Se ci fosse bisogno di scegliere una parola per descriverlo, sarebbe senza dubbio precocità. Daichi Kamada è uno che brucia le tappe da sempre, con grande rispetto e senza mai alzare la voce. Però con ottimi risultati. Un giapponese tipo. Nasce a Ehime, città da un milione e mezzo di abitanti, e a tre anni già è nella squadra di calcio locale. Merito del padre, professore di educazione fisica e grande appassionato di calcio, che gli ha messo un pallone in mano fin dalla culla.
Il matrimonio, gli studi e le prime difficoltà in Germania
Inizia a giocare nelle giovanili del Sagan Tosu, poi nel 2017 lo scova l’Eintracht e lo porta in Bundesliga. Lui aveva 21 anni e studiava ancora. Non ha mai mollato l’università, anzi nella sua testa l’idea sarebbe stata quella di continuare. Sceglie però di andare in Germania, la passione per il calcio supera tutto il resto. Prima di partire però, si sposa. Un anno dopo, a 22 appena compiuti, è già padre di famiglia. Come detto, precocità al potere.
Oggi Daichi è uno dei leader dell’Eintracht Francoforte, anche se il percorso non è sempre stato facile. Il primo anno passa solo per la Germania, viene spedito in Belgio al VV Sint-Truiden, dove da seconda punta brilla con 16 squilli. L’Eintracht se lo riprende, ma Kamada continua a fare fatica. Nel suo ruolo, trequartista puro, è chiuso da Boateng e a centrocampo mancano muscoli e struttura fisica. Lui è un artista del pallone, non uno da lotta. Anche se negli anni ha imparato a non tirare più indietro la gamba.
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Kamada e l’interesse del Milan
Dal 30 giugno Kamada sarà svincolato. In questa stagione ha chiuso con 9 gol e sette assist tra campionato e coppe, ha su di sé gli occhi e le attenzioni di mezza Europa, il Milan sembra intenzionato a voler bruciare la concorrenza e piazzare l’affondo decisivo. Curiosità: da quando è all’Eintracht Daichi ha segnato solo 20 gol in Bundesliga, in 130 partite, e 14 in Europa, in 31 apparizioni. Praticamente un gol ogni due gare. È quindi uno che si esalta nelle grandi notti, che non teme palcoscenici importanti. Per conferma chiedere all’Arsenal, gelato all’Emirates nel 2019 proprio da una doppietta del giapponese. San Siro e la musichetta della Champions lo aspettano. Sono come la Criptonite per giocatori così.
Classe da numero 10, ma grande duttilità
Glasner quest’anno lo ha utilizzato ovunque. Regista, esterno alto a destra o a sinistra, trequartista, mezza punta o falso nove. Insomma dove lo metti sta. Gli basta uno sguardo per farsi capire. Si esalta se libero di spaziare, magari dietro a una punta, con la possibilità di buttarsi dentro e attaccare lo spazio. Lo ha fatto bene in Belgio al primo anno lontano da casa, lo ha replicato con l’Eintracht con il passare del tempo. Duttilità come parola d’ordine. Nel 4-2-3-1 di Pioli potrebbe giocare su tutto il fronte d’attacco, anche largo a sinistra per far rifiatare Leao, ma all’occorrenza potrebbe abbassarsi anche nei due di centrocampo. La sua heat map lo vede spesso – nel 70% nei casi – impegnato al centro tanto da registra quanto da fantasista dietro le punte, mentre il restante 30% è diviso tra la fascia e l’attacco.
Un tipo fin troppo rispettoso
Una delle cose per cui spicca è il rispetto. Ti colpisce, quasi ti spiazza. Tipico dei giapponesi. Pare che in spogliatoio all’Eintracht dia del lei ad Hasebe, suo compagno, e storico giocatore della nazionale. «Lo vedevo in televisione quando ero piccolo. Ora è un sogno per me poter condividere lo spogliatoio, ma a dargli del ‘tu’ proprio non ci riesco». Giusto per inquadrare il personaggio. E chissà quando lo chiamerà Maldini o se dovesse incontrare Ibra. Non è difficile immaginare la sua reazione e il suo comportamento. Con entrambi avrebbe in comune la precocità. Paolo lo segue da un po’, Zlatan saprà come spronarlo.