«Sto vivendo questa stagione con la serenità e l’esperienza di un uomo di quasi 38 anni. Dovevo andar via ad inizio anno, credevano non potessi avere la gamba e la forza per dare il mio apporto in A. Io ero totalmente fiducioso che potessi farlo che sono rimasto». Il resto è storia nota perché Daniel Ciofani, miglior marcatore della storia del Frosinone, alla fine si è preso il suo spazio e, con 6 gol, è tra gli attaccanti italiani più prolifici di questa Serie A, con la maglia della Cremonese. «Sono partito come quinta punta, poi alla lunga, nel momento di difficoltà, escono fuori altre caratteristiche. E l’ho detto anche a chi di dovere. Andare dal punto A al punto B si chiama atletica, il calcio è un’altra cosa. Sì, bisogna avere velocità, corsa, forza, energia ma poi c’è il cervello e la personalità, cose che stanno dietro l’uomo». Lo abbiamo intervistato sul canale Twitch di Cronache di spogliatoio, ecco alcuni dei passaggi più significativi.
Sulla stagione in corso
«Voglio godermela. È il mio terzo campionato in Serie A, sto giocando in Serie A. Per arrivarci ho sempre solo dovuto vincere la stagione prima non sono mai stato acquistato per giocare in Serie A. Ho vinto campioanti per meritarmela. Poi quando ho giocato, tutti quanti alla fine: ‘Ah, però Ciofani i suoi gol li fa’. Sono una prima punta che fa le sponde, fa salire la squadra, la allunga senza andare in profondità, un po’ come Giroud. Ti porta presenza in area, ha peso. Io so di ptoer incidere anche in 10 minuti».
La carriera di Daniel Ciofani
«Ho superato le 600 presenze e i 214 gol da professionista. Vorrei giocare fino a 40 anni, ma solo se sto bene. È quella la difficoltà, è tutta una questione di percezione. Mia e degli addetti ai lavori. So che se sbaglio una partita, oggi a 37-38-39 anni, dicono: ‘Non ce la fa più, è vecchio!’. A 23anni se lo fai dicono che sei acerbo, a 28 magari solo che hai giocato male una partita, o che hai litigato con la moglie, o non hai dormito. Ma io sono abituato a questo».
«Per il ritiro non sei mai pronto, penso che vorrei fare l’allenatore, ma non so se ne sarei capace. Ho paura? Sì, un po’. Sono curioso, amo le sfide, cerco di sdrammatizzare. Ero in Ospedale, il girono dopo era Pasqua, e non è che mi sono pianto addosso. Mi dicevo: ‘Eh va bene, che bisogna fare? Quand’è che me ne vado?».
Essere giovani in Italia
«Vogliamo parlarne, quand’è che uno smette di essere giovane? Ricordo che Antonini, che è dell’82, nel 2012 dicevano ‘Ah, è un giovane del Milan’ e io dicevo: ‘Cavolo ma Antonini ha 30 anni’. Servono delle linee guida. Gli attaccanti maturano tardi: io alla prima stagione in A ho fatto 9 gol, magari col Var sarebbero stati 15 perché qualche rigore ce lo avrebbero dato».
«Scamacca? Mi ha impressionato da quando aveva 18 anni. Gli attaccanti, però, si giudicano dai gol: ha fatto un’ottima stagione due anni fa. Ciò che manca ai ragazzi di oggi è la continuità. Si discute tantissimo di Immobile da anni ma sono 10 anni che segna valanghe di gol. Nella peggior stagione ne ha fatti 19. Poi altri ne fanno 4 in Serie A e si parla di nazionale. Boh… mi fido di Mancini».
L’amore per il Fantacalcio
«Mi diverto a fare il Fantacalcio perché crea unione. È come andare a cena. Una cena che però dura 38 giornate, dove ci sono sfottò. E poi ti affezioni a dei giocatori che mai avresti pensato di nominare, penso al Papu che fa 14 gol, Nainggolan pure. Io ce l’avevo e per me erano come dei compagni di squadra. È divertente, anche se a volte ti arrabbi. Lo faccio da una vita e continuerò».
«Sono dell’85, vengo dalla generazione che ha vissuto tutto il Fanta: dalla Gazzetta del martedì, con tutti i voti che segnavi a mano, alle applicazioni col voto in tempo reale che cambia in base agli episodi. Ricevo tantissimi messaggi, con l’età ho imparato a farci una risata. Quando ho segnato con la Roma ho ricevuto valanghe di messaggi, ho pensato anche di pubblicarli: erano pieni di insulti. Peggio di quelli ricevuti da Cuadrado o Lukaku. Mi dicevano: ‘Non ti devi svegliare domattina’. Cose del genere, su cui ora rido. O sono ragazzini, e questo è preoccupante, o sono persone un po’ disadattate. Non va bene questa cosa. Sto pensando di denunciare tutte queste cose perché bisogna tornare alla normalità».
La top 11 di Ciofani
«La mia top 11? Io sono milanista, vi avverto. Sicuramente in porta ci metto Buffon, per me è il più forte di sempre. Facciamo un 4-3-3 anche se non è il mio modulo preferito: Nesta, Maldini, Cafu perché rideva sempre e Fabio Cannavaro. A centrocampo Pirlo, Zidane e Xavi. Davanti van Basten, Messi e Ronaldo, come alternativa Toni perché è il mio idolo fin da bambino».
«Al di fuori del calcio, mi piace e mi rilassa molto leggere: biografie, libri di psicologia, la Bibbia. L’ultimo libro? La biografia di LeBron James».
«Il terremoto del 2009? Ero a casa, ad Avezzano. Sono andato a dormire con la notizia che c’erano delle scosse a L’Aquila e il giorno dopo sarei dovuto tornare a Roma, dove giocavo in quella stagione. La notte, alle 3, mi sono ritrovato in piedi sul letto per quanto tremava. Ho pensato: ‘È il terremoto’. Ero andato a dormire con quell’idea, poi mi sono rimesso a letto perché non ho paura di queste cose e la mia casa era antisismica. Ho cominciato a mandare messaggi ai miei amici che vivevano a L’Aquila, ma non c’era campo. Le notizie uscivano sul televideo, non c’erano tutti gli strumenti di oggi. Il rumore del terremoto è una cosa che mi rimarrà dentro: è un frastuono incredibile, i mobili che si muovono, le porte che si sbattono. Nel cuore della notte è ancora più brutto perché interrompe il silenzio».