Tu prova a immaginartelo. Un curdo che segna un rigore (decisivo) in uno stadio di 50mila tifosi turchi. Geopolitica. Quel curdo è Brwa Nouri, il 20 luglio 2017: «Lì per lì non ci ho dato peso, col senno del poi mi rendo conto che è successo. Il miglior ricordo della mia carriera». Ma contestualizziamo. Una settimana prima, il Galatasaray crolla a Östersund, 2-0, nell’andata dei preliminari d’Europa League. Al ritorno, a Istanbul, i padroni di casa attaccano. In contropiede però l’Östersund ottiene un rigore. Lo segna Nouri. Passano gli svedesi. Davide batte Golia. «Sai, all’andata un avversario mi dice “chi sono i veri terroristi, i turchi o i curdi?“. E a fine gara: “Aspetterò che verrai a Istanbul“. Sapeva che sono curdo e parteggio per la nostra libertà», dice Nouri a Cronache. «La notte prima della partita mi arrivano un sacco di minacce sui social. Dopo un po’ rispondo ironicamente a una, “I’m so scared”. Ho peggiorato le cose. Ma questo mi ha caricato. Segnare quel rigore, in quello stadio, davanti a quelle persone, è stato meraviglioso».
#Nouri scored the wining goal today for @ofk_1996 1-0 @GalatasaraySK in #europeleague pic.twitter.com/ny8KlYa9yw
— Duhok Post (@Duhokpost) July 21, 2017
«Il calcio mi ha salvato la vita»
Brwa Hekmat Nouri ha 35 anni. Nasce a Urmia, in Iran. Suo padre è un peshmerga, ovvero il combattente dell’esercito di uno stato che non esiste: il Kurdistan. Presto, la famiglia Nouri è costretta a fuggire dal Paese. Arrivano in Svezia da rifugiati: «I miei genitori erano giovani, non è stato facile per loro lasciare casa e crescere un figlio. L’hanno fatto per me. La Svezia era un posto sicuro», racconta Nouri a Cronache. A casa si parla curdo, ma l’inserimento è faticoso. Brwa inizia a giocare a calcio, a 13 anni entra nell’AIK ma viene espulso a 22: «Ero dipendente dalla droga, l’AIK l’ha scoperto. Io non ho mai ammesso nulla. Loro non mi credevano, mi hanno costretto a fare dei test. A uno di questi non mi sono presentato, per motivi che puoi capire, così mi hanno mandato via». Non solo droga. Rapine, furti, pestaggi. A 19 anni, Nouri viene arrestato. La redenzione arriva nel 2009. Il Dalkurd – un club svedese fondato da immigrati curdi – gli offre un contratto. Nouri rifiuta, non vuole lasciare Stoccolma, poi accetta: «Senza Dalkurd, non so dove sarei finito. Sto male all’idea di pensare dove sarei ora. Sì, posso dirlo. Il calcio mi ha salvato la vita. Senza il calcio, non sarei qui a rispondere alle tue domande».
Galatasaray’ı Avrupa dışında tutan golü atan oyuncu Nouri. pic.twitter.com/MjMri74LBX
— TRANSFER HABER 🇹🇷 (@_TransferHaber_) July 21, 2017
Brwa Nouri e il Lago dei Cigni
Rinascita. Nouri gioca cinque stagioni al Dalkurd, poi nel 2014 si accasa all’Östersund, dove il presidente è un ex tenente di fanteria dell’esercito svedese e l’allenatore un inglese con un master in intelligenza emotiva. Si chiama Graham Potter. Grazie a lui, Nouri sconfigge anche la depressione: «È stato come vivere un sogno – racconta a Cronache – c’era l’idea di creare una famiglia. Östersund è poco allettante sia geograficamente che economicamente. Tutti noi eravamo ragazzi che per una ragione o l’altra non ce l’avevano fatta». Chi lavorava in un call center, chi giocava scalzo in Nigeria, chi – come Aly Keita – aveva subito il razzismo: «Eravamo una famiglia. Hanno dato una seconda chance a tutti noi. Non abbiamo capito quanto eravamo bravi. Siamo cresciuti sia come calciatori che come persone. Potrei scrivere un libro su tutto questo». Ed effettivamente un libro l’ha scritto. E non solo. Ha pure ballato il Lago dei Cigni, di Tchaikovsky. E fatto rap, indossando una maglia con la scritta “Peshmerga”. Perché le origini non si dimenticano.
Viaggi, letture, Bali
C’è una parola in svedese che Nouri ama particolarmente, che è eljest: «Te la spiego in inglese, vuol dire “for different reasons“». Si traduce anche come “bizzarro”. E questa – la sua – è una storia di riscatto, ma anche qualche bizzarria. C’è chi non si aspetta che Nouri, per esempio, legga molto. Il suo libro preferito è Americanah, di Chimamanda Ngozi Adichie. L’ha consigliato anche ai compagni di squadra, a Östersund. Poi Jane Austen, Orgoglio e pregiudizio: «Vedi? Sono tutti pregiudizi. Dove sta scritto che un calciatore non possa fare qualcosa che non sia considerato cool, tipo leggere?». E i viaggi. A luglio 2018, Nouri si trasferisce a Bali: «Il Sud Est asiatico mi ha sempre affascinato. Non ero mai stato a Bali, ma è un paradiso, sono un privilegiato a poter fare il calciatore qui», racconta a Cronache. E da poco ha pure un figlio: «Si chiama Amiin Nali Nouri». Chissà quante cose avrà da raccontargli, il papà.