Dimmi quale mascotte dei Mondiali ti piace e ti dirò chi sei

by Redazione Cronache
mascotte mondiali

Nel 2006, l’Italia vince il Mondiale e a Berlino non c’è solo il Po po po sulle note dei White Stripes. C’è un leoncino, Goleo VI, e c’è un pallone che parla, Pille, visto che in tedesco è quello il nome del pallone da calcio. Nel 2010, in Sudafrica vince la Spagna di del Bosque e Iniesta: ugualmente, non ci sono mica solo Waka Waka e vuvuzela, c’è pure il leopardo Zakumi con la criniera verde. Za è il ccTLD del Sudafrica, mentre Kumi vuol dire “dieci” e indica la varietà di dialetti che si parlano nel Paese. In Brasile nel 2014 c’è l’armadillo Fuleco, con la corazza azzurra e quel nome tra Futebol ed Ecologia, per sensibilizzare. E nel 2018 in Russia c’era Zabivaka, un lupo antropomorfo il cui nome in russo vuol dire “marcatore”. E la mascotte del Mondiale 2022? Una kefiah con occhi e sopracciglia di nome La’eeb, “calciatore fortissimo” in arabo. Applauso al marketing, qui.

Willie, la prima mascotte di un Mondiale di calcio

La storia delle mascotte al Mondiale di calcio inizia nel 1966, in Inghilterra, con World Cup Willie che colonizza i gadget: maglie, dolciumi, sottobicchieri e – naturalmente – vassoi da tè. Nasce un business globale con Reg Hoye, illustratore freelance della Walter Tuckwell & Associates, a cui la mascotte viene commissionata. La storia completa la racconta FourFourTwo: «Se l’Inghilterra avesse perso la finale, Willie World Cup sarebbe stato un personaggio dei cartoni animati come tanti altri. Non c’era la televisione, solo papà vide la finale fino a tardi», spiega il figlio di Hoye. Al Mondiale ’66, il Daily Mirror registrò vendite per quattro milioni di sterline dal merchandising di Willie, definito scherzosamente «un leone coi capelli alla Beatles, una maglia dell’Union Jack e la casa da qualche parte a Jellowstone, assieme all’orso Yoghi». Sulla scia della novità, la licenza di Willie World Cup girò l’Europa, in breve oltre 10 milioni di articoli presentavano quel leoncino.

 

Arance, peperoncini e Ciao

Il Mondiale 1970 si gioca in Messico e la mascotte è – naturalmente – un ragazzo col sombrero di nome Juanito. Nel 1974, in Germania Ovest, le mascotte sono due, i gemelli, Tip e Tap, mentre nel 1978 in Argentina è l’ora di Gauchito, un ragazzo delle pampas con fazzoletto al collo e frusta in mano. Un po’ più di fantasia nel 1982, visto che al Mondiale spagnolo (vinto dall’Italia di Bearzot e Pablito Rossi) c’è Naranjito, un’arancia che indossa la maglia de La Roja. E nel 1986, quando si torna in Messico, si confermano gli ortaggi: ecco il peperoncino antropomorfo Pique, la cui punta ricorda la silhouette di un sombrero, con un paio di stilosi baffoni neri sotto il naso. E veniamo al 1990, alle Notti Magiche italiane scandite da Ciao, calciatore stilizzato da 9 mattoncini tricolori e un pallone come testa. Ma il Comitato Organizzativo presieduto da Luca Cordero di Montezemolo ha regole da rispettare: la mascotte non può ricordare architetture locali né personaggi famosi. Arrivano quasi 50mila proposte, giudicate dai designer Sergio Pininfarina e Marco Zanuso, dal ministro del turismo Franco Carraro, dal disegnatore Armando Testa e dal critico Federico Zeri.

Totocalcio, cani, galli e McDonald’s

In una giornata di pioggia in Corso Buenos Aires a Milano, osservando un semaforo passare dal rosso al verde, il pubblicitario Lucio Boscardin produsse la mascotte, definita «un pinocchietto» dall’allora direttore della Gazzetta dello Sport, Candido Cannavò. A marzo 1989, per decidere il nome, viene persino indetto un concorso nelle schedine del Totocalcio. Nomi in lizza? Dribbly, Beniamino, Bimbo, Amico e Ciao (che vince). E via con un’estate italiana. Saltiamo al 1994, negli USA, col Brasile che vince ai rigori con errore di Baggio a Pasadena. Appare per la prima volta un animale, Stricker, the World Cup Pup, che è un cane – ovvero l’animale domestico preferito negli States – che però non ottiene molta fama. Nel 1998 in Francia c’è un gallo di nome Footix, crasi tra Football e Asterix. Col Duemila arriva il digitale, così al Mondiale nippocoreano 2002 ci sono tre mascotte – Ato, Kaz e Nik – create al computer. Il trio Spherics gioca ad Atmosball, un gioco simil-calcio in cui Ato è l’allenatore e i due sono calciatori. Curiosamente, i loro nomi sono stati scelti su Internet e dai clienti McDonald’s di Giappone e Corea del Sud. Che storia, le mascotte del Mondiale.