di Giovanni Benvenuto
I calciatori non sono soltanto conosciuti per le loro prodezze in campo. Ognuno di loro ha dalla sua parte un potente brand che unisce perfettamente la sfera calcistica con quella economica. Ibrahimovic, Messi, Cristiano Ronaldo e Neymar sono solo alcuni dei campioni più conosciuti al mondo, sempre contesi tra le varie aziende del mondo del pallone. Eppure per comprendere meglio questo binomio (o scontro) tra marketing e brand sportivi dobbiamo tornare indietro fino alla Coppa del Mondo del 1970.
Il gesto di Pelè
Il Mondiale è sempre stato un ottimo assist per i più famosi brand per espandere il proprio dominio. Prendiamo in considerazione quello del 1970 in Messico: allora non c’era la presenza notevole della Nike ma il testa a testa tra Adidas e Puma, entrambe comandate dai fratelli Dassler. I due imprenditori decisero di contendersi la vera e propria stella della competizione, che all’epoca era Edson Arantes do Nascimento (meglio conosciuto come Pelè). La diatriba fu accesa tanto che i due fratelli decisero di stringere una sorta di patto in modo tale da non pestarsi i piedi: nessuno doveva mettere sotto contratto la superstar verdeoro. Più tardi questa tregua fu soprannominata come il ‘Pelè Pact’.
Ma purtroppo Rudolf Dassler (Puma) decise di utilizzare un escamotage per averla vinta: durante un incontro dei Mondiali gli scarpini utilizzati da Pelè non erano quelli con la marca rivale a tre strisce, e così decise di fornire all’attaccante un nuovo modello di scarpe in cambio di 120.000 dollari. Ma questa non fu l’unica mossa eclatante. Il brasiliano fermò il direttore di gara per allacciarsi le scarpe mettendo in bella vista il marchio. E l’Adidas? Ovviamente andò su tutte le furie tanto che poco dopo decise di scatenare la cosiddetta ‘guerra delle sneakers’ sfidando fino all’ultimo modello la casa d’abbigliamento autrice del ‘tradimento’. Pelé poi vincerà quel mondiale ma il siparietto prima del calcio d’inizio è tutt’ora ricordato da entrambe le aziende teutoniche.