Così ligio al dovere che una volta fu gelato da una battuta: «Ti alleni troppo, trovati una ragazza. Dai retta a me». E giù a ridere. Luis Maximiano aveva 16 anni e una testa già da adulto. Tiago Fernandes, il suo primo mister, una vita allo Sporting svezzando talenti e un presente da osservatore, lo racconta con il sorriso di chi non ha mai dimenticato quel siparietto. «Calcio e solo calcio. Arrivava al campo un’ora prima e se ne andava un’ora dopo. Spesso dovevamo chiamarlo a fare la doccia. Per lui lo svago, le uscite con gli amici e il divertimento venivano dopo, così lo invitai a cercarsi una ragazza».
Maximiano e Rui Patricio
Maximiano era una delle stelline delle giovanili e dello Sporting Lisbona B, numero uno in una squadra di talenti come Leao, Demiral e Jovane Cabral, tutti passati in Serie A con maglie diverse. L’ultimo è Luis, nuovo portiere della Lazio di cui si sa poco. Il dopo Strakosha: «L’ho allenato quattro anni e ha sempre giocato – racconta Fernandes –, parliamo di un ragazzo con la testa sulle spalle che ha sempre sgomitato per emergere. Nessuno gli ha mai regalato nulla. Roma è la città giusta per lui, anche perché con i rivali gioca il suo riferimento». Rui Patricio. Quando Maximiano era aveva 16 anni, il numero uno giallorosso era il titolare dello Sporting: «Ogni tanto si sono allenati insieme, ha sempre preso spunto da lui. Un po’ gli somiglia, infatti. Luis è reattivo, intelligente, bravo nelle uscite basse. Copre benissimo la porta. L’ho allenato la prima volta a 15 anni nell’Under 14, era un ragazzino ossessionato dal pallone e dalla voglia di migliorarsi». Non è cambiato.
Lavorare, lavorare, lavorare
Tra le sue partite migliori c’è una vittoria contro la Juve U19 giocata in Youth League. Show di Leao, doppietta e applausi (Nedved compreso), e clean sheet di Maximiano: «Quando pensi all’Italia ti vengono in mente grandi portieri. Toldo, Buffon, Zenga, Donnarumma. La Serie A è il campionato giusto per lui». Sarri gli ha già consegnato la maglia da titolare. «È sempre stato sicuro di sé». Dietro i risultati, il lavoro. «Quando commetteva un errore, ed era raro, usciva dal campo con lo sguardo incazzato senza dire una parola. Il giorno arrivava al campo un’ora prima per capire dove aveva sbagliato e come migliorare. E questo a 15-16 anni. Non è da tutti». L’importante è che ora sia da A: «Non ho dubbi. Sarà emozionante vedere Lazio-Milan o Lazio-Atalanta. Luis contro Leao o Demiral. Lì ho visti crescere». In una squadretta niente male.