di Leonardo Maldini
Retrocedere equivale a perdere tutto. Non una partita, non una finale ma l’intera posta in gioco, il proprio stesso essere. La propria essenza di squadra, partita ad agosto con le migliori aspettative, si trova clamorosamente, e inaspettatamente, proiettata nel baratro della serie cadetta. Quest’anno nei casini ci sono Crotone, Parma e Cagliari. Sebbene per la prima le aspettative non erano così alte, per Parma e Cagliari si è profilato uno scenario improvviso. I ducali sembrano ormai condannati alla serie B, dopo la sconfitta pirotecnica per 4-3 contro i sardi, mentre il Cagliari, a -5 dal quartultimo posto, rimane vivo e si aggrappa all’esperienza di Leonardo Semplici.
La squadra, inizialmente affidata a Di Francesco, era partita con ben altre aspettative ad inizio campionato, come testimonia la rosa e gli acquisti di spessore fatti in estate (e in inverno). Eppure, sebbene la rosa sia di ottimo livello per la Serie A, i punti sono pochi e l’orizzonte è cupo.
Se la retrocessione è sempre un evento sportivamente drammatico, però, non tutte le storie di un declino si equivalgono. Confrontare la retrocessione della SPAL lo scorso anno con quella del Lecce, ad esempio, sarebbe un’ingiuria. Se i primi, infatti, già dopo 10 partite potevano dichiararsi inadatti ad affrontare con dignità – neanche con difficoltà – il massimo campionato italiano, i salentini sono riusciti a giocarsela fino all’ultimo respiro.
Ci sono retrocessioni e retrocessioni. Pur nella comune tragicità dell’evento riviviamo quelle che hanno fatto la storia.
La Sampdoria nel 2011
La carrellata di tristi ricordi inizia con quello forse più vivido ai nostri occhi: la retrocessione della Sampdoria nella stagione 2010-2011. Non serve scavare nella stagione dei blucerchiati per trovare i motivi di una debacle tanto maestosa quanto lo era stata la cavalcata della stagione appena trascorsa, e conclusa con la qualificazione ai preliminari di Champions League.
La sconfitta nella doppia sfida col Werder Brema – decisivo il 3-1 in Germania – lascia i tifosi con l’amaro in bocca. Ma senza veleno, ancora. I primi sintomi di una febbre irreversibile si manifestano nella lite Garrone-Cassano di inizio stagione. Non un’influenza momentanea, ma un virus perenne. L’addio di Cassano e quello di Pazzini a gennaio (destinazioni Milan e Inter) sbaragliano carte già confuse.
La sconfitta interna col Palermo sancisce la definitiva retrocessione – è la nona sconfitta stagionale al Marassi, un record. Quella coi rosanero è solo l’ultima clamorosa caduta, all’interno di una stagione da brividi. 26 punti all’andata, 10 al ritorno. Dieci. In 19 partite. Le lacrime di Palombo contrastano la codardia dei suoi compagni di squadra, rifugiatisi negli spogliatoi al termine della partita. È una maledizione per la Sampdoria. Quattro retrocessioni, tutte a numero palindromo: ’66, ’77, ’99, ’11.
L’Hellas Verona nel 2002
Immaginatevi in Europa dopo esservi salvati all’ultima giornata l’anno prima. Adesso, immaginatevi in Serie B nella stessa stagione in cui potevate andare in Europa. È successo davvero, è successo al Verona di Malesani.
Siamo nel 2001-2002, l’Hellas è reduce da una retrocessione scampata di un niente e patron Pastorello le rifà il look per non sbagliare più. Nigmatullin e giovani di belle speranze come Gilardino, ‘Ciro’ Montaño e Paolo Cannavaro si aggiungono ad altri gioielli già in Veneto: Adailton, Camoranesi (scovato in Messico), Mutu, preso in comproprietà dall’Inter, e Oddo. Nonchè Cassetti e Dossena.
Un organico che a leggere i nomi oggi in Europa poteva andarci eccome, ma parliamo di ragazzi allora in rampa di lancio e ancora privi della giusta esperienza.
Talento ed entusiasmo, un mix con cui la ‘banda’ Malesani si regala un girone d’andata coi fiocchi: 25 punti in 17 partite, accarezza la zona Coppe, vince il primo derby di Verona nella storia della A, batte Fiorentina e Lazio, ferma Juve, Parma e Roma. Ma quel derby pieno di entusiasmo si rivela un ‘boomerang’, perché nel girone di ritorno il giocattolo si inceppa. Passo falso dopo passo. Undici sconfitte sono il termometro che misura il crollo, il Verona coglie la miseria di 14 punti e precipita dalla favola all’incubo in 4 mesi. Capolinea del folle viaggio Piacenza, dove i ragazzi di Malesani scendono dal treno e prende quello per la B.
Piacenza-Verona 3-0, 5 maggio 2002, la data che sancisce tutti i sogni, di Europa e di Serie A, degli scaligeri.
Il Napoli nel 1998
Il campionato 1997-1998 passato alla storia come quello del fallo da rigore dello juventino Iuliano su Ronaldo viene ricordato oltre che per tale evento anche per la clamorosa retrocessione del Napoli di Ferlaino. Una retrocessione che sorprese tutti soprattutto alla luce della campagna acquisti operata dal Napoli in estate : Protti, Rossitto, Goretti e Bellucci, fiori all’occhiello del mercato che insieme a gente come Ayala, Taglialatela e Turrini avrebbero dovuto aiutare il Napoli a conquistare un posto in Europa invece di riuscire nell’impresa di retrocedere in Serie B.
Qualche bella partita in chiusura di campionato fa sperare i tifosi, ma il clima è grigio e la salvezza sembra un miracolo. Dieci sconfitte nelle ultime quattordici partite decretano un verdetto terribile. L’11 aprile del 1998 il fallimento è definitivo. Cannavaro, cuore napoletano, segna la rete del 3-1 (Parma-Napoli) e dichiara a fine partita: «Mi dispiace per il Napoli, ha vissuto una stagione tormentata, mi dispiace veramente».
La Fiorentina nel 1992
Una retrocessione clamorosa ai fasti dell’era Cecchi Gori. Una squadra che poteva contare su giocatori come Batistuta, Effenberg e Baiano, ma che al termine del campionato retrocesse in Serie B, 54 anni dopo l’ultima volta. Prima parte di stagione buona con Radice in panchina, poi il clamoroso e inaspettato esonero che coincise con il tracollo della squadra che nella seconda parte di stagione non riuscì più a venire fuori dalla situazione di classifica difficile. Con Agroppi in panchina la Fiorentina raccolse tre vittorie, nove pareggi e otto sconfitte nelle ultime venti giornate. Nemmeno l’avvento sulla panchina viola della coppia Chiarugi-Antognoni riuscì a sistemare le cose.
Il Milan nel 1982
Il Milan meno glorioso della storia. I rossoneri ci hanno sempre abituato ad avere stelle in squadra, ma in quella ce ne sono poche. Un mercato povero di entusiasmo – e di soldi – porta alla fine all’acquisto di Joe Jordan, comunque tra i migliori quell’anno.
La squadra gioca male, perde tante partite e al termine del girone di andata la società decide di esonerare Radice. Italo Galbiati è l’eroe pronto a sostituirlo. 21 marzo del 1982. Il Milan naviga ormai in acque tetre. L’infortunio di Baresi sta pesando enormemente su una rosa debole, sfilacciata e senza l’umiltà necessaria a rimboccarsi le maniche per evitare un tracollo che avrebbe dello storico. È dunque il 21 di marzo che il fantasma della B inizia a materializzarsi, quando al termine di un Como vs Milan vinto dai padroni di casa, i tifosi rossoneri, all’uscita delle squadre dal campo, prendono di mira il pullman dei giocatori colpendo alla testa il povero Collovati. È caos totale.
Le vittorie contro Genoa e Avellino donano un’ultima speranza ai rossoneri, che però contro il Torino dopo novanta minuti di assedio, non riescono ad andare oltre il pari. Così, all’ultima giornata, la classifica recita Cagliari e Genoa a 24, Bologna a 23 e Milan, fanalino di coda, a 22.
Durante gli ultimi novanta minuti di campionato, accade di tutto. Il Genoa perde al San Paolo contro il Napoli, il Milan rimonta il Cesena da 2-0 a 2-3 e mancano 5’ alla fine. Il Bologna ha perso, ma un errore di Castellini a Napoli regala il corner da cui scaturirà il pareggio del Genoa,. Epilogo incredibile e Serie B per il Milan.