona. Ma per un aspetto prettamente numerico ed economico, il paragone si può fare.
Venendo al dunque…
Quanto sarebbe costato, oggi, Diego Armando Maradona al presidente Corrado Ferlaino?
Ebbene, sempre secondo quanto si legge su La Gazzetta dello Sport, quei 13 miliardi di lire oggi varrebbero solamente 18 milioni di euro. Diciamo che sarebbe un ottimo affare…