Si chiama ‘Livorno_popolare‘ il progetto di azionariato popolare e condiviso che negli ultimi giorni ha preso vita con l’intento di dare un futuro al club labronico, oramai da mesi al centro di numerosi problemi societari.
L’iniziativa raccontata da Il Tirreno ha già raccolto un centinaio di adesioni in pochi giorni con l’idea precisa di acquisire la maggioranza azionaria del Livorno sulla scia di quanto avviene in Germania già da diversi anni (con il St. Pauli come esempio ormai noto in tutto il mondo, ndr).
Marco Bruciati, consigliere comunale, ex candidato sindaco e tifosissimo, ha esplicato il Manifesto che sta dietro a Livorno_popolare: «Siamo cresciuti con l’idea che la squadra di calcio sia un’azienda privata gestita da un padre padrone che può decidere quando portare via il pallone dal campo o quando sgonfiarlo lentamente. Di questo tipo di calcio, quello dei milioni non motivati, degli interessi speculativi, degli ingaggi faraonici e del tifoso consumatore, ci siamo stancati. Così come ci siamo stancati che la nostra squadra sia diventata terreno di conquista di personaggi senza arte né parte che arrivano a Livorno senza uno straccio di progetto e con discutibili capacità manageriali».
«Per noi il calcio e la squadra della nostra città sono molto di più – si legge ancora -. Sono orgoglio, condivisione, felicità, aggregazione, amicizia, dignità, storia, sofferenza e passione. Per questo, stanchi di lamentarci, abbiamo deciso di rimboccarci le maniche per studiare e realizzare un modello di gestione sportiva dell’As Livorno Calcio di profonda rottura con il passato.
Un modello che ribalti radicalmente l’impostazione culturale per la quale una squadra di calcio debba essere necessariamente acquisita e gestita da un unico proprietario/presidente e che i tifosi debbano subire le sorti della società senza alcuna voce in capitolo. Siamo convinti che una società calcistica debba essere percepita come un bene comune ed essere amministrata per diventare un vero e proprio valore aggiunto per il territorio in cui opera».