È tornato dopo improvviso stop, adesso Zlatan Ibrahimovic vuole tornare ad essere decisivo per il Milan. Lo svedese ha raccontato il suo momento a La Repubblica. Queste le sue parole.
GRUPPO E SINGOLO – «Se non si fa gol, non si vince. È una delle mie responsabilità: segnare o fare segnare. Mi sento un leader in campo, i compagni mi seguono: 10 anni fa c’erano un’altra situazione e un altro gruppo. Questo è molto giovane, ma con lavoro e sacrificio arrivano i risultati. Poi non dipende tutto da me. Non posso giudicare quello che c’era prima del mio arrivo. Bisogna continuare, finora non abbiamo fatto niente. L’importante è non fermarsi. Io credo che la differenza non la faccia più il fuoriclasse, ma il collettivo. È normale che io non sia più quello di 10 anni fa, però sto facendo cose utili alla squadra. Non perdi qualità a 30-35 anni, perdi a livello fisico. Poi dipende dalla testa, dal tuo realismo e da quanto ti alleni».
SCUDETTO E CHAMPIONS – «Il secondo in classifica è sempre il primo degli ultimi. Io devo puntare al massimo, per fare uscire il meglio da me e dagli altri. Non mi interessa lo scudetto d’inverno, ma il titolo vero. L’assenza in CL non è normale per i tifosi e per il club. Forse in questi 7 anni ci sono state tante cose anche fuori dal campo: se non c’è stabilità sopra, non può esserci sotto».
PIOLI – «Il nostro è un rapporto professionale: lui è l’allenatore e io il giocatore. Ha fiducia in me e mi fa stare bene. È un grande gentleman: non era semplice per lui, eppure non ha mai ceduto. È stato elegante, un altro avrebbe mollato. Il suo messaggio era di guardare sempre avanti: si è dimostrato da grande club».
RONALDO – «Confronto con lui? Giudichino gli altri: io ho responsabilità per la mia squadra, lui per la sua. Ognuno cerca di essere il migliore».
PERMANENZA – «Finché sto bene, vado avanti. Sono sempre stato onesto, non voglio mettere nessuno in una situazione da cui non può uscire. All’inizio ho firmato per 6 mesi perché non tutti quelli che sono tornati sono riusciti a convincere. Siamo stati più flessibili lasciandoci vie d’uscita».
QUASI 1000 PRESENZE – «Non sapevo di avere giocato tutte queste partite, significa che sono vecchio. Non voglio pensarci. La sfida di oggi è essere dentro una squadra molto giovane, diversa da come sono abituato. Mi piace tanto, mi dà anche più soddisfazione di quando vincevo».
COVID – «Chiuso in casa, aspettavo i sintomi: mal di testa e schiena, gusto perso dopo 4-5 giorni, ogni giorno qualcosa di nuovo. La febbre non l’ho mai avuta: era un fatto più mentale, il tempo passava lento. A casa non mi potevo allenare come prima, mi affaticavo subito».
SPORT E GIOVANI – «Le nuove generazioni pagheranno il non fare sport e il non andare a scuola. Forse dovremo convivere col Covid e l’iniziativa di Buddyfit è stata pensata in questo senso. Quando tutto tornerà normale, non sappiamo se ci saluteremo allo stesso modo, se andremo in palestra come prima. È stato per fare qualcosa di positivo: quando sei attivo, stai meglio e vivi meglio».
ESEMPIO – «Ogni anno maturi e io ne ho quasi 40, non si direbbe, ma è la verità. L’esperienza serve».
SVEZIA – «Investimento nell’Hammarby? Per i talenti e per cambiare il calciatore svedese tipo, che non è Ibra. Io voglio più Ibrahimovic in Svezia. Roback è un altro tipo di giocatore svedese: ha talento, velocità, tecnica. Ogni tanto si allena con la prima squadra: ci arriverà, se si allena bene».
RINASCITA – «Negli Usa ho scoperto di essere ancora vivo nel mondo del calcio. Dopo l’infortunio con lo United, nel primo anno a LA volevo capire se avevo ancora lo stesso livello europeo. Nel secondo mi sono sentito come prima: o mi mettevo nuovi obiettivi o smettevo. Mino Raiola mi ha detto che smettere laggiù era troppo facile, io gli ho chiesto qual era la sfida più difficile e lui mi ha risposto il Milan».
FUTURO IN PANCHINA – «Se dico qualcosa oggi, poi devo mantenere la parola. Fare l’allenatore oggi è molto stressante, ma quando smetterò può darsi che la veda diversamente. Per ora sono troppo concentrato sul campo».
VAR – «Gli errori fanno parte della vita, ma si sta andando nella direzione giusta, anche se le regole sul mani non si capivano bene e a Firenze mi hanno rubato il gol dell’anno. Comunque il Var rende più giusti anche i duelli coi difensori».
DIFENSORI – «Mi piace Chiellini, è un animale, ha una mentalità che ti motiva, non puoi mai essere sicuro di averlo superato. Mi piacciono i duelli leali, non sporchi, non per fare male, come quelli con Maldini».
PLAYSTATION – «Regalo alla squadra? Era un trucco. Ho detto solo dopo che era gratis, ma che per chi non si era messo in lista era tardi. Volevo capire meglio i miei compagni, ma adesso corrono di più per me».
ESORDIO KALULU – «Faceva freddo, ma gli ho detto di toglierseli subito. Uno che debutta così giovane deve mettere paura agli avversari: la prima immagine è quella che conta».
DONNARUMMA – «È molto importante che resti al Milan. È il simbolo cresciuto all’Academy, è il più forte portiere del mondo. Uno come lui deve giocare anche la Champions, non può non avere ancora una presenza lì».
NAZIONALE – «Non è un segreto. Se uno sta bene, ci pensa. Dipende sempre da come stai. Non entro in un gruppo, se non per dare qualcosa».
ATALANTA – «La affronteremo all’ultima d’andata. Sta facendo grandi cose grazie al collettivo. Quando avevo lasciato la Serie A, la gerarchia era diversa. Sono venuto qui per cambiare le cose e rimetterle a posto».