di Gabriele Buzzalino
La settimana che ci stiamo lasciando alle spalle sarà ricordata a lungo a causa della serrata battaglia fra la UEFA e la nascente Superlega.
Un blitz di cui si stava già parlando, ma costituito nella notte fra il 18 e il 19 aprile dalle squadre fondatrici, pronte a sovvertire il sistema calcistico attuale. Fortunatamente, almeno secondo molti, in due giorni il progetto ha dimostrato quanto di fallimentare e incerto ci fosse nella struttura progettata da Florentino Perez e Agnelli.
Ma siamo veramente sicuri che gli enti tradizionali abbiano sconfitto un avversario in nome della sportività e per preservare i veri valori dello sport che tutti amiamo? Davvero UEFA e FIFA rappresentano il bene, mentre la Superlega il male che grazie a una strenua resistenza è stato cancellato? A questi interrogativi proveremo a rispondere in questo approfondimento.
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Le cifre in ballo
Si è parlato tanto della nascente Superlega innanzitutto a causa della natura sovversiva della stessa. L’annuncio del nuovo torneo che comprendeva l’elite del calcio europeo è arrivato di notte, quasi a richiamare le riunione segrete di chissà che tipo di cospiratori. Ma l’aspetto focale della questione, tanto per cambiare, è di tipo economico. Sono subito saltate all’attenzione di addetti ai lavori e appassionati le cifre da capogiro che sarebbero circolate in questo progetto mastodontico.
In sostanza, la Superlega proporrebbe circa il triplo di entrate rispetto a quanto offerto dalla UEFA. Nella tradizionale Champions League, saltando direttamente al fondo, la squadra che alza la coppa guadagna 82 milioni di euro solo con i risultati stagionali. A questa cifra, infatti, bisogna aggiungere altre entrate dipendenti da altri fattori, come i premi di partecipazione, il market pool o il ranking storico.
Risultati stagionali
Partendo inizialmente dai premi relativi ai risultati, la UEFA dal 2018 mette a disposizione ben 600 milioni di euro. Per ogni pareggio una squadra guadagna 0.9 milioni, per ogni vittoria 2.7. Il passaggio del turno alla fase successiva ne porta a casa 9.5, la qualificazione ai quarti di finale 10.5 , alle semifinali 12 e alla finale 15. Infine, alla vincitrice del torneo spetta premio di 19 milioni. Sommando tutte le cifre, i campioni porterebbero nella tasche della propria società un bottino di 82 milioni di euro, che moltiplicato per tre non fa quanto offerto dalla Superlega.
Una squadra delle fondatrici, infatti, se vincesse il titolo guadagnerebbe circa 290 milioni, sommando il bonus iniziale di 170 milioni dovuto allo status di organizzatrice, i ricavi commerciali e i premi dovuti ai risultati. Anche il confronto con una squadra eliminata è abbastanza impietoso: all’ultima classificata della Superlega sono destinati 135 milioni, sempre il triplo di una compagine eliminata nella fase a gironi della Champions League. Il fatto principalmente è dovuto alla garanzie di partite da giocare offerta dalle due competizioni. Nel primo caso, in un girone da 10 con andata e ritorno ogni club sarebbe sicuro di disputare 18 incontri, 9 dei quali in casa. Nel secondo caso invece, come noto, chi esce dai gironi delle classiche competizioni UEFA, lo fa dopo solo 6 match.
Premi di partecipazione
La distanza insormontabile è presente anche nei premi di partecipazione. Attualmente le squadre qualificate per la fase a gironi percepiscono 15 milioni a testa, contro i 12.7 che guadagnavano dal 2015 al 2018. Le squadre fondatrici della Superlega, invece, si sarebbero spartite 3.5 miliardi di euro di entrate dai vari club partecipanti. Qualcuno avrebbe guadagnato 350 milioni, altri 225, altri ancora intorno al centinaio di milioni. In ogni caso, una cifra esorbitante se pensiamo al fatto che riguarda la sola e unica partecipazione.
Market pool
Il market pool è il tasso di guadagno legato ai diritti tv, quindi quasi esclusivamente alla potenza economica del club. Prima del 2018 la UEFA stanziava 580 milioni per questo, ora ‘solo’ 300, il 15% del patrimonio complessivo dei vari premi. Anche in questo caso, non si fatica a comprendere come la Superlega monopolizzerebbe tutto anche in questo senso. Una realtà simile, infatti, indirizzerebbe i grandi investitori di tutti gli ambiti, per cui anche televisivi, ad investire su di essa. Questo potrebbe addirittura portare a una scissione del calciomercato internazionale, con una serie di squadre in grado di competere per calciatori e profili ad un costo elevatissimo, lasciando le briciole alle altre escluse dal progetto.
Ranking storico
L’ultimo fattore di guadagno da prendere in considerazione riguarda il blasone delle squadre, ossia i risultati conseguiti in Europa nel corso della storia. La UEFA dal 2018 ha stanziato ben 528 milioni per questo, da spartire in base a un ranking stilato secondo i risultati nelle Champions League e Europa League. La formazione al primo posto della speciale classifica percepisce 32 milioni, la seconda 31 e così via fino all’ultimo dei 32 club qualificati ai gironi, che guadagna un milione.
Come detto in precedenza, un sistema analogo nella Superlega può essere rappresentato dai 170 milioni fissi guadagnati dalle squadre fondatrici. Le 12 organizzatrici sarebbero senza dubbio in una condizione di superiorità nei confronti delle altre, invitate dalle prime a partecipare al blitz contro la UEFA.
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Le contraddizioni
Risulta evidente dall’analisi appena condotta che la Superlega avrebbe il monopolio di qualsiasi ambito che lega economia e finanza al calcio. Diritti tv, calciomercato, investitori e sponsor, tutto sarebbe certamente indirizzato a legarsi ai ricchi club appartenenti all’elite. D’altronde, chi può biasimarli? Per definizione queste imprese devono rincorrere l’opportunità più redditizia, è quando lo fa una squadra di calcio che possono sorgere i problemi.
Pare quindi che la parte lesa sia la UEFA, schiacciata dalla Superlega che intende monopolizzare il calcio, rendendolo uno sport per ricchi. Probabilmente questa affermazione non è neanche così lontana dal vero, ma non si tratta nemmeno di oro colato. Si potrebbe additare la nuova organizzazione come un gruppo di venali imprenditori senza scrupoli che mirano a ledere l’integrità, l’onestà e la passione dei vertici del calcio europeo se queste qualità fossero veramente attribuibili alla Federazione.
Scandali e aspetti economici
Seppur la Superlega viaggi dichiaratamente verso una formula che porti guadagno ai suoi partecipanti, non si può dire che la UEFA non sia da meno. Già a partire dalle cifre di cui abbiamo parlato, seppur minori rispetto alla nuova competizione, è chiara l’ingente somma di denaro mossa nelle varie Champions League ed Europa League. L’interesse economico fa da padrone in ogni mossa della UEFA, che sia in maniera legale o meno. Tutti o quasi ricorderanno i vari scandali che coinvolsero negli anni passati l’ex presidente Michel Platini, accusato di corruzione e favoreggiamento tra il 2015 e il 2018. Numerose indagini hanno riguardato anche la FIFA sulla base di alcune indiscrezioni che parlavano di compravendite di voti legate alle assegnazioni dei Mondiali.
Proprio di questo varrebbe la pena parlare.
Campionati mondiali
Hanno fatto discutere, e non poco, le ultimissime sedi dei campionati mondiali di calcio. A partire addirittura dal Brasile, fino ad arrivare alla Russia e al Qatar. Esaminando il caso dei Mondiali 2014 e 2018, non sono mancate le indagini riguardo a presunti casi di corruzione, con dirigenti che avrebbero pagato colleghi per un voto a favore di una nazione ospite rispetto a un’altra. In entrambi i casi, stiamo parlando di nazioni in cui la ricchezza complessiva è detenuta da una bassissima percentuale della popolazione. Ingraziarsi una cerchia ristretta di ricchi, contribuendo ad arricchirne le casse finanziando il calcio nei loro paesi, porterebbe (o ha portato, per chi vuole pensar male) un guadagno non da poco.
Ma entrambi i casi analizzati prima non sono assolutamente nulla se paragonati ai Mondiali in programma il prossimo anno. Il prossimo inverno (non la prossima estate) si sfideranno in Qatar le migliori nazionali del mondo, in uno scenario veramente controverso. Stiamo parlando di un paese in cui la ricchezza complessiva è detenuta dall’1% circa della popolazione, costituita da ricchi imprenditori e sceicchi, che il nostro calcio ha imparato ormai a conoscere. La principale fonte di ricchezza del Qatar è il commercio di petrolio, fattore che ha da sempre interessato le mire e gli interessi degli investitori europei. Con tutto il rispetto per il paese qatariota, questa nazione non ha mai contribuito a scrivere pagine, neppur minime, della storia del calcio. Questo non vuol dire che non sia giusto includere un paese estraneo a un determinato mondo, ma significa affermare che è palese che ci sia una lista di interessi economici dietro a questa scelta da riempire un altro approfondimento sul nostro sito.
Qatar 2022
In questi anni il Qatar si è già mobilitato per costruire stadi e impianti all’avanguardia all’altezza della competizione. Viste le strutture originariamente presenti sul territorio, la costruzione delle nuove è partita praticamente da zero e questo ha comportato spese incredibili. Un giro di soldi, quindi, da capogiro, che va a discapito della stragrande maggioranza della popolazione, a favore invece di una cerchia ristretta di privilegiati. Con ogni probabilità gli impianti costruiti saranno smantellati o abbandonati dopo la competizione, sprecando miliardi di euro in una situazione già critica.
Il focus di oggi non deve parlare esclusivamente di economia e neanche deve far riflettere sulla sperequazione sociale, che costituisce un serissimo problema della società capitalistica moderna, ma ha un altro obiettivo. Far capire quanto la UEFA, la FIFA e gli organi calcistici di rilievo non siano paladini della giustizia che lottano per i diritti e gli interessi di popolo e tifosi.
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L’aspetto sportivo
Questa disputa fra UEFA e Superlega ha portato alla luce quasi esclusivamente aspetti economici. Seppur siano fondamentali per comprendere il nocciolo della questione, non espongono il problema in maniera completa.
Un aspetto fondamentale del nuovo ordine sportivo che le potenze europee hanno provato a costituire è la sua esclusività. Oltre ai discorsi economici, che mettono in cattiva luce tutti e due gli organi, il fattore fortemente negativo della Superlega è il fatto che vi si possa accedere per qualcosa di soggettivo, di non comprovato stagione dopo stagione. In base al regolamento, oltre alle 15 fondatrici entrerebbero nella competizione altre 5 squadre per meriti sportivi, ovviamente stabiliti da quelle già presenti.
Questo non è molto meritocratico, in primis perché si presterebbe a favoritismi e preferenze anche sotto l’aspetto economico (che ritorna anche in questo discorso). In secondo luogo, ma non meno importante, una Superlega di questo tipo annullerebbe il sogno di ogni piccola realtà a cui è data la costante disponibilità di stupire con risultati sorprendenti nelle attuali competizioni della UEFA. Il Leicester di Ranieri si vedrebbe privato dell’opportunità di sedersi al tavolo delle grandi, seppur per un anno. Per l’Atalanta risulterebbe impossibile far tribolare PSG e Borussia Dortmund in Champions e in Europa League nelle varie stagioni recenti. Questi sono solo due esempi, forse i più noti, di una biblica vittoria di Davide contro Golia. Vogliamo veramente escludere le squadre meno ricche dalla possibilità di vincere solo per combattere la corruzione della UEFA?
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