Polaroid in bella vista. Da un lato c’è Francesco Pratali, una vita a Empoli in varie categorie, dall’altro un ragazzino dall’occhietto furbo e la tuta sociale, raccattapalle al Castellani il giorno della promozione in Serie A con Sarri. «Fa effetto vero?», si chiede Pratali, perché quel bambino adesso gioca titolare in A. Si chiama Kristjan Asllani, è nato in Albania ed è il nuovo gioiellino dell’Empoli di Andreazzoli, promosso titolare dopo l’addio di Ricci. Stesso vivaio, stesso ruolo e stessa età tra l’altro. Una ventina di partite stagionali tra professionismo e primavera, tre gol in Youth League e una partita da giù il cappello a San Siro contro l’Inter, in Coppa Italia, dove la stagione scorsa ha debuttato tra i pro’.
Scuola calcio Pratali
Asllani è il manifesto di come si ragiona a Monteboro, il centro sportivo dell’Empoli che lavora diamanti grezzi da vent’anni, salvo poi rivenderli in giro per l’Italia. L’ultimo è stato Ricci, ceduto al Toro dopo sei mesi al top. Il suo posto l’ha preso Kristjan, ragazzo del 2002 cresciuto a Buti, in provincia, dove tutti conoscono tutti. Paesino di quattromila abitanti. Francesco Pratali l’ha visto crescere nella sua scuola calcio e lo racconta così: «Ogni volta che lo vedo tra i ‘grandi’ mi viene in mente il bambino che prendeva il pallone e giocava in piazza tutto il giorno, a tutte le ore. Sempre con la palla tra la mani o tra i piedi. Il più forte di tutti…». Albanese di Elbasan, a due anni si è trasferito in Italia insieme alla famiglia. «Sua madre lavora in un pastificio, suo padre per le acque della regione. Gli hanno trasmesso valori importanti».
Kristjan Asllani alla Hernanes
In primis la passione per il calcio. «Suo fratello Leonardo gioca nella mia scuola calcio, ha otto anni in meno di ‘Kris’ e fa l’esterno d’attacco. Ha qualità, vediamo». Intanto Asllani cresce piano piano. Sempre titolare nelle ultime due uscite contro Bologna e Cagliari. Dieci presenze in Serie A a 19 anni: «Ci sentiamo tutti i giorni – racconta Pratali a Cronache – Abbiamo un bel rapporto. Quando i genitori lavoravano lui e il fratello stavamo con me. Li portavo al mare o in piscina». Poi dritti al campo, dove il bambino di Buti stregava già tutti: «Già a 6 anni batteva i calci d’angolo con entrambi i piedi, come Hernanes o Verdi, e non sbagliava mai il primo controllo. Testa alta, leadership, tutte cose impensabili per uno di sei anni. Oggi gioca in Serie A come se stesse giocando in piazzetta nel paese. Per lui San Siro o il Castellani non fa differenza».
Regali speciali
Orgoglio. «Appena ha due giorni liberi viene al campo e si allena nella sua vecchia scuola calcio. A 6 anni lo volevano tutte le squadre toscane, tra cui la Fiorentina e una società affiliata con l’Inter, ma gli consigliai di andare a Empoli». Il tempo gli ha dato ragione: «Ha sempre avuto la testa giusta per emergere. Merito della famiglia». L’ultimo flash è un aneddoto. «Quando giocavo mi chiedeva sempre le magliette dei giocatori. Era fissato». Ora se le prende da solo.