Una volta Stanislav Cherchesov, ex c.t. della Russia, invitò uno dei suoi giocatori a mostrargli le braccia: «Tu, fermo: fammi vedere cosa c’è scritto». E Fedor Smolov, la punta, gli mostrò ogni angolo del suo corpo: «Qui ci sono i miei genitori, qui un pallone, qui una data speciale…». Venti minuti così. Quando i cronisti gli chiesero il perché, Cherchesov rispose che per capire il carattere dei giocatori, approfondire chi fossero, amava leggere i loro tatuaggi. Chissà se Spalletti farà lo stesso con Kim Min-jae, il centrale di un metro e 90 preso per sostituire Koulibaly. Le scritte del coreano sono facili: sul petto si è tatuato un «carpe diem» grosso così, cogli l’attimo, mentre sulla schiena c’è una scena biblica, anche questa molto grande. Ormai tra gli atleti va di moda: Depay si è tatuato un leone, come Zaccagni e Politano, mentre Mazzocchi della Salernitana ha scelto il volto di Gesù: «Per me la fede è tutto. Se non credi in Dio, non credi in nulla».
Kim e Napoli, era destino
Il terzo tatuaggio di Kim. 25 anni, è una croce sul braccio sinistro, ma c’è spazio per il quarto. Magari un numero, 8950, cioè i chilometri che separano la sua Tongyeong, in Corea del Sud, e Napoli, il suo presente. Curiosità: Tongyeong è la Napoli coreana. La chiamano così. In centro c’è un murales che segna la distanza tra i due golfi, 8950 chilometri. Il destino è così, quando ti avvolge non ti lascia più, ti segue ovunque, e spesso non te ne accorgi. Tongyeong, tra l’altro, si traduce in «posto di comando», quindi leadership, personalità, e Kim è quel tipo di centrale. Lo chiamano «il mostro» perché quando marca mette paura agli avversari. Si ispira a Sergio Ramos perché ama i difensori tosti, come lui, anche se ha preso meno gialli di quanto si pensa: 23 in 175 partite tra Fenerbahce, Beijing Gouan e Jeonbuk Hyundai.
Cuore d’oro
Nel 2016, a vent’anni, ha mollato economia dopo qualche esame per giocare da professionista. Dopo il debutto con il Gyeongju la strada è stata in discesa, tant’è che oggi arriva a Napoli dopo 40 partite in Turchia. A novembre giocherà il Mondiale con la Corea del Sud, con cui ha collezionato 42 presenze, segnato tre gol e partecipato alla Coppa d’Asia 2019 (conclusa ai quarti di finale). Nel 2018, inoltre, ha ottenuto l’esenzione dal servizio militare per aver vinto i giochi asiatici in Indonesia. Figlio di un judoka, nipote di un allenatore amatoriale (il primo della sua carriera), quando non gioca ama andare in bicicletta. Sui social ci sono diversi scatti su due ruote, con il caschetto in testa. Nel tempo libero cerca di sfruttare il suo nome per fare del bene. Dal 2021 è ambasciatore della Purme Foundation, un’associazione che si occupa della riabilitazione dei bambini con disabilità. Kim ha donato circa 50 milioni di Won, 40mila Euro. Da qui un altro dei suoi soprannomi, il «Gigante buono», anche se tutta Napoli preferisce il «mostro». Biglietto da visita.