Romulo, ex tuttofare di Genoa, Brescia e Juventus, ha rilasciato un’intervista a Il Posticipo, nella quale si è raccontato a 360°, soffermandosi sul suo passato e spiegando le sue intenzioni per il futuro.
MOMENTO – «Mi sto allenando tantissimo tutti i giorni, voglio farmi trovare pronto a gennaio. Cerco una nuova sfida, ma non voglio trovare un progetto di sei mesi. Voglio essere il primo dal punto di vista fisico, mi sto allenando duramente per questo. Faccio sedute molto intense per arrivare ad un livello molto alto, voglio essere al top in Europa. Questo è ciò che desidero di più dal mio fisico».
BRESCIA – «Il Brescia è una squadra molto importante, è una maglia molto pesante da portare. Volevamo a tutti i costi che la squadra si salvasse e restasse in Serie A per tanti anni, purtroppo è scesa in B: non era né l’obiettivo della società né dei calciatori. Siamo rimasti delusi e tristi perché il Brescia merita di stare in Serie A per la sua storia, per la sua tifoseria, per tutto quello che la città ha passato durante il lockdown. Credo e spero che ci ritorni il prima possibile. Il club merita di giocare nella massima categoria in Italia».
BALOTELLI – «Balotelli ha tutto ciò che serve ad un calciatore per fare la differenza. Bisogna capire come si allenerà e soprattutto se si impegnerà. Ha qualità ed è un bravissimo ragazzo. Spero che possa portare il Monza in Serie A e tornare ai massimi livelli. Adesso dipende tutto da lui».
TONALI – «È un giocatore fantastico, l’ho apprezzato già prima di diventare suo compagno di squadra. Non è facile arrivare al Milan, uno dei club più forti al mondo. Deve ancora maturare, ma è una cosa positiva perché se è già forte così figuriamoci quando avrà più esperienza. Tonali ha un futuro brillante davanti a sé».
JUVENTUS – «Desideravo fin da bambino di andare alla Juve e di indossare la maglia di una delle squadre più forti al mondo: quando ce l’ho fatta ho realizzato un sogno. Purtroppo ho giocato poco a causa della pubalgia: ho passato momenti difficilissimi, mi sono dovuto operare e ho perso la stagione per un problema fisico. Mi dispiace tantissimo. Sono certo che avrei giocato quasi tutte le partite se fossi stato bene. Sono cose che succedono, bisogna guardare avanti».
ALLEGRI – «Allegri è molto saggio, equilibrato e sa comunicare molto bene. Una delle cose che mi ha impressionato di più è la facilità con cui parla coi suoi giocatori: è una qualità fondamentale per un allenatore e Allegri lo sa fare alla grande».
FINALE DI CHAMPIONS – «Ricordo il pareggio di Morata quando stavamo perdendo 1-0. Poi c’è stato lo scontro Pogba-Dani Alves in area: c’era un mezzo rigore a nostro favore, l’arbitro però non ha fischiato e sulla ripartenza il Barcellona ha segnato il secondo gol e abbiamo perso le speranze. Poi Neymar ha chiuso la partita. Avessimo vinto quella finale non avremmo rubato niente. Al di là del risultato è un bellissimo ricordo della mia carriera».
PIRLO – «Ho avuto il privilegio di giocare con lui, uno dei più grandi in assoluto della storia del calcio, un giocatore straordinario. Ricordo che parlava pochissimo. Pirlo parlava in campo coi suoi gesti, coi suoi passaggi, con le sue punizioni. È presto per dire se mi piace come allenatore perché sta vivendo i suoi primi mesi in panchina, bisogna aspettare che finisca la stagione per fare un bilancio, ma penso che diventerà uno degli allenatori più forti di sempre»
CONTE – «Conte mi voleva già nel gennaio 2014, ma il Verona non mi aveva lasciato partire perché desiderava che concludessi la stagione. Quando sono passato alla Juve, Conte se ne era andato ed era arrivato Allegri».
INTER – «Ci sono state delle voci. L’Inter mi voleva, ma non potevo trasferirmi perché avevo già giocato col Genoa e col Brescia e non potevo indossare la maglia di una terza squadra nella stessa stagione. Però mi ha fatto piacere sentire quelle voci perché l’Inter è una grande squadra e perché penso che mi volesse Conte, uno degli allenatori più forti al mondo».
VERONA – «I tifosi gialloblù mi scrivono ancora, provo ancora tanto affetto per la città e la squadra. Io e mia moglie abbiamo comprato una casa a Verona. Ho trascorso quattro anni meravigliosi e sono molto legato all’ambiente. Nell’estate 2016 sono arrivate proposte importanti in Francia e in Italia, però il Verona era appena sceso in B e quell’anno avevo giocato pochissimo per colpa della pubalgia. Ho parlato col direttore, con l’allenatore e col presidente e abbiamo deciso di andare avanti insieme per riportare la squadra in A. È stato un modo per ripagare tutto quello che mi aveva dato la società».
PIATEK – «Piatek era appena esploso in Italia: era arrivato come un ragazzo sconosciuto, da un momento all’altro è diventato un super bomber. Piatek è fantastico, ha tempi di gioco, tatticamente è perfetto. Poi sa trovare la porta, è forte di testa e dentro l’area e fuori, aiuta la squadra in fase difensiva, ha un fisico devastante. Piatek stava facendo grandi cose con Ballardini, quando è arrivato Juric non si sono trovati benissimo e in una decina di partite ha segnato soltanto un gol su rigore. Sono cose che capitano nel calcio, non si sa perché. Juric è un grandissimo allenatore, Piatek un fenomeno, a volte però succede di non capirsi».
CR7 DEL GENOA – «Sì, mi chiamavano così perché ero Caldeira Romulo e indossavo la maglia numero 8. Ha cominciato a soprannominarmi così Marco Pellegri, l’ex team manager del Genoa, i giocatori un giorno lo hanno sentito e hanno iniziato a fare altrettanto».
LAZIO – «Ho passato i sei mesi più belli della mia carriera: a Roma ho trovato una famiglia, ho ancora un rapporto molto stretto coi giocatori della Lazio. Con Inzaghi mi sono trovato benissimo: è un grandissimo. Studia tanto gli avversari, poi ha uno staff formato da fratelli che lavorano e condividono lo stesso modo di pensare. Penso che Inzaghi crescerà tantissimo, è solo all’inizio della sua carriera anche se ha già vinto tanto. Il mister ha dato un’identità fortissima alla Lazio. Spero che diventi uno dei migliori allenatori in Europa e un giorno magari sarà anche Ct della Nazionale italiana».
DERBY PIÙ CALDO D’ITALIA – «Il derby più caldo ed elettrizzante è quello di Roma perché tutta la città si ferma e tutti parlano solo di quella partita. Anche se una delle due squadre non è messa bene in classifica, basta vincere il derby per dare un senso alla stagione. Quando c’ero io, la Lazio ha vinto il derby 3-0: è stato bellissimo, lo stadio era strapieno, è stata una sensazione impossibile da dimenticare».
FIORENTINA – «Sono arrivato a Firenze nel 2011: non capivo nemmeno una parola in italiano e non potevo comunicare. L’impatto però è stato positivo perché mi piacciono la cultura e la cucina dell’Italia. Giorno dopo giorno questo Paese, il suo calcio e la sua gente mi hanno affascinato sempre di più. Mi sono trovato benissimo nei miei 10 anni in Italia. Sono molto legato alla Fiorentina: i tifosi viola mi scrivono ancora ed è bello. Al mio arrivo sentivo parlare tanto di Prandelli: tre anni dopo il mister mi ha convocato per indossare la maglia della Nazionale italiana e gli sono grato. Penso sia la persona giusta per riportare entusiasmo, fiducia e ciò che serve alla Fiorentina per ritornare in alto. Spero possa rifare ciò che ha già fatto lì.».
INFANZIA IN BRASILE – «Per me è fondamentale dare un valore alle piccole cose: alla famiglia, agli amici e a tutto quello che coi soldi è impossibile comprare. Dobbiamo valorizzare ciò che abbiamo, essere umili e lavorare. Quando cresci con persone che non hanno nemmeno i soldi per comprare da mangiare allora capisci che la vita non è solo soldi, fama e sogni. Bisogna aiutare il prossimo. La mia famiglia era molto povera, tante volte avevamo da mangiare solo un pezzetto di pane e un po’ di burro e da bere una tazza di caffè. Mia madre ci ha sostenuto per tanti anni, mio padre non riusciva a trovare lavoro. Era una situazione difficile però siamo riusciti a svoltare. Oggi abbiamo una condizione di vita buona e possiamo aiutare il prossimo»
IDOLI – «Non avevo dei veri e propri idoli. Quando ero bambino però mi piaceva tanto Denilson che ha giocato anche nel Betis Siviglia in Europa: era un calciatore fantastico, in Brasile ha inventato il doppio passo, era davvero forte. Poi Romario, Ronaldo e Ronaldihno sono stati giocatori top per me».
SOGNO NEL CALCIO – «Quando ho perso l’opportunità di fare il Mondiale 2014 con l’Italia ci sono rimasto male. Onorare la maglia azzurra e giocare nel Paese in cui sono nato non era cosa da poco. Per colpa della pubalgia sono stato costretto a rinunciare alla convocazione: è stato difficile da accettare. Vorrei essere convocato di nuovo per indossare la maglia dell’Italia. Poi sarebbe bello tornare a Roma e giocare ancora nella Lazio».
DOPO IL RITIRO – «Dopo il ritiro, fra tanti e tanti anni, voglio fare l’allenatore: sto già studiando per questo, ho preso il patentino Uefa B, quando smetterò di giocare prenderò l’Uefa Pro. Nella vita mi piace anche andare a cavallo e pescare: sono i miei hobby preferiti».