Jurij Vernydub ha messo l’isola che non c’è sul mappamondo del pallone e poi ha detto arrivederci per difendere l’Ucraina. Il suo Paese. Indossa una tuta militare, sul comodino c’è un fucile, usa il telefono solo di sera, dorme poco, rigira la foto dei suoi figli tra le mani e pensa. Riflette: «Dopo le prime due settimane di guerra ci si adatta». A settembre, con lo Sheriff, perla della Transnistria, uno scrigno fantasma tra Ucraina e Moldavia non riconosciuto da nessun Paese dell’Onu, ha rifilato due schiaffi al Real a casa sua: «La notte più bella della mia vita – ci racconta – dove le stelle eravamo noi».
Da mister ad artigliere
Ora le stelle, di notte, quando non dorme, brillano in modo diverso. Il volto incredulo di Sébastien Thill, matador dei Blancos, sembra un frammento di un’altra vita. Jurij, tuttora allenatore dello Sheriff Tiraspol, ha mollato i suoi ragazzi per arruolarsi nell’esercito ucraino. È in guerra da quasi due mesi e non ha idea di quanto tornerà: «Il 26 febbraio, in serata, sono arrivato a Zaporizhzhia e il giorno dopo sono andato all’ufficio di registrazione. Presto servizio nell’artiglieria».
La notte magica di Madrid
Lui che in vita sua ha ha giocato e allenato. Lui che ha fatto tremare l’Inter in Champions, che ha battuto 2-1 il Madrid al Bernabeu, che ha mandato una notifica al mondo con scritto «lo Sheriff c’è, esiste, vince e ha un centro sportivo invidiato da tutti». Otto campi d’allenamento, impianto da 15mila posti, strutture al coperto, una piscina olimpica, cliniche private, una scuola calcio. Jurij ha detto arrivederci per difendere l’Ucraina dall’invasore: «Qui ogni giorno è diverso. A volte partiamo la mattina presto e torniamo a notte fonda. Prima di arruolarmi ho prestato servizio nell’esercito dell’URSS, quindi so usare le armi. Fin qui, comunque, non ho ancora partecipato a scontri a fuoco o a combattimenti».
«C’è un genocidio in corso»
Jurij non si tira indietro: «Ho paura, è normale, qui ogni minuto che passa potrebbe essere l’ultimo. Non c’è equilibrio, conta solo il momento, per questo devo essere lucido. Dobbiamo difendere la nostra sovranità, siamo pronti a tutto». Forse anche a morire. «Il mio compito è restare in vita e vincere la guerra. Dobbiamo resistere e pensare al dopo. Sogno un’Ucraina più forte, più ricca. Chi resiste resta un esempio per le nuove generazioni». Futuro lontano, ora: «Siamo vittime di un genocidio. L’esercito russo sta usando metodi mai visti: bombarda villaggi pieni civili, rade al suolo le città come Bucha, Irpen, Borodianka, Mariupol, massacra la popolazione. Questa è una follia. Il numero di bambini, donne e anziani che hanno sofferto e sono morti è scioccante, punto. Non sarò mai in grado di perdonare i russi per ciò che stanno facendo. Mai».
Vernydub e il mistero Sheriff
Qui entra in gioco il suo lavoro. Moldavi de iure, indipendenti de facto dal 1990, i transnistriani guardano alla madre Russia, tant’è che hanno chiesto più volte un’annessione mai ottenuta. L’ultima nel 2014, quando Putin decise che la Crimea sarebbe diventata parte della Federazione. Un referendum popolare votò sì, ma i cugini risposero no. La Transnistria non esiste, l’Onu non la riconosce, ma ha una bandiera, un inno ufficiale, una moneta e una squadra di calcio, lo Sheriff, fondata nel 1997 da due presunte spie. Viktor Gushan e Ilya Kazmaly, ufficialmente funzionari dell’interno moldavo, due che non si vedono mai, lavoravano per il Kgb sovietico. Come in un libro di Le Carrè. «Parlare di futuro è difficile per me, ma non vedo ostacoli per un mio ritorno alla fine della guerra. Ho un grande rispetto per il club, abbiamo scritto pagine importanti, ma è chiaro che dovremo incontrarci e discutere di tutto prima di prendere una decisione».
«Non perdonerò mai i russi»
L’addio alla squadra è stato duro: «Sono partito la mattina dopo la sfida con lo Sporting Braga, non ho avuto il tempo di salutare tutti, ma ho ricevuto decine di messaggi. Sì, a settembre abbiamo battuto il Real e adesso sono in guerra, ogni tanto ci penso, ma ciò che stanno facendo i russi fa sì che passi tutto in secondo piano. Ciò che sta passando l’Ucraina avrà un prezzo altissimo, ma ci renderà più forti». Parlare di ‘pace’ lo stranisce, però: «Io non so rispondere. Vedo ciò che stanno facendo i russi e mi chiedo perché, non capisco, come non capisco chi sostiene la guerra e le atrocità di Putin. Trovo impossibile una riconciliazione con i russi, e non penso che cambierò idea». Resistenza: «Combattiamo nonostante un genocidio in corso. Eravamo, siamo e saremo uniti. Lo saremo sempre. Ringrazio i paesi dell’Unione Europea e dell’Occidente che ci stanno aiutando. Lo prometto: fermeremo gli aggressori. Parola di chi ha battuto il Real, anche se era un’altra vita.