Dentro il metodo Lecce: «Possiamo sbagliare il calciatore, non l’uomo»

by Lorenzo Cascini
trinchera lecce

L’operazione dell’estate in casa Lecce nasce da uno scherzo, buttato lì per caso, in una calda mattina d’estate. «A noi serve un difensore. E se prendessimo Umtiti?». E tutti a ridere. Poi con il tempo la battuta è diventata un’idea e poi un’operazione. Ma ci arriveremo. Intanto andiamo con ordine e inquadriamo il contesto, per prima cosa.

È la seconda metà di agosto e alla squadra di Baroni, appena sconfitta in Coppa Italia dal Cittadella e in campionato dall’Inter, serve un difensore. O forse due. Pantaleo Corvino, responsabile dell’area tecnica e Deus ex machina del Lecce, è al telefono con un paio di agenti, tra cui quello con cui mette in piedi il colpo del mercato giallorosso. «Stavamo parlando con Sergio Canales – agente sia di Umtiti che di Joan Gonzalez – e discutendo di esigenze e opportunità, è venuta fuori la possibilità di prendere Samuel. Lavorare con Pantaleo ti insegna che tutto si può realizzare, anche quello che sembra impossibile». 

Stefano Trinchera e il metodo di lavoro del Lecce

Il racconto è affidato a Stefano Trinchera, direttore sportivo giallorosso, che lavora tutti giorni al fianco di Corvino. «Il nostro obiettivo è quello di creare un patrimonio tecnico. Osservare, scoprire, valorizzare e vendere bene. Abbiamo uno scout per la Primavera e uno per la prima squadra, poi lavoriamo molto con gli intermediari. Ma credimi la nostra forza è che guardiamo tanto calcio e ci confrontiamo moltissimo. Ogni scelta infatti viene studiata nel dettaglio e condivisa».  Da qui nascono i colpi scovati dai campionati più remoti, giocatori seguiti e analizzati a più riprese. Pietre grezze diventate diamanti con il passare del tempo.

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Il progetto Lecce però non emerge per caso, ma parte da lontano ed è frutto di un modus operandi che funziona. «Il nostro segreto è la selezione. I giocatori vengono seguiti in video, poi se superano il primo esame, si va a verificarne le qualità di persona. Tante volte è successo, ma non solo a noi, che andassimo a vedere un giocatore per poi restare incantati da un altro. Quello che fa la differenza però poi è il contatto che prendiamo con il ragazzo e con la famiglia. Perché puoi sbagliare il calciatore ma non l’uomo». 

Da Hjulmand a Gonzalez e Baschirotto, pepite d’oro del Lecce

Di esempi se ne potrebbero fare a bizzeffe. Situazioni e mondi differenti, partite guardate a qualunque latitudine perché il talento lo si deve saper riconoscere anche estrapolandolo dal contesto in cui si trova. «Guarda Hjulmand e Gonzalez. Il primo lo abbiamo seguito in Danimarca e in Austria e poi lo abbiamo preso, Joan invece giocava nel Barça. Quindi in una realtà ben diversa. Ci abbiamo parlato, pensando che Lecce potesse essere il posto giusto per la sua crescita. E direi che abbiamo avuto ragione». Isola felice. «È merito di una ricerca ad ampio raggio. Guardiamo e monitoriamo tutto, stiamo attenti ai dettagli e cerchiamo di non farci scappare nulla».  Ma non è un caso. È frutto di uno studio meticoloso sui ragazzi che vengono scelti, presi e valutati. Con la consapevolezza che, negli anni a venire, varranno una fortuna e genereranno grandi plusvalenze. Questione di metodo e di approccio al lavoro. «Ci affidiamo ai video, ma l’ultima parola la vuole sempre l’occhio. Anche l’acquisto di Baschirotto nasce così. Noi lo avevamo visto tante volte, anche lo scorso anno da avversario con l’Ascoli. Quindi appena abbiamo avuto l’occasione lo abbiamo preso. In città si parlava di un colpo sbagliato, di un giocatore che non era adatto per fare la Serie A. È stato un guizzo, un’intuizione vincente. E in questo Pantaleo è un maestro assoluto». 

Si è adattato ai tempi che corrono, facendo affidamento sempre e solo al suo istinto. ‘Gli algoritmi sono utili, ma il ragazzo lo devo vedere’. Diktat. Corvino è diventato direttore sportivo quando non c’erano i telefonini e si racconta che girasse sempre con un gruzzolo di monete perché ogni momento poteva essere buono per trovare una cabina telefonica e chiamare un collega o un giocatore. Ha saputo aggiornarsi, continuando però a mettere l’uomo e il guizzo al centro dell’operazione.

Saverio Sticchi Damiani, il presidente della gente

Quello dei giallorossi è un giocattolo che – soprattutto in Italia – invidiano in tanti, merito di una società solida e di un presidente come Saverio Sticchi Damiani. «Gli posso dire solo grazie. Ci dà grandissima libertà, si fida noi e delle nostre intuizioni. Poi è il presidente della gente. Ha un rapporto unico con la città. I ventimila abbonati sono la fotografia più bella per descrivere quello che ti dico». Il prossimo step ora sarà quello di fare un nuovo centro sportivo. «Sarebbe stupendo. Al momento è più di un’idea, ma non è facile da realizzare». 

Il cavallo di battaglia sono e resteranno sempre i giovani. Corvino insegna, Trinchera assorbe come una spugna. In prima squadra stanno venendo fuori pepite d’oro, valorizzate e in costante crescita, la Primavera invece è in testa al campionato a +4 sulla Juventus seconda.  Secondo transfermarkt i giallorossi sono la quarta squadra più giovane d’Europa, con una media di 24.1, a pari merito con l’ l’Arsenal di Arteta. «Ne siamo molto orgogliosi. Sono tanti i ragazzi che stanno facendo bene, soprattutto in Primavera. Molti di loro avranno chance di restare con i grandi il prossimo anno. Da Berisha a Dorgu e Burmete. Il nostro desiderio poi sarebbe quello di far crescere ragazzi italiani, ripartendo dal settore giovanile. Ma è un processo lungo, vedremo che succederà. Al momento siamo costretti a guardare all’estero e se peschiamo lì è perché troviamo giocatori in linea con le nostre idee, che ci convincono e rispettano determinati parametri». 

E di acquisti da quelle parti se ne sbagliano pochi. Anzi si studia tanto, si osserva, si osa e poi si punta a valorizzare. Generando plusvalenze. Con l’obiettivo di veder arrivare in alto ragazzi, tirati fuori dall’ombra e destinati a brillare. Loro sono, per il Lecce, i successi più belli.