Il cane che dribblò Garrincha ai Mondiali. «Ehi, mi ha fatto la pipì addosso»

by Giuseppe Pastore
cane brasile-inghilterra

Un cane che va via in dribbling al più grande dribblomane di tutti i tempi, prima di essere fermato con l’astuzia dal centravanti avversario. Capitò anche questo il 10 giugno 1962, quarant’anni fa, durante Brasile-Inghilterra, quarti di finale di Cile 1962, uno dei Mondiali peggio organizzati della storia, in cui capitarono obbrobri regolamentari come Garrincha espulso in semifinale e graziato dalla squalifica in finale su pressione della Federazione brasiliana. E anche il servizio d’ordine lasciava a desiderare…

Chi è che corre sulla fascia destra?

Siamo all’Estadio Sausalito di Viña del Mar ed è in corso il primo tempo del quarto di finale più atteso del Mondiale, tra i campioni uscenti e i cosiddetti “maestri” inglesi. Djalma Santos è in possesso di palla, quando nell’inquadratura larga compare un cane randagio dal pelo nero che scorrazza tranquillamente sulla fascia destra. Ancora più surreale come la partita prosegua normalmente, sotto lo sguardo impassibile dell’arbitro francese Schwinte.

Quando il pallone esce e il gioco finalmente s’interrompe, Schwinte dà l’ordine: “remove the dog”, come da telecronaca della BBC. Il primo ad avvicinarsi è il portiere inglese Springett, ma il suo incedere non spaventa affatto il quadrupede, che resta a osservarlo immobile per qualche secondo prima di un improvviso scarto a sinistra nell’ilarità generale.

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Garrincha si fece dribblare, Graves no

A questo punto la bestiolina si mette in testa di risalire da solo l’intera metà campo inglese come il più consumato dei fantasisti brasiliani: all’altezza della trequarti gli si para davanti nientemeno che Garrincha e qui va in scena un memorabile uno contro uno, un gioco di finte e sguardi tra l’uomo e il cane, che riesce ad avere la meglio grazie al suo baricentro basso che disorienta anche un funambolo come il grande Mané. Il campo è ormai sguarnito e solo un giocatore può impedire al cagnolino di arrivare solo davanti al portiere brasiliano Gilmar: questi è Jimmy Greaves, grande centravanti inglese, quinto massimo cannoniere della Nazionale (dopo Rooney, Kane, Bobby Charlton e Lineker), che qualche mese prima era stato scaricato dal Milan per incompatibilità con Nereo Rocco (che a lui si riferiva chiamandolo simpaticamente “quel mona”) ed era tornato a casa, al Tottenham.

E qui la contesa atletica si trasforma in un duello mentale degno di un western: Greaves se ne sta accucciato ad aspettare le mosse del cane, che a sua volta rallenta per studiare la situazione. Secondi di grande pathos: Greaves procede carponi, il cane ha un istante d’esitazione in cui sembra voler invertire la marcia ma poi resta fermo, e intanto Greaves è già lì, solleva il braccio sinistro come per accarezzarlo e invece lo afferra per la collottola, lo ribalta, il cagnolino si dimena sull’erba ma la forza dell’umano ha la meglio, lo placca anche col braccio destro mentre finalmente accorrono anche due inservienti per aiutare il centravanti inglese a salvare il Mondiale.

Che fine ha fatto il cane di Brasile-Inghilterra?

Tutto è bene quel che finisce bene: Greaves consegna l’invasore alle autorità tra gli applausi della folla. “Jimmy Greaves already the hero in this game!”, proclama trionfale il telecronista della BBC. “Sono un amante degli animali, quindi sapevo cosa fare”, ricorderà Greaves anni dopo. “Il problema fu che mentre lo prendevo iniziò a farmi la pipì addosso, sulla maglia. E all’epoca non avevamo divise di riserva, quindi fui costretto a continuare a giocare con quella maglia. Quantomeno, grazie all’odore, i difensori brasiliani non mi marcarono troppo stretto”.

Il Brasile vinse quella partita per 3-1, si qualificò in semifinale e all’intraprendente cagnolino così spettò la fama di talismano. La rivista brasiliana O Cruzeiro riuscì a rintracciarlo e se ne fece carico, decidendo poi di metterlo in palio in una lotteria riservata ai giocatori della Seleçao che avrebbe vinto il secondo Mondiale di fila. E il fortunato estratto fu proprio Garrincha che decise di chiamarlo “Bi”, a eterna memoria del Brasile bi-campeão.