a cura di Cosimo Bartoloni, Giacomo Brunetti, Andrea Consales, Matteo Lignelli e Francesco Pietrella

Cinque storie del Qatar.

Ma chi sono veramente i padroni di casa?

 

Luci e ombre dell’Aspire Academy

 

Gran parte della nazionale nasce da un’idea studiata a tavolino. Dietro Ali, Ró-Ró, Afif e tanti altri ci sono i volti oscurati di un suv su cui viaggiano sogni, contratti e depliant. In uno di questi ci sono due stadi, ascensori in vetro, una piscina olimpica, pavimenti di marmo, una scuola, un palazzo di cinque piani e una “torcia”, cioè un edificio di trecento metri che sorveglia tutti dall’alto. C’è scritto Aspire Academy ed è un’astronave tra le dune che forgia oltre il 60% dei calciatori del Qatar. Per anni gli emiri hanno setacciato il mondo – in particolare l’Africa e l’Asia – attraverso “Football Dreams”, un progetto nato nel 2007 finalizzato a cercare giocatori nei luoghi più impervi. Negli ultimi 15 anni sono stati testati 3,5 milioni di ragazzi. I migliori venti venivano mandati a Doha. La Fifa ha chiuso tutto qualche anno fa, quando si è accorta che alcuni giocatori non avevano l’età dichiarata sui documenti. Sul sito c’è ancora il modulo di partecipazione. Aspire, tra l’altro, è proprietaria di due squadre professionistiche in Europa, dove i calciatori vengono inviati per fare esperienza nel calcio che conta: l’Eupen in Belgio e il Cultural Leonesa in Spagna.

 

 

Felix Sanchez e il modello Barcellona

 

«Uno così da noi non si era mai visto». Elogi sparsi e complimenti a pioggia, in fondo meritati. Felix Sanchez, catalano di Barcellona, una vita nel sistema blaugrana prima di sposare il progetto dell’Aspire Academy proprio per il Mondiale, ha plasmato l’intera squadra che prenderà parte al torneo tra le proprie dune. Prima di allenare la nazionale ha guidato Under 19, U21 e U23, vincendo la Coppa d’Asia del 2019 e un campionato asiatico Sub-19. In 84 partite ne ha perse solo 24, con 16 pareggi e 44 vittorie. Il suo mantra è la difesa a 5, ma non un 3-5-2 con esterni offensivi, piuttosto cinque difensori bloccati e poi palla alla mediana. Una volta ha detto che per strutture, organizzazione e programmazione, l’Aspire Academy vale quanto la Masia, la cantera del Barça che sforna pepite ogni stagione. Sanchez si è formato lì, ma vive e lavora in Qatar dal 2006. Ora ha la grande occasione di far vedere al mondo il suo lavoro.

 

 

Pedro “Ró-Ró”, qatariota per caso

 

Intanto il nome: “Ró-Ró” sta per Pedro Miguel, ma da bambino non riusciva a pronunciare il nome. Da qui Ró-Ró, terzino a tutta fascia del Qatar. Anche lui non è nato a Doha o tra le dune, bensì ad Algueirão–Mem Martins, in Portogallo, una città a pochi chilometri da Sintra, i cui paesaggi sono patrimonio dell’Unesco. Pedro ha faticato un po’ prima di diventare un calciatore. Classe ’90, a 19 anni giocava in quarta serie con il Farense, una squadretta vicino casa arrivata dopo diverse porte in faccia. Quella più tosta è stata quella presa dal Benfica, reo di avergli messo il borsone davanti al cancello a 15 anni. «Arrivederci». Nel 2011, dopo un’altra annata storta nei bassifondi portoghesi, sceglie il Qatar e la sua vita cambia. Dopo quattro anni all’Al Ahli è diventato il simbolo dell’Al Sadd, cittadino qatariota nel 2016. Da lì 80 presenze e un gol in nazionale.

 

 

Cosa c’entra il Qatar con lo scopritore di Messi?

 

Josep Colomer potrebbe campare di rendita. Più di vent’anni fa si è addentrato nella periferia di Rosario, ha visto un ragazzino dribblare tutti e l’ha portato a Barcellona: quel bambino era Leo Messi. Colomer è stato ingaggiato dall’Aspire nel 2007 per portare avanti Football Dreams. L’iter di selezione prevedeva partite di calcio a 11 di circa mezz’ora da dove venivano selezionati i migliori 20. Nel 2018 l’americano Sebastian Abbot ha pubblicato un libro-inchiesta chiamato «The Away Game», dove racconta la sconfitta di Football Dreams e il giro dei petrodollari dietro i sogni dei ragazzi. Stephen Babalola, uno dei vincitori, ne ha parlato a Rivista Undici: «I signori della Aspire vennero con un suv a casa dei miei genitori e gli mostrarono delle foto. Hotel di lusso, campi da calcio, infrastrutture. ‘Suo figlio vivrà qui’, dissero. Cosa potevo rispondere?». 

 

 

Aggrappati ai gol di Almoez Ali

 

Pare abbia segnato così tanto che non si riesca a quantificare il numero di reti: Wikipedia cita 102 gol in cinque anni con l’Al-Duhail, mentre Transfermarkt ne segna la meta. Cinquanta gol. Il sito della federazione qualcuno in più, 58. Siamo lì. Almoez Ali è la punta diamante del Qatar, 39 reti in 83 partite in nazionale. Gioca nella squadra di Hernan Crespo ed è stato compagno di squadra di Mandzukic e Benatia. Uno dei tanti naturalizzati della rosa. Ali è nato a Khartoum, capitale del Sudan, e prima di scoprire i grattacieli degli emiri giocava per strada con gli amici, dribblando sassi e polvere. Nel 2019 ha vinto la Coppa d’Asia da capocannoniere, 9 gol in 7 partite. Quattro di questi alla Corea del Nord. A tal proposito, un appunto: gran parte delle sue reti con il Qatar sono arrivate contro nazionali di seconda o terza fascia. Nessuna con le big.