Dopo una lunga lotta, com’era nel suo carattere e come è stato abituato a fare fin da piccolo, contro la malattia, la leucemia, Sinisa Mihajlović è morto a 53 anni il 16 dicembre. Dopo una vita vissuta ad alta intensità, subito segnata dalla guerra nell’ex Jugoslavia, che l’ha portato ad affrontare a testa alta qualunque difficoltà. Portando in campo e in panchina la sua attitudine di guerriero e diventando, così lo ha salutato la sua famiglia, «marito, padre, figlio e fratello esemplare», «uomo unico» e «professionista straordinario, disponibile e buono con tutti». Nel 2019 era stato ospite dei ‘Gazzetta Sport Awards’ ed è lì che ha deciso di raccontare i momenti migliori della sua carriera. Scegliendone quattro.
Il primo pallone
Il primo ricordo non può che essere il primo pallone. Fu un regalo di papà Bogdan, comprato al mercato delle pulci. È quello che si poteva permettere una famiglia serba a Vukovar, città Croata, nel pieno delle tensioni della Jugoslavia degli anni 80/90.
«Era un pallone in pelle, usato e molto duro, per cercare di ammorbidirlo ci passavo la crema tre volte al giorno. Mi ricordo che era di una marca polacca. Ci giocavo per strada, nel mio paesino era tutto in costruzione, non c’erano campi in cui giocare». Tra la crema e il suo mancino, sicuramente quel pallone si sarà ammorbidito.
Le prime scarpe da calcio
«Erano delle Adidas World Cup, le prime vere mie scarpe da calcio. Le ho usate per 3 anni. Prima non avevo delle scarpe, la mia prima partita con la Nazionale le scarpe me le regalò un arbitro». Altri tempi.
Il successo con la Stella Rossa
Poi arriva la gloria, insieme, probabilmente, al successo maggiore della sua carriera. «Il terzo momento è sicuramente la vittoria della coppa campioni con la Stella Rossa». Mihajlović l’ha alzata a 22 anni, mentre sulla sua città cominciavano a scontrarsi gli eserciti.
«È stata la cosa più bella della mia carriera. Io ero tifosissimo della Stella Rossa, e da protagonista siamo riusciti a vincere la Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale. Abbiamo fatto la storia del calcio slavo». Un successo che oggi sembra impensabile.
Gli anni della Samp
Per ultimo, Sinisa ha voluto tenere il ricordo degli anni alla Samp con il suo amico Mancini. «Ho avuto la fortuna di giocare con Mancio. Sono stati anni bellissimi. Il 60% dei suoi gol sono stati merito mio, lo mettevo in porta e lui doveva solo metterla dentro. Voleva essere sempre servito, che rompipalle…». Il solito schietto, simpatico, Sinisa. Ci mancherà tanto.