Poche storie di calcio rappresentano meglio il modo di dire “altri tempi” come quella che vi stiamo per raccontare. Siamo nel 1982, all’immediata vigilia del Mondiale spagnolo, e il protagonista fu uno dei padri della patria del nostro pallone: Enzo Bearzot, il ct campione del mondo al Bernabeu.
Era il 2 giugno 1982 e la Nazionale stava ultimando la preparazione a Roma, in un hotel a Villa Pamphili. Quattro ore dopo sarebbe decollata da Fiumicino alla volta di Pontevedra, sede del ritiro in Galizia, in un clima di grande scetticismo che sfociava in aperta ostilità a proposito delle convocazioni di Bearzot: sotto accusa le esclusioni del capocannoniere del campionato Roberto Pruzzo (Roma) e il talentuoso numero 10 dell’Inter Evaristo Beccalossi.
Le convocazioni “discusse” di Bearzot
Bearzot lo aveva fatto anche per una forma di protezione verso i suoi fedelissimi, a cominciare da Paolo Rossi, il “suo” numero 9 rientrato da un mese da una squalifica di quasi due anni causa Calcioscommesse e ancora comprensibilmente arrugginito: convocare un altro bomber “forte” come Pruzzo – questo il ragionamento – avrebbe messo pressione a Pablito, invece un po’ più leggero sapendo di avere alle spalle il mite Franco Selvaggi, certamente non una carta spendibile come centravanti della Nazionale (famosa la battuta di Bearzot: “Giocherai talmente poco che puoi evitare di portarti le scarpe”).
Ma il grande pubblico non coglieva queste sfumature, e fuori dall’hotel i contestatori erano all’ordine del giorno, anche a causa dei risultati per nulla entusiasmanti di una Nazionale che giocava male, segnava poco e non autorizzava alcun sogno di gloria. Una di loro – Anna Ceci, una giovane ragazza di vent’anni fan di Beccalossi – andò oltre e rivolse al ct gli sgradevoli epiteti di “scemo, scimmione, bastardo”. E il ct, nel fuoco incrociato delle critiche da settimane, perse la pazienza, colpendola con uno schiaffo in pieno viso.
L’episodio
Leggiamo da La Stampa del 3 giugno 1982: “Bearzot stava rientrando in albergo verso le 12,30. Davanti all’ingresso stazionava il solito gruppetto di cacciatori di autografi, quasi tutti giovanissimi. Una ragazza di vent’anni, Anna Ceci, nata a Roma ma accesa tifosa interista iscritta al club dei Boys Nerazzurri della capitale, dopo aver scandito più volte il nome di Beccalossi, ha rivolto un pesante insulto all’allenatore azzurro. Il self control del ct si dissolveva di colpo. Bearzot, con uno scatto che ricordava gli antichi tempi di calciatore, si lanciava verso l’incauta fanciulla colpendola con un sonoro schiaffone in pieno viso.
Si accendeva un piccolo parapiglia, poi sedato dall’energico intervento dell’accompagnatore della squadra De Gaudio. La ragazza si abbandonava ad un pianto dirotto. Supplicava di poter parlare con Bearzot per chiedergli scusa. Riusciva infine ad ottenere la sospirata udienza, anche perché l’allenatore azzurro, resosi conto della sua esagerata reazione, tentava di ridimensionare l’episodio posando sorridente insieme con Anna Ceci davanti all’obiettivo dei fotografi. “Una sciocchezza, non è accaduto nulla di grave, abbiamo fatto amicizia” diceva Bearzot.
“Non dicevo a lui”
Questa scena che oggi, tanto per cominciare, porterebbe alle immediate dimissioni del ct e chissà a quali conseguenze penali, nell’Italia di quarant’anni fa riuscì a passare clamorosamente inosservata, derubricata a semplice nota di colore nei giornali del giorno dopo. All’insabbiamento aiutò il comportamento molto accomodante della ragazza, che stando ai giornali del giorno dopo fece addirittura marcia indietro dopo una breve chiacchierata col ct: “Adesso sono perfettamente d’accordo con Bearzot. Beccalossi va benissimo nell’Inter ma, come mi ha spiegato il commissario tecnico, nella Nazionale non riuscirebbe ad ambientarsi”.
E, scrisse il Corriere della Sera, “la ragazza ha anche precisato che gli insulti non erano rivolti a Bearzot ma a un ragazzo che in quel momento l’aveva spinta”. L’episodio di Anna Ceci passò alla storia come il simbolo di quel classico clima che, come si dice tradizionalmente, di solito fa bene alla Nazionale che ha sempre dato il meglio di sé nella tempesta. Tutto è bene quel che finisce bene, anche fuori dal campo di calcio: tanto che, come riporta per esempio Piero Trellini nel suo bellissimo libro su Italia-Brasile 3-2 (“La partita”), Anna Ceci invitò Bearzot addirittura al suo matrimonio.