Non ci sono dubbi che il migliore in campo del ritorno dei quarti di finale di Champions tra Napoli e Milan sia stato Rafael Leao che, tra l’altro, si è inventato una progressione uguale a quella di Gullit nella sfida del primo maggio 1988 che aveva tante somiglianze con l’incrocio di martedì sera. Ma c’è un altro calciatore, uno di quelli che per diversi motivi non finiranno mai in copertina, che ha fatto una grande partita: Rade Krunić. La sua è stata una di quelle prove di intelligenza e sacrificio che sfugge alle statistiche: ha toccato il pallone poche volte, eppure si è preso gli elogi di mezza squadra. «Krunic ha fatto un lavoro di raddoppio impressionante sulla parte destra di Calabria aiutandomi a difendere meglio su Osimhen» ha detto Kjaer. Ancora più dolce è stato Pioli: «Non ha sbagliato nulla. Ha letture di gioco che hanno pochi altri. È importantissimo, e adesso sono felice che tutti se ne accorgano. È un giocatore di alto livello. Arrivare a giocare al Milan è uno step alto e ci vuole pazienza». Ci sono notti, però, che ripagano tutti gli sforzi.
L’importanza di Rade Krunić
Basta dare un’occhiata alle azioni principali della gara per rendersi conto dell’importanza di Krunić. Come ha spiegato Pioli, le sue letture sono state preziose. Schierato sulla destra del centrocampo, non solo ha vinto il duello con Zielinski, ma lo troviamo sempre ripiegato in area, come fosse un centrale aggiunto, in un’ideale seconda linea a protezione della porta da Kvaratskhelia nel caso in cui il georgiano avesse superato il raddoppio di Calabria e Brahim Diaz. E come Diaz ha aiutato il terzino con Kvara, lui ha dato una mano ai centrali nel contenere Osimhen. Andando in difficoltà solo nel finale quando lui e Calabria si sono fatti saltare da Kvaratskhelia, che poi non ha trovato la porta. Una goccia in un mare di attacchi degli uomini di Spalletti. Quel che impressiona, insomma, è che Krunić, centrocampista bosniaco di 29 anni, si sia fatto trovare sempre al posto giusto, anche quando c’era da mettere un po’ di pressione visto che è stato uno degli uomini chiave nel recupero palla che a inizio partita ha portato Giroud a tu per tu con Meret. «È un grande traguardo per noi e per il nostro lavoro da quando abbiamo cominciato, ormai 3 o 4 anni fa. Siamo andati avanti tutti insieme» le sue parole a fine gara. «Ma non ci fermiamo qua: siamo consapevoli delle nostre forze e delle nostre qualità e non vediamo l’ora di giocare la semifinale».
Pazienza e sacrificio
Almeno lui delle proprie qualità ne è sempre stato consapevole. «Un pochino mi sento sottovalutato, sinceramente» aveva ammesso in un’intervista a Dazn in autunno, quando è arrivato anche il rinnovo col Milan fino al 2025. «Ma sono cose che capitano nel calcio perché nello spogliatoio ci sono giocatori ritenuti più importanti. Da quando sono al Milan sento la fiducia della società, del mister, dello staff e anche dei miei compagni. Sicuramente se facessi qualche gol o assist in più parlerebbero meglio di me». L’obiettivo? «Tirare più in porta. Però sono stato importante per altre cose, per questo il mister mi ha fatto giocare le ultime partite». Un lavoro, il suo, che richiede tempo per essere apprezzato. Anche perché Krunić è uno di quelli che quando finisce la stagione ha giocato in tutti i ruoli del centrocampo. Dalla mediana alla trequarti, dove si muoveva il suo idolo Kakà. Alla fine anche lui ha raggiunto la Serie A con il Milan, e non è poco. Ora vuol continuare a vincere trofei per poterseli tatuare tutti. Ne ha tantissimi e ha detto di volerne dedicare qualcuno pure ai rossoneri. «Il più doloroso è il ‘Padre nostro’ nella mia lingua, ci ho messo quasi tre ore» ha svelato qualche tempo fa.
Lo scudetto e la fiducia di Pioli
Non è stato tutto in discesa, anzi: non sono mancate battute d’arresto e qualche infortunio di troppo. Tutto è iniziato nel 2015 quando l’Empoli ha puntato su di lui con l’idea che col tempo potesse sostituire proprio il suo avversario di martedì in Champions: Zielinski, andato al Napoli nel 2016. E infatti per il suo arrivo al Milan è stato agevolato dalla presenza di Giampaolo, nel 2019, che l’aveva già allenato in Toscana. Per guadagnarsi uno spazio da protagonista in un club così importante c’è voluto tempo, e lo dimostrano i numeri del suo minutaggio, cresciuto poco alla volta di anno in anno. In questa stagione ha totalizzato 1700 minuti in 25 partite, quasi gli stessi dello scorso anno, ma in 35 presenze. Un riconoscimento per il suo grande lavoro nella corsa scudetto. In Champions ha saltato solo la prima gara col Salisburgo, a cui nel ritorno dei gironi ha poi segnato il suo unico gol fin qui. Però se il risultato è una semifinale di Champions, va benissimo così.