L’imprinting con il pallone ha data e luogo: 2006, San Zeno di Montagna, un migliaio di abitanti in provincia di Verona. Elia Caprile ha 5 anni e l’Italia ha appena vinto i mondiali. Lui gioca a calcio con i cugini e si mette sempre in porta. Papà gli ha regalato una maglietta falsa di Buffon con il nome scritto in oro, perché il figlio è lì che vuole giocare. «Il primo ricordo che ho è Italia-Germania. Del Piero che segna e Gigi che para qualsiasi cosa. A settembre dico ai miei che voglio vestire la numero uno come lui, ma dopo il primo allenamento torno a casa incazzato nero, quasi in lacrime».
Stellina della Serie C
Come mai? «Mi avevano messo a fare il giocatore di movimento, anche perché all’inizio nessun bambino vuole giocare in porta. Dissi a mia madre ‘io lì non ci vado più’. Lei mi spronò a continuare. ‘Domani torni e dici a tutti che vuoi fare il portiere. Ok? Ok. Il mio viaggio è iniziato così». Oggi continua con la Pro Patria. Elia ha vent’anni e ha appena concluso la sua prima annata tra i pro’ da titolare, 12 clean sheet in 39 partite. Si è spinto fino al secondo turno dei playoff di Serie C, out contro la Triestina: «Sono uno dei portieri più giovani del campionato. La Pro Patria ci ha creduto sul serio. Alcune squadre si sono tirate indietro perché ero troppo giovane o perché non mi conoscevano, loro no. Sono fiero di questa stagione».
Il sogno del Napoli
Elia Caprile è in prestito dal Leeds. Tra un mese si siederà al tavolo con il suo agente e deciderà il futuro. «Volevo dimostrare a tutti che sono in grado di giocare da professionista». Anche grazie alle strigliate di papà: «Mi ha sempre detto ciò che pensava. Schietto e diretto come me. Oscilla tra ‘Elia, oggi sei stato grande’ e ‘cos’hai combinato?’. Da giovane ha giocato a livelli amatoriali come difensore, ma quand’ero piccolo mi ha allenato qualche anno. Il mio primo mister dei portieri è stato Steno, un signore di settant’anni. È venuto a mancare durate il lockdown quand’ero in Inghilterra. Dopo lui c’è stato mio padre». Meticoloso, attento: «Si studiava gli allenamenti, i video, le curiosità. Lui è di Napoli, gli devo tutto, infatti il mio sogno è giocare almeno una partita con gli azzurri al ‘Diego Maradona’ con tutta la famiglia che mi guarda».
Elia Caprile e il Chievo
Prima del Leeds c’è stato il Chievo, dieci anni e passa nel settore giovanile: «Giocavo nel Cadore. Ricordo ancora la lettera arrivata a casa. C’era scritto ‘da oggi giocherai nel Chievo’. Pulcini, Allievi, Primavera. Tutta la trafila. Ho affrontato decine di giocatori forti che ora giocano tra Serie A e Serie B. Kulusevski, Okoli, Carnesecchi, Fagioli, anche Vlahovic. L’unico da cui ho preso tre gol, ma sinceramente ne vado fiero».Elia se la ride. Ha appena finito gli allenamenti, risponde dalla macchina. Un tuffo nel passato: «Negli ultimi mesi del 2019, l’anno della retrocessione, ho fatto anche il secondo portiere. Sorrentino era stato messo da parte, quindi toccava a me. Il bello è che non avevo neanche un precontratto. Niente. In estate mi cercano Inter, Genoa e Torino, ma il Chievo inizia a chiedere parecchi soldi e alla fine resto. Inoltre mi avevano promesso un contratto da professionista regolare. Ho detto ‘ok dai, alla fine gioco in Serie B’, ma dopo due mesi non arriva niente e vado via». Due offerte sul tavolo: «Norwich e Leeds. I primi erano ultimi in Premier, gli altri in lotta per la promozione».
Un italiano a Leeds
Elia non ha visto il ‘Maledetto United’, ma quando arriva lì capisce che l’Inghilterra è un altro mondo: «Due settimane fa c’erano ventimila persone a vedere l’U23. Ventimila. Centri sportivi, organizzazione, stadi, tifosi, settore giovanile. Il Paese dei Balocchi dei calciatori, davvero. Ho conosciuto giocatori forti. Non ho mai esordito in prima squadra, ma ho fatto diverse panchine. A fine allenamento i titolari si mettevano a provare i tiri da fuori con me in porta. Io, 18 anni, un ragazzino di Verona, contro Rafinha, Phillips, Rodrigo». Il complimento più bello arriva per caso: «Un giorno arriva Radrizzani, il presidente, e mi prende da parte all’improvviso. ‘Tutti mi parlano benissimo di te, continua così’. Un orgoglio».
Bielsa, quante storie
E poi c’è il Loco Bielsa, avuto per due anni. «Da dove partiamo?». Primo aneddoto: semplicità. «Abitava vicino al centro sportivo e veniva al campo a piedi tutti i giorni, con la tuta lunga e i suoi pensieri. È un maniaco dell’analisi video. Non ne sfuggi mai. Stavamo ore seduti a guardare schemi, partite, pressing, gol. Dovevi sapere ogni minimo dettaglio su tutti i giocatori. Inoltre lui non parlava inglese, quindi aveva sempre un traduttore accanto. I discorsi duravano ore e ore».
Ore e ore di analisi
Stima infinita: «Dall’U18 alla prima squadra conosceva qualsiasi cosa. Voleva che l’U23 e i ‘grandi’ si allenassero insieme, e alla rifinitura la squadra avversaria doveva mettersi in campo come quella che avremmo dovuto affrontare. Una volta ho fatto Allison per dire. Prendeva l’Ipad e dava indicazioni a tutti. ‘Tu fai Mané, tu fai Alcantara’. Allenamenti infiniti». Guai a sbagliare: «In inglese sapeva dire due cose, ‘again’ and ‘repeat’, perché se uno schema non veniva al 100% te lo faceva rifare». È servito però: «Nel 2020 abbiamo vinto il campionato. Erano 15 anni che il Leeds non giocava in Premier. Bielsa ci è riuscito in una stagione. È un grande. A lui non importa nulla di allenare i grandi club, cerca sfide da vincere. Ricordo che si faceva tagliare video di tutti i campionati e se li guardava nella sua stanzetta, da solo. Serie A, Ligue 1, Bundesliga».
Il destino di Elia Caprile è incerto. I sogni no: «Vorrei giocare ad alti livelli. Il mio obiettivo, come detto, è almeno una partita con il Napoli. Lo devo a papà». Che come Bielsa, anni fa, iniziò a tagliuzzare dei video per allenare il figlio. Solo per amore.