«Giocare a San Siro è già meraviglioso di suo, ma quando è strapieno è davvero allucinante. Ho giocato 4 volte a San Siro contro il Barcellona, sono state serate impressionanti. In quelle serate lì San Siro ti ricorda ancora di più dove sei, perché sei lì e la maglia che stai indossando». Nei giorni in cui il Milan centrava la qualificazione alla semifinale di Champions, Antonio Nocerino ricordava durante un’intervista sul canale Twitch di Cronache di spogliatoio cosa significa vestire quella maglia in serate così importanti. Oggi l’ex centrocampista ha 38 anni ed è il tecnico della formazione Primavera e responsabile del settore giovanile del Potenza. Ecco cosa ci ha raccontato.
Il gol contro il Barça al Camp Nou
«C’era addirittura mio papà in tribuna, non era mai venuto in trasferta in Europa. Gli dissi: ‘Dai, vieni a vederla. Non hai mai visto un campo fuori dall’Italia e magari è il momento giusto’. Lui venne e guarda caso feci anche gol. Lì mi passò in mente tutto quello che ho vissuto e come ci sono arrivato. Quei palcoscenici me li sono sudati venendo dalla gavetta, quando arrivi a quel livello ti passa davanti tutto il film della vita».
Kjaer e Calabria
«Kjaer culturalmente viene da un paese diverso, bello, dove si lotta e c’è appartenenza. Quando ho giocato con lui vedevo questo e che era già molto maturo e intelligente. Sapeva quello che voleva. Mezzi tecnici e fisici allucinanti, a me Simon non mi meraviglia perché è sempre stato forte mentalmente e ha una grande cultura del lavoro. Della gara contro il Napoli cito anche Calabria: ha fatto una prestazione allucinante, marcando uno dei più grandi dribblatori d’Europa.
«Ibrahimovic? Zlatan è quel giocatore che fa un altro sport. Ha un’altra mentalità, è trascinante. Ha 41 anni, ma Zlatan è Zlatan. Se fisicamente sta bene, è uno che sta bene, trasmette mentalità e aiuta». Il primo ricordo che ho di lui? «Stavamo facendo possesso palla in allenamento» ricorda Nocerino, «e lui mi dà subito un colpo con l’anca che mi fa volare di 5-6 metri, giusto per farmi capire dove mi trovavo. Avere lui come riferimento mi ha aiutato molto. Per questo dico che anche a 25 partite l’anno Ibra è troppo importante».
Il Milan di Nocerino
«In rossonero ho vissuto il cambiamento del 2012 quando sono andati via tutti i campioni. Io non ero pronto a prendere il loro posto, sia nello spogliatoio che in campo. La cosa importante è mettere dentro giocatori più esperti che possano aiutare i più giovani ad essere campioni a tutti gli effetti e in ogni partita. Non essendo tecnicamente fortissimo, sapevo fare quello che mi veniva richiesto. Ero un box-to-box, esaltavo le mie qualità andando a prendere alti gli avversari. A livello aerobico ero un giocatore molto forte, potevo fare senza problemi le due fasi. Se c’è un Nocerino in questa Serie A? Forse, ma molto più forte di me, è Barella. È uno che secondo me potrebbe fare molti più gol perché ha qualità, inserimento e gamba».
La nuova veste di allenatore
«L’allenatore è l’insegnante che a scuola spiega come leggere e scrivere: lo stesso dobbiamo fare noi con i nostri giocatori, che vanno responsabilizzati sempre di più. Palladino? Non pensavo che volesse fare l’allenatore, ma quando ha iniziato con le giovanili del Monza sapevo che avrebbe fatto bene. In 20 anni non è mai cambiato, è uno che vuole imparare, crescere, ha ambizione, studia, ascolta ed è umile».
«Dove mi vedo tra 5 anni? Spero di allenare come piace a me, di farlo bene e con passione in modo serio e professionale. Poi il dove non è importante, ma il come sì. Voglio determinare, voglio incidere e se devo incidere al 98% faccio fatica. Da giocatore ho sempre dato tutto in campo, forse anche di più, e da allenatore è ancora peggio. Spero di trovare un posto in cui posso farlo in questo modo qua».