a cura di Cosimo Bartoloni, Giacomo Brunetti, Andrea Consales, Matteo Lignelli e Francesco Pietrella
Cinque storie dal Portogallo.
Stanno andando avanti a prescindere da Cristiano Ronaldo, che in fondo – forse – punta pure al Mondiale 2026.
Cristiano Ronaldo al The Last Dance mondiale?
Ora o mai più. Lo sa lui e lo sanno anche i portoghesi. Nel 2026 Cristiano Ronaldo avrà 41 anni, quindi questo – al netto di una condizione fisica ancora invidiabile e di un testa che continua a pretendere il massimo – questo potrebbe essere il suo ultimo Mondiale. Il condizionale è d’obbligo solo perché parliamo di un robot del pallone. Intanto i numeri: Ronaldo è alla sesta partecipazione, solo Messi e Guardado come lui in tutta la storia dell’evento, sempre presenti dal 2006 al 2022. Tuttavia, non è il calciatore con più minuti giocati, un record tenuto stretto da Paolo Maldini (2216’). Lo score dei gol dice 7 squilli in 17 partite, tra cui la tripletta alla Spagna nel 2018. La prima rete è arrivata contro l’Iran nel 2006, l’ultima contro il Marocco. Il miglior risultato resta il quarto posto del 2006: out agli ottavi nel 2010 e nel 2018, addirittura ai gironi nel 2014. Al c.v. manca solo il Mondiale.
Portogallo campione del mondo? In Corea del Nord sì
La storia ha dell’incredibile, ma è vera. Il signor Alvaro Leite, assistente della nazionale portoghese in visita in Corea del Nord qualche anno fa, fu fermato da una guida che parlava inglese: «Complimenti». «Grazie, ma per cosa?». «Per aver vinto il Mondiale 2010». «Ehm, in realtà no…». Alvaro rimase di sasso. «Che mi sono perso? Gli spagnoli hanno alzato la coppa…». Non per i coreani del Nord, uno degli ultimi regimi al mondo trincerato da Kim Jong-un dietro una cortina di ferro sul 38º parallelo. Leggenda narra che nel 2010, sul 4-0 per i portoghesi, la tv di Stato ha staccato la spina. Niente più mondiali. A fine torneo la cerchia di Kim ha comunicato il vincitore a tutto il popolo: Portogallo campione. Questo perché la Corea aveva incassato 4 ganci – in realtà 7 -, e quindi perdere con i campioni avrebbe legittimato la sconfitta. Nelle dittature funziona così.
Psyco Pepe, ancora sul pezzo a 39 anni
Gli hanno affiliato mille nomignoli: il macellaio, la bestia, il picchiatore, Hannibal Lecter, ma il più centrato resta Psyco. Pepe non ha il viso da good boy di Norman Bates, ma lo sguardo truce e folle del cattivo. Un paio d’anni fa ha mandato a quel paese un raccattapalle che voleva soltanto stringergli la mano. Nonostante i 39 anni parteciperà al suo quinto Mondiale. Schietto, antipatico, sui generis. Il manifesto della sua follia è tutto in Real-Getafe del 23 aprile 2009, dove scambia il povero Casquero per un punching-ball. Calcetto alla gamba, calcione sulla schiena, pestone alla caviglia, la testa spinta forte contro il terreno. Dieci giornate di squalifica e mea culpa obbligatorio, il primo e l’ultimo di una carriera sempre al limite con quasi mille partite tra i professionisti. È il terzo giocatore con più presenze nella storia del Portogallo (128) dietro Ronaldo e Joao Moutinho. Chiuderà la carriera nel Porto, ma non si sa quando.
Jeans larghi e orecchino: un Ufo chiamato Bruno Fernandes
Bruno Fernandes si palesò a Novara con i capelli lunghi fino alle spalle, un paio di Jeans di una taglia più grande e due brillantini incastonati nei lobi delle orecchie. Quando andò a firmare in sede sfiorò il foglio con la guancia, tant’è che il d.s. Giaretta gli domandò se fosse tutto ok: «Ragazzo, ci vedi? Hai bisogno degli occhiali?». Lo vedranno poi. Scoperto da Javier Ribalta e Mauro Borghetti, Bruno Fernandes ci ha messo un po’ prima di diventare il fantasista del Manchester United. Dieci anni fa giocava nella Primavera del Novara, un anno in Serie A prima dell’Udinese. Il suo calcio era sempre accompagnato da un “ma”. Da un «bravino, sì, non eccezionale». Tre anni in Friuli, uno alla Samp e poi lo Sporting, 33 gol nel 2018/19 prima della firma con lo United. Due anni fa ha infilato 28 gol, diventando fondamentale anche in nazionale. Quando gli chiedono dell’Italia si emoziona ancora: «Una scuola di calcio».
E se la sorpresa fosse Gonçalo Ramos?
Qualche anno fa lo chiamavano «il mago». «Lo stregone». Merito di una sfilza di rimpalli vinti in modo casuale: «La palla finiva sempre a me». E giù di gol e assist. Gonçalo Ramos è nato nel 2001 e rischia di debuttare in nazionale proprio in un Mondiale. Fernando Santos l’ha portato in Qatar dopo una quindicina di gol con il Benfica, rivelazione del campionato. L’anno scorso ha chiuso la stagione con 7 reti, un po’ fantasista e un po’ seconda punta. Quest’anno fa l’attaccante a tempo pieno. Nato e cresciuto a Olhão, in Algarve, raffiche di vento su spiagge e coste sconfinate, dopo il giusto apprendistato nel Benfica B è stato proposto in prima squadra con successo. Un solo appunto, però. Fin qui ha collezionato quattro secondi posti: campionato, coppa, Europeo Under 21 ed Europeo Under 19.