Mani occupate. In una il telefono, nell’altra una bustina bianca. Ci sono un paio di cornetti caldi con la crema appena presi in pasticceria. Mattia Serafini ha 25 anni, è il d.s. dell’Arzignano Valchiampo in Serie D e sta per comporre il numero più importante della sua carriera. Rimanda il cornetto e chiama un allenatore retrocesso con la Vigontina l’anno prima. Si chiama Vincenzo Italiano. Poca esperienza, ma grandi idee. Mattia l’ha visto 7-8 volte dal vivo. Un paio da avversario, le altre di nascosto sugli spalti, come un agente in missione segreta. Dopo l’ennesima partita in cui ‘Vince’ propone un bel calcio chiama il presidente, Lino Chinese, e lo tartassa: «È quello giusto, si fidi». Si fida. È l’estate del 2017. Cinque anni dopo Italiano ha riportato la Fiorentina in Europa.
«Nessun limite, solo orizzonti».
«Il piccolo Pep» nasce (calcisticamente) ad Arzignano, provincia di Vicenza, grazie alla tenacia di un giovane d.s. travestito da 007, anche se all’inizio non ci credeva nessuno. «Un allenatore retrocesso? Davvero». Mattia va avanti a testa alta. «Mi presento, gli illustro il progetto e poi lo prego di non parlare con nessuno. Lo fa come gli ho detto. Lì ho capito che persona fosse». Affare fatto. Oggi ha stregato Firenze con il bel gioco e il coraggio. Come a La Spezia negli ultimi due anni. Come a Trapani tre stagioni fa, quando scriveva il suo motto su una lavagnetta dello spogliatoio per caricare i suoi. «Nessun limite, solo orizzonti».
Un piccolo Guardiola
Ad Arzignano lo sapevano tutti. «Ciò che vediamo oggi lo faceva qui – ha raccontato Serafini tempo fa – Lo dico a voce alta: Vincenzo è un piccolo Guardiola. Uno dal calcio propositivo, aggressivo, innovativo, di qualità». Ad Arzignano arrivò terzo. «Se a un allenatore così diamo i giocatori giusti, allora ci farà divertire. A inizio anno sugli spalti c’erano duecento persone, a fine stagione circa 1500. Ci ha fatto crescere come squadra, come filosofia, come movimento, e infatti la stagione successiva siamo saliti in Serie C con Daniele Di Donato, oggi a Latina». Italiano ha gettato le basi. I magazzinieri hanno pianto quand’è andato via. Di lui si erano innamorati tutti, dai giocatori ai tifosi. Fino ai dirigenti.
Risultati e miracoli
Prima di Vlahovic c’è stato Raphael Odogwu, oggi al SudTirol in Serie C, neopromosso in B con 5 gol in 32 partite. Nel 2017-18 segnò 16 reti. Il bello è che l’anno prima aveva avuto un campionato difficile, sempre ad Arzignano. Italiano, un po’ come Zeman con Signori ai tempi di Foggia, gli ha dato una pacca sulla spalla e detto «sì, ho fiducia». Chi lo conosce bene parla di un maestro nel tirar fuori il meglio dai giocatori. Prendete Torreira, 5 gol in 31 partite dopo un paio di campionati tosti tra Arsenal e Atletico. Rigenerato. Ad Arzignano c’era Luis Maldonado, regista da 14 gol in stagione. Mai così decisivo come quell’anno. Sul mercato è uno che non impone nulla poi: «Ti dice solo il tipo di calciatore che vuole o magari il ruolo. Per lui è fondamentale avere qualcuno che già conosce il suo calcio. Facilità l’adattamento». E i risultati.
Vincenzo Italiano e le punizioni scalzo
Maniacale, meticoloso. Ad Arzignano girava il Veneto a caccia di talenti in Primavera o in Serie C. ‘Imponeva’ allo staff e ai dirigenti di vedere le partite del City e poi li interrogava. In ritiro, dopo l’allenamento, sfidava il presidente in una gara di punizioni. Il primo con gli scarpini, Italiano scalzo: «La metteva sempre all’angolino». Umile e disponibile poi. Pur di firmare con l’Arzignano accettò un ingaggio basso, togliendosi dei soldi dallo stipendio per avere al suo fianco il vice. A volte, quando la squadra era sopra di 2 gol, il ‘pres’ lo pregava di mettersi a 5 e difendersi un po’. Lui non ascoltava. «Voglio imporre sempre il mio gioco», diceva. Cocciuto, ma buono, ambizioso, sicuro di sé. «A fine allenamento andavamo a mangiare la pizza tutti insieme, ed era impossibile non parlare di calcio». E di quei cornetti caldi davanti a una pasticceria.