di Giovanni Benvenuto
È il 28 novembre 2016 quando l’aereo con a bordo la Chapecoense si schianta al suolo portandosi via 71 persone. La squadra stava andando in Colombia per il capitolo conclusivo della Copa Sudamericana. Una tragedia immane, una sorta di taglio che brucia ancora per tutti gli appassionati, un ritratto di una corsa verso un sogno rimasto tale.
La gioia prima del dolore
Il momento clou è senza dubbio rappresentato dai minuti conclusivi della semifinale con il San Lorenzo. Gli argentini attaccano a testa bassa ma il portiere, con degli interventi da saracinesca, salva il risultato attivando una girandola di festeggiamenti nello spogliatoio quasi indescrivibile. I calciatori si scatenano prendendo i telefonini e filmandosi a vicenda quasi a voler dire: «Ragazzi, ce l’abbiamo fatta! Siamo in finale!». Tutti si mettono in fila per la gloria ma prima bisogna passare dalla Bolivia per poi approdare in Colombia per l’appuntamento con la storia. Una favola che sembrava scritta dalla miglior penna mai immaginata. Sì, perché la Chape ha dovuto sudarsi la finale dopo anni e anni di delusioni dove a riempire un buco nello stomaco, o meglio, la bacheca erano soltanto i trionfi nelle categorie inferiori. Ma quel buco dopo il match all’Arena Condá non è mai stato colmato.
L’epilogo
Un’immagine mai dimenticata è anche quella dei calciatori sorridenti, emozionati e spensierati cercando di rincorrere un trionfo forse mai immaginato vista la sfida precedente dove forse è stato Dio a baciarli. La semifinale col San Lorenzo è il capitolo che funge da preludio alla terribile fine quando il charter LaMia 2933 ha smesso di volare in cielo. Possiamo paragonare la Chape al Torino, a quel grande Torino che nel 1949 si schiantò contro Superga al ritorno di un’amichevole organizzata a Lisbona. Due grandi squadre, ‘morte’ alla ricerca di un trionfo e vivendo questa passione illogica che ci fa gioire chiamata fùtbol. E forse tradita e non vissuta da una forza maligna e inspiegabile che ha abbandonato un club che voleva solo regalare una gioia ai suoi tifosi. Quei tifosi che a distanza di quattro anni non hanno mai dimenticato quel fatale schianto.