Andy Selva, storico capitano di San Marino: «Le standing ovation, Duff e i ricordi»

by Giacomo Brunetti

Andy Selva, oggi, è l’allenatore del Tre Fiori. Prima di tutto, però, è un nome che riecheggia quando si parla di San Marino. Primatista di reti con la Nazionale del Titano (8 gol, uno dei quali a sancire l’unica vittoria nella storia contro il Liechtenstein) e autentica bandiera, simbolo calcistico di uno Stato per 20 anni. «Il momento di cui vado più orgoglioso è una partita che abbiamo perso contro l’Irlanda per 2-1. Era il 2007 e il nostro compagno, Federico Crescentini, era appena scomparso dopo aver salvato una ragazza nel mare. Ho portato i fiori alla sua famiglia. Abbiamo subito gol all’ultimo minuto e io indossavo la sua fascia al braccio. È stato emozionante e la prestazione ha ripagato l’emozione che provavamo», una delle tante partite in cui San Marino ha sognato di strappare un punto agli avversari e scrivere la storia.

Anche quando il passivo è stato pesantissimo, ci si è attaccati alla motivazione e alle «tante standing ovation ricevute, nonostante il risultato abbondante». La voglia di non mollare mai: «Davide contro Golia, ma è sempre stato bello quando siamo usciti tra gli applausi». Per Selva, quella è l’essenza del calcio, «perché in quel momento tifavano per la loro Nazionale, ma riconoscevano i valori. Anche quando lo sconforto, da parte nostra, era totale». Come nelle sfide contro Germania e Olanda, quelle più temute e più dolorose (si ricorda uno 0-13 subito dai tedeschi in casa).

Andy Selva e la riconoscenza degli avversari

Selva, una carriera anche in Serie B con Hellas Verona e Sassuolo, era apprezzato dagli avversari. Lui, che spesso agiva da solo tra le maglie di difese composte da campioni. Il suo talento non è passato inosservato: «Duff, dell’Irlanda, che all’epoca era al Chelsea, mi voleva far comprare da una squadra forte. Mi chiese dove giocassi, mi disse che poteva presentarmi il suo procuratore. Sembrava un sogno, pensai: ‘Lasciamo stare… andiamo a berci una birra’. C’era tanta riconoscenza da parte dei portieri. Tranne quelli del Belgio, a cui ho segnato 3 degli 8 gol in Nazionale!».

I complimenti se li è presi anche da altri campioni, come quelli ricevuti in campo «da Puyol e Raúl». L’umiltà dei grandi. «Ti segnano 3 o 4 gol, potrebbero andarsene via tranquillamente. E invece no. Di maglie ne ho tante. Una volta, contro la Repubblica Ceca, un loro giocatore voleva a tutti i costi la nostra. Me la tolsi, anche se faceva un po’ freddo». Durante le qualificazioni a EURO2008, è stato il calciatore con il maggior numero di falli subiti (52)  davanti a Cristiano Ronaldo.

Le gioie in campo sono state poche a livello di risultato. Ci sono stati due momenti che non dimenticherà mai: «In un’amichevole contro la Lettonia, l’arbitraggio fu… leggero. Ci assegnarono contro un gol con 3-4 metri in fuorigioco. Il presidente lettone in persona si arrabbiò, venne nei nostri spogliatoi e in mezzo al nostro silenzio, ci chiese scusa in italiano facendoci i complimenti». Non solo: in Belgio, una volta, venne premiato come miglior gol della serata, «fu un bell’attestato». E poi quello 0-13 contro la Germania: «Era una delle prime partite dei tedeschi dopo il Mondiale 2006. Noi, essendo tifosi italiani, intonammo ‘Popopopo’. Non so a chi venne in mente… ce l’hanno fatta scontare però. Non riuscivamo a contenerli». 

Uno dei grandi problemi fronteggiati da San Marino erano le opportunità che gli avversari trovavano contro tale Nazionale: «Rimasi impressionato da Rooney, ma la questione non era rappresentata dai campioni, ma dal giovane emergente che voleva entrare e farsi vedere. Entrava verso il finale e non si sarebbe fermato per niente al mondo. Li chiamavamo ‘giovani terribili’ perché ingestibili». Con l’Inghilterra un rapporto di amore e odio. Dalla standing ovation di Wembley fino al botta e risposta con i giornalisti, che gli chiesero se una rappresentativa così debole aveva senso a quei livelli: Selva rispose «siamo scarsi, è vero, ma voi non siete i più forti, non avete praticamente vinto niente». Una volta «la Repubblica Ceca ci aveva messo come premio una birra in birreria se vincevamo la partita. Gli dissi che mi andava bene, ma solo Coca-Cola».

 

La figuraccia con Allegri e il mito di Totti

Oggi tecnico, Selva ha giocato nel Sassuolo e nella SPAL ed è stato allenato da Massimiliano Allegri in entrambe le occasioni. E il primo incontro fu memorabile: «Una persona splendida e vincente. Il suo primo giorno a Ferrara, ero in ufficio con il direttore a discutere per un premio non dato. Allegro stava ascoltando e disse: ‘E dai, che ti innervosisci per due spicci!’. E io gli risposi: ‘Se sono due spicci dammeli tu!’. Il direttore si voltò: ‘Andy, ti presento il nostro nuovo allenatore, Max Allegri’. Ero bianco».

Il suo amore è sempre stata la Roma: «Sono un classe ’76, proprio come Totti. Lui era già lì, avremmo potuto giocare insieme. Avevo firmato un pre-contratto, ma non se ne fece di niente. Preferirono prendere uno più piccolo di me, d’altronde in attacco erano già messi bene. Anche la Lazio mi chiamò, ma non so se ci sarei andato. Forse no». Selva, che scelse San Marino grazie al nonno sammarinese, rimarrà per sempre nel cuore degli appassionati. Quella maglia biancazzurra e il nome di un Paese portato in giro per l’Europa.