La Battaglia di Santiago, quando tra Cile e Italia finì a cazzotti

by Giuseppe Pastore
cile italia 1962

Sessant’anni fa l’Italia, contro il Cile, rimase impantanata in una brutta faccenda. Non una partita di calcio, una delle tante eliminazioni e brutte giornate di cui è costellata la storia di ogni Nazionale, ma qualcosa di peggio.

Una battaglia. La Battaglia, di Santiago, come da definizione che è sopravvissuta alle generazioni e al miglioramento delle tecnologie per resistere ancora oggi, in tutto il suo fascino perverso, per esempio nella registrazione integrale che si può trovare su Youtube con un’incongrua telecronaca di Nando Martellini (che, bontà sua, ridoppiò la partita negli anni Novanta per uno speciale di Canale 5).

Cile Italia 1962

La Battaglia di Santiago iniziò ufficialmente alle 3 del pomeriggio del 2 giugno 1962 all’Estadio Nacional di Santiago del Cile, che dieci anni dopo sarebbe diventato macabro teatro di una vera guerra civile. Era la seconda partita di un girone che comprendeva anche Svizzera e Germania Ovest: l’Italia aveva esordito nel Mondiale cileno con un dignitoso 0-0 contro i tedeschi e le sarebbe dunque andato bene anche il pari contro i bellicosi padroni di casa che avevano battuto la Svizzera 3-1. Ma a ben vedere, le ostilità erano iniziate molto prima.

Il clima si era invelenito da settimane a causa di alcuni articoli molto critici verso la società cilena, comparsi su alcuni quotidiani italiani. “Il telefono non funziona e i taxi sono rari come i mariti fedeli”, aveva scritto Antonio Ghirelli in un reportage sul Corriere della Sera. Corrado Pizzinelli sulla “Nazione” aveva rincarato la dose: “Interi quartieri di Santiago praticano la prostituzione all’aria aperta. Sul piano del sottosviluppo, il Cile dev’essere messo alla pari di tanti paesi dell’Africa e dell’Asia: ma mentre gli abitanti di quei continenti sono dei non progrediti, questi sono dei regrediti”. Un pittore cileno residente in Italia si accorse di quei due articoli e li segnalò a una radio privata di Santiago, gestita dalla comunità tedesca cui non parve vero di dare il via a un tam-tam anti-italiano cavalcato dalle maggiori testate locali, alcune delle quali invocarono l’espulsione dal Paese dei due cronisti. Un giornalista argentino, scambiato per italiano, fu picchiato in un locale notturno.

La formazione dell’Italia e quelle voci…

A sua volta l’Italia era al centro di un marasma tecnico come raramente avverrà anche in futuro. A capo della Nazionale c’era una Commissione Tecnica guidata dal presidente della SPAL Paolo Mazza, grande intenditore di calcio, e l’ex campione del mondo 1934-1938 Giovanni Ferrari. Una Nazionale piena di spifferi, in cui impazzava il dibattito tra “difensivisti” e “offensivisti” (versione primordiale dell’attuale risultatisti vs giochisti) e le maggiori firme sportive del Paese facevano il bello e il cattivo tempo come ebbero modo di appurare una sera in ritiro Omar Sivori, Cesare Maldini e José Altafini. “El Cabezon” sentì alcune voci dal piano di sotto e corse a svegliare i due compagni; i tre riuscirono a origliare una discussione che verteva sulla formazione titolare da schierare il giorno dopo contro il Cile, con due importanti giornalisti che “consigliavano” alla Commissione di cambiare parecchi giocatori. Non s’è mai saputo ufficialmente chi fossero quei due giornalisti, ma il sospetto è che si trattasse di Gianni Brera (Il Giorno) e Rizieri Grandi (Il Messaggero).

Scesi in campo a Santiago, gli azzurri – con ben sei giocatori diversi rispetto allo 0-0 con la Germania – tentarono timidamente la strada della captatio benevolentiae lanciando garofani bianchi verso le prime file degli spalti. Respinti con perdite: in risposta ottennero una pioggia di insulti, e forse anche qualcos’altro. Non aiutava la presenza in campo di due oriundi sudamericani come José Altafini e l’argentino Humberto Maschio, che il popolo cileno intendeva come simbolo della prevaricazione del ricco e calcio europeo che colonizzava il povero calcio latino. Infine, l’arbitro: il designato originale era stato lo spagnolo Ortiz de Mendibil, ricusato dall’Italia per possibili affinità fonetiche con i cileni. Così, messa alle strette, la FIFA designò ancora l’inglese Ken Aston che aveva già diretto Cile-Svizzera, in quello che è l’unico caso di arbitro che dirige per due volte di fila il Paese padrone di casa di un Mondiale. Mal gliene incolse: il povero Aston non ci capì niente fin dall’inizio ed è finanche ingiusto accusarlo di essere corrotto o cose del genere, dacché semplicemente si ritrovò in una situazione più grande di lui, “un conflitto militare” come ebbe a dire in futuro.

Quante botte

L’Italia rimase in nove già prima dell’intervallo per le espulsioni di Giorgio Ferrini e Mario David, le prime espulsioni della storia di un Mondiale di calcio (ancora non erano stati inventati i cartellini rossi, che compariranno solo nel 1970). Entrambi si erano resi protagonisti di falli di reazione su entrate scomposte dei cileni, i quali certo non andavano per il sottile: il picchiatore Leonel Sanchez ruppe il naso al “traditore” Maschio con un pugno completamente sfuggito ad Aston, che in quel momento stava invitando il riottoso Ferrini ad abbandonare il campo (Ferrini uscì solo dopo l’intervento della polizia locale). Maschio, visibilmente stordito, rimase in campo menomato, in un calcio che ancora non prevedeva le sostituzioni.

In un clima infernale, con una serie impressionante di falli, fallacci e scorrettezze che eccitavano ulteriormente il già torrido pubblico locale, l’Italia riuscì a resistere in nove contro undici fino a un quarto d’ora dalla fine, quando le toccò arrendersi a un doppio cazzotto (stavolta solo metaforico) dello stesso Leonel Sanchez e di Jorge Toro (atteso da un futuro in Italia con le maglie di Sampdoria, Modena e Verona). I risultati successivi della Germania resero del tutto pleonastica l’ultima partita contro la Svizzera, che ovviamente gli azzurri vinsero 3-0 con una grande partita del giovane bolognese Bulgarelli, lasciato in tribuna contro i cileni… Cile-Italia rimarrà storica, e a dirlo non siamo solo noi italiani di parte.

Vi lasciamo con una breve rassegna stampa internazionale. L’Equipe: “Cile-Italia non ha raggiunto, ma superato i limiti dello scandalo. Tutto è avvenuto sotto lo sguardo di un arbitro, il signor Aston, costantemente ai limiti della debolezza, senza autorità nel fisico come nel comportamento, colpevole ai nostri occhi di essersi lasciato influenzare dalla presenza del pubblico cileno”. E infine il memorabile attacco del telecronista BBC David Coleman al momento di presentare la partita (che all’epoca andava in onda in differita) ai telespettatori inglesi: “Buon pomeriggio. L’incontro a cui state per assistere è l’esibizione di calcio più stupida, spaventosa, sgradevole e vergognosa, possibilmente, nella storia di questo sport”.