Ogni anno la finale di Coppa Italia porta con sé una serie di riflessioni sulla storia del trofeo. Tra i pluriennali successi di Inter, Juve, Milan; Fiorentina e altre grandi compagini del nostro campionato c’è anche un nkme poco conosciuto che ci riporta indietro nel tempo. Il Vado Ligure, nel 1922, vinse la prima edizione della Coppa Italia, lasciando un’impronta indelebile nella storia del nostro calcio.
La situazione italiana e l’idea della Coppa
All’epoca l’Italia è politicamente lacerata. Il biennio rosso, nonostante la prolungata occupazione delle fabbriche, non sfocia nella tanto attesa rivoluzione socialista. Già da un paio d’anni sta avanzando la figura di Benito Mussolini. La marcia su Roma segna nel fascismo la fine del periodo rivoluzionario e la sua trasformazione in un borghese partito d’ordine. Il 31 ottobre 1922 il primo governo Mussolini, appoggiato da liberali, nazionalisti e cattolici, ottiene il voto favorevole del parlamento, nonostante la forte opposizione di socialisti e comunisti. Nello stesso periodo anche il calcio italiano vive un momento particolare. È cresciuto in maniera sproporzionata nel giro di pochi anni e i paletti imposti dalla FIGC, hanno provocato uno squilibrio tra il nord, dominante, e il centro-sud.
Vado negli anni Venti è uno dei grandi centri operai italiani con fonderie, impianti chimici e petrolchimici, cantieri di demolizione navale e la possente Westinghouse che fabbrica locomotori elettrici e ospita 1.700 lavoratori. In questa città ‘operaia’, il primo Novembre 1913, Angelo Morixe, riunito con gli amici Emilio Romano e i fratelli Babboni, dà vita alla sua idea e stila il primo statuto societario, fondando il Vado FBC. I giovani vadesi portano, dalla poco lontana Genova (58 km), i colori rosso e blù del glorioso Genoa Cricket and Football Club, fondato nel 1893, e li fanno diventare il ‘motivo’ della loro casacca.
Nel frattempo la grande contrapposizione tra le grandi società e la Federcalcio porta a una scissione: i club, infatti, creano una lega indipendente, la Confederazione Calcistica Italiana (CCI). La Figc, senza le squadre più forti, è ‘costretta’ a organizzare un torneo aperto alle società minori. Ispirandosi al modello inglese della FA Cup, nasce così la prima edizione della Coppa Italia. Tutti i club possessori di un terreno di gioco recintato possono partecipare, con il sorteggio delle gare e la possibilità di invertire il campo in caso di accordo tra le due società. La squadra che gioca in casa, inoltre, deve garantire 100 lire alla Figc e consegnare alla formazione avversaria il rimborso del viaggio in treno di terza classe. Un calcio di altri tempi, aperto a tutti, controtendenza se osserviamo come oggi si tenda a organizzare competizioni sempre più limitate e ‘chiuse’.
La prima edizione si svolge dal 2 aprile al 16 luglio 1922 e vede partecipare 35 squadre. Oltre al Vado, aderiscono, tra le altre, anche Fiorente Genova, Juventus Italia Milano, Libertas Firenze (la futura Fiorentina), Torinese, Udinese e Virtus Bologna.
Il ‘viaggio’ del Vado
Il primo format prevede tre turni eliminatori, più quarti di finale, semifinali e finalissima. Il Vado gioca 5 delle 6 gare in casa, debuttando il 2 aprile 1922, vincendo 4-3 sui ‘cugini’ della Fiorente Genova ai supplementari, con i gol di Marchese, Babboni II e Levratto. Appena 7 giorni dopo, i liguri impongono un netto 5-1 alla Molassano: vanno in rete Marchese, ancora Levratto con una doppietta, Negro e Roletti. L’aprile vincente del Vado si conclude il giorno 23, con la vittoria per 2-0 contro la Juventus Italia Milano. La fase finale della competizione, svolta tra giugno e luglio, regala altre gioie alla squadra ligure. Il 18 giugno ai quarti il Vado, alla prima trasferta in Coppa Italia, in Toscana, supera per 0-1 la Pro Livorno con il gol di Marchetti al 75°. Il 25 giugno i liguri affrontano in semifinale la Libertas Firenze, squadra che avrebbe cambiato nome in Fiorentina nel 1926. La zampata di Roletti, al 116°, manda i rossoblù in paradiso, al termine di una vera e propria battaglia.
Il 16 luglio 1922 è il giorno della finalissima, data che rimarrà per sempre nella memoria dei tifosi e del club rossoblù. La finale contro l’Udinese è una partita bloccata. L’organico, tecnicamente superiore, dei friulani mette più volte in difficoltà la retroguardia vadese. Fino al 118°. Fino a quando, il solito Felice Levratto, realizza il gol che consegna al Vado la prima Coppa Italia della storia del calcio italiano. «Levratto – scrive un cronista dell’epoca – avanza verso il centro e triangolando con Babboni II anticipa l’entrata del centro mediano avversario, affronta il terzino destro, lo finta sulla sinistra, passa di slancio, avanza e da venti metri spara rapidissimo colpendo d’esterno sinistro, la palla carica d’effetto saetta lungo lo specchio della porta, si infila alta nell’angolo sinistro, squarcia vistosamente la rete e spegne la sua incredibile potenza contro la Torre di Scolta che orna il Leo a tramontana».
Virigilio Felice Levratto, eroe dell’epopea vadese, autore del gol decisivo e all’epoca 18enne, sfrutterà la vittoria della Coppa Italia per perseguire una carriera di successo. Vestirà le maglie di Genoa (all’epoca Genova 1893), Ambrosiana-Inter e Lazio e con la maglia azzurra della nazionale maggiore, vince il bronzo olimpico alle Olimpiadi di Amsterdam nel 1928.
Il Vado di Levratto, dei fratelli Babboni realizza così un’impresa storica, che tuttora rimane unica: dando un’occhiata all’albo d’oro del trofeo, infatti, il Vado è l’unica squadra a non aver mai militato nella massima serie ad aver messo le mani sulla Coppa Italia. A quel Vado, che nel 1922 aveva vinto anche il campionato di Promozione (all’epoca seconda serie nazionale), non sarebbe mai riuscita la scalata fino ai vertici del calcio italiano.
La vita nelle serie minori
Da allora il Vado non ha più toccato il cielo, rimanendo una discreta squadretta di dilettanti, ma, grazie alla grande passione del calcio del territorio, ha formato personalità importanti del nostro calcio; come quella del portiere Valerio Bacigalupo per qualche amichevole prima di passare al Torino, o Pedro Luis Rossi, diventato dirigente del River Plate di Buenos Aires o quella di Vessillo Bartoli, per anni allenatore della nazionale paraguayana.
Il Vado non ha mai partecipato ad un campionato di Serie A, pur prendendo parte a 4 campionati di Seconda Divisione tra il 1922 e il 1926. La storia recente degli ‘stellati’, però, ci parla di un progetto serio, determinato a far rinascere la storica società: La vittoria del campionato di Eccellenza ligure nel 2018-2019 ha riportato la squadra nella massima serie dilettante. Dopo tre partecipazioni deludenti, due retrocessioni e altrettanti ripescaggi, il Vado è riuscito, pochi giorni fa, a vincere i Playoff di Serie D, strappando una candidatura per un eventuale ripescaggio tra i professionisti. Questo traguardo è la ciliegina sulla torta di un campionato solido e importante, concluso al quarto posto. Quella Serie C che manca dal 1947-48 è un sogno che oggi sembra essere più vicino.
Nella sede del Vado, in attesa di nuovi trionfi, rimane protetta in una teca una copia di quella coppa consegnata nel 1992 dalla Federcalcio italiana. Nonostante il trofeo originale venne concesso alla patria, per farlo fondere, nel 1935, nessuno potrà mai dimenticare la storia di quegli uomini capaci di vincere la prima edizione della Coppa Italia.