George Weah, ex giocatore del Milan, nonché Pallone d’Oro 1995, e attuale presidente della Liberia, ha parlato a La Gazzetta dello Sport. Queste le sue parole:
MILAN – «È in testa e la cosa non mi sorprende: stiamo parlando del Milan, non di una squadra qualsiasi. Da diversi mesi hanno iniziato un progetto preciso, brillante, concreto. Dovevano ritrovarsi e lo stanno facendo, perché la cultura della vittoria fa parte del Dna rossonero».
MALDINI – «Ha meriti enormi. È un uomo umile, un gran capitano e un ottimo amico. Uno che ispira chi gli sta a fianco, che trasmette fiducia ora come quando giocava».
SCUDETTO – «Non so se il Milan riuscirà a vincere lo scudetto, perché Juventus, Inter e Napoli sono grandi rivali e perché mancano ancora 20 partite. Nel calcio le cose cambiano rapidamente. Però non ho dubbi sul fatto che possa lottare fino in fondo».
IBRAHIMOVIC – «È forte e sicuro di sé. Ma dietro a questa immagine c’è molto altro: è uno che s’impegna al massimo ed è sempre concentrato al 100% su quello che fa. Può essere molto utile al club per il lavoro che fa con i giovani: è una fonte d’ispirazione. L’età non conta. Mi vengono in mente due nomi, quelli di Pietro Vierchowood e Franco Baresi, due che hanno giocato a un livello altissimo fino quasi ai quarant’anni. E poi naturalmente lo stesso Paolo Maldini. Se lavori duro, mantieni intatta la passione e continui a divertirti giocando, l’età sparisce».
RONALDO – «Un altro grande esempio. È la più grande rappresentazione di come grazie al lavoro e alla passione si possano raggiungere obiettivi sulla carta impensabili. La storia di Ronaldo ti dice che se credi di poter fare una cosa, la puoi fare. Non è il migliore del mondo, ma si è allenato in modo da diventarlo. Lo stimo perché nonostante tutto non ha perso l’umiltà e si è guadagnato tutto quello che ha».
JUVENTUS – «Rivale del Milan per lo scudetto? Dico Juventus per due motivi: perché da bambino tifavo per la Juve e perché vince da nove anni. Quando ero piccolo in Africa non arrivavano le immagini della Serie A, eravamo legati al calcio francese e facevano vedere le immagini di Platini in Italia, così mi affezionai alla Juve. Poi la vita mi ha portato al Milan e lì ho trovato una famiglia oltre ad un fantastico ambiente di lavoro. Il Milan mi ha dato tutto, ma il tifo per la Juve è rimasto. La cosa che più mi fa piacere è che la Serie A sia ritornata ad essere molto competitiva e divertente».
LUKAKU – «Non sempre nel corso della sua carriera è stato apprezzato come merita, per me è un grande giocatore. Se penso a lui ricordo la mia storia: quando decisi di trasferirmi dalla Francia all’Italia la gente mi diceva che non ce l’avrei fatta perché il campionato italiano era troppo complesso. Io mi trovai benissimo perché credevo nelle mie qualità e lo stesso mi sembra stia succedendo a Lukaku: era già un ottimo giocatore ed è migliorato ancora, lo trovo più completo rispetto al passato».
PIRLO – «Lo osservavo in campo e vedevo un giocatore intelligente, sveglio e umile, era già un allenatore. Penso che i calciatori che oggi gestisce vedano in lui ciò che era quando giocava: un talento capace di pensare e realizzare cose fuori dalla portata di altri. In panchina ha appena cominciato, la Juventus è una realtà ovviamente complessa ed esigente».
GATTUSO – «Un ragazzo d’oro, furbo, sveglio, determinato, con una grande mentalità. Generoso, lottatore, uno che sa ciò che vuole e come prenderselo. E anche un amante del bel calcio: lui era un distruttore, aveva la cultura di un calcio fisico perché quello gli chiedevano e quello sapeva fare. Però Gattuso ha sempre avuto una mentalità vincente, ed è ciò che mi sembra voglia trasmettere alle sue squadre ora che allena».