Nelle vene dei Lucarelli scorre sangue amaranto. Sono fatti così, “condannati”, in senso buono, a essere una delle dinastie del calcio italiano. Un po’ come i Maldini a Milano, con le dovute precauzioni e differenze. Ma inferiori a nessuno se parliamo del rapporto viscerale con la propria città, Livorno. Soprattutto Cristiano, uno che a 28 anni, nel pieno della carriera, “rifiutò il miliardo” (come da titolo del libro scritto col suo procuratore, Carlo Pallavicino) dimezzandosi lo stipendio e scendendo di categoria per giocare con la maglia del posto dov’è nato, l’unico che sentiva di amare. Il suo sogno, e quello di suo padre prima di lui. Adesso che anche lui ha un figlio, Mattia, potrà vederlo giocare nel Livorno la prossima stagione.
Lucarelli e Livorno
Cristiano Lucarelli è stato il cannoniere, il simbolo e il capitano degli anni d’oro del calcio nella città toscana: 111 reti in 5 stagioni in tutte le competizioni, compreso il ritorno in Serie A dopo 55 anni e la qualificazione alla Coppa Uefa, valorizzato da Walter Mazzarri. Nel 2003, dopo aver lasciato il Torino, chiuderà l’annata in B con 29 gol in 43 partite, sfiorando il titolo di capocannoniere che va invece a Luca Toni (una sola rete in più), allora al Palermo. «Lo sapevo che mi sarei ritrovato solo tornando nella mia città. Appena ho infilato la maglia che non sono mai riuscito a indossare, ho avvertito l’ energia positiva che mi permette di migliorare di partita in partita. Per il momento credo di aver vinto questa scommessa. Ho giocato tutte le carte perché sapevo che se non fossi riuscito a tornare a Livorno, non sarebbe stato più possibile ed avrei vissuto con il rimorso» raccontava in quegli anni. «Un volo senza paracadute» è la metafora che userà invece da adulto per definire quella decisione, ma chi viene da un quartiere difficile non ha certo paura del giudizio della gente.
Più avanti, dopo aver conquistato la Serie B con la Ternana da allenatore, rivendicava invece di essere sempre stato sottovalutato per «i miei ideali politici (di sinistra, ndr)», un’immagine, quella di «un esaurito militante rivoluzionario» anacronistica rispetto a quel che ha dimostrato in carriera. «Direi ancora – confidava a La Repubblica nei giorni di quella promozione – ‘tenetevi il miliardo’, perché sono le scelte a renderci quello che siamo. Forse non lo consiglierei a mio figlio». E invece è andata proprio così.
Mattia Lucarelli, Protti e lo zio
C’è da dire che il ragazzo troverà un Livorno diverso, appeso all’ipotesi di essere ripescato in Serie D dopo aver fallito la promozione sul campo. Ma con la stessa voglia di risalire. Comunque vada, Mattia Lucarelli, terzino che compirà 23 anni il 17 luglio, scenderà dalla C (dove con la Pro Sesto ha messo insieme 20 presenze) per vestire l’amaranto. Lo farà dopo oltre 80 partite giocate in Serie D fra le vicine Viareggio, Gavorrano, Sancataldese (questa un po’ più lontana), Lucchese e Pro Livorno Sorgenti. Un difensore, insomma, come lo zio Alessandro Lucarelli, attuale direttore dell’area prestiti del Parma, che però era un centrale e pure lui passato dal città del porto.
Poi c’è la terza foto di questo video qua sopra. Mattia in braccio a “babbo” Cristiano prima di scendere in campo, e vicino a loro Igor Protti, il suo “gemello del gol”. Bandiera della rinascita nei primi anni Duemila, è tornato come dirigente: lo scorso anno club manager, ora sarà direttore generale. Ci penserà lui a prendersi cura dell’ultimo della dinastia. Che ha già ricevuto un incoraggiamento da brividi da suo padre. «Hai voluto fare di testa tua, non mi hai ascoltato , hai rinunciato al professionismo…è giusto, ormai sei grande» gli ha scritto. «L’amaranto non è la nostra seconda pelle, l’amaranto è la nostra pelle. Mi raccomando non leggere i social, non ascoltare nessuno, vai dritto per la tua strada perchè non ti puoi permettere di perdere energie. Ah dimenticavo… quando in partita sarai stanco, stremato, in difficoltà perché il risultato non ci sorride, alza la testa e guarda verso la Curva Nord, troverai tutto ciò di cui hai bisogno».