Il Brighton, in questa stagione, ha scritto la storia del club. Sesto in campionato, qualificato alla prossima Europa League e, soprattutto, capace di incantare migliaia di appassionati grazie a un calcio ammaliante. Questo successo porta la firma italiana di Roberto De Zerbi. Pep Guardiola, in una recente intervista, lo ha definito uno ‘chef stellato’; noi ci siamo immersi nella filosofia del club grazie al ‘sous-chef’ Andrea Maldera, secondo allenatore e stretto collaboratore di Roberto.
Il volo dei gabbiani
Risultati tangibili e concreti, attestati di stima provenienti da qualsiasi canale disponibile: addetti ai lavori, giornalisti, tifosi ed ex calciatori. Chiunque abbia seguito la stagione dei ‘seagulls’ è rimasto impressionato dal dominio territoriale imposto, in ogni partita, dalla squadra di De Zerbi. «Noi siamo sempre stati talmente presi dal lavoro quotidiano, necessario a raggiungere i nostri obiettivi, che non abbiamo avuto tempo materiale per considerare ciò che veniva detto all’esterno. Chiaramente ne siamo consapevoli, abbiamo letto molti complimenti e ci fanno molto piacere. Allo stesso tempo, però, conosciamo il calcio e come le situazioni possono cambiare in poco tempo. Dobbiamo rimanere coi piedi per terra, concentrati sulla nostra strada». Le sue parole trasudano umiltà e consapevolezza, caratteristiche chiave anche del successo del Brighton. «Non ci aspettavamo di arrivare tra le prime sei in questa Premier League, è stato un percorso incredibile. Parlare solo di risultati però, risulta riduttivo nel nostro caso. La nostra vittoria più grande è stata l’autostima che ogni giocatore, e di conseguenza tutta la squadra, ha sviluppato. Questo ci ha permesso di giocarcela con qualsiasi avversario, in qualsiasi stadio».
Giocatori giovanissimi, ricchi di talento, come Enciso, Ferguson e Mitoma, sono stati supportati e convinti a sposare le idee dello staff italiano dai ‘vecchi’, primi a credere nella filosofia proposta. «Il merito più grande va ai giocatori. Per la disponibilità e la volontà con cui si sono calati in questo nuovo percorso. Inizialmente c’era un po’ di curiosità e di diffidenza. In questo Roberto è stato bravissimo e ha cercato di conoscere a fondo le persone, prima di imporre le proprie idee». Quando un gruppo di uomini condivide gli stessi valori e, attraverso gli stessi ideali, lotta per un obiettivo ambizioso, i risultati spesso vengono da sé. Il Brighton, nella seconda parte di campionato, ha raggiunto una consapevolezza e un’autorità risultate decisive per dominare le partite. A partire dall’impostazione, con i due difensori centrali sempre pronti a sfidare gli avversari, passando per l’occupazione territoriale dei centrocampisti, per arrivare ai movimenti, complementari, degli attaccanti. «Nella partita col City, giocate due settimane fa, noi venivamo da una settimana di festeggiamenti per il traguardo europeo raggiunto. Non scherzo dicendo che ci siamo allenati una volta, senza fare tanto. Quando abbiamo letto la formazione del City abbiamo iniziato a preoccuparci; il primo quarto d’ora ci hanno massacrato, sembrava di essere dentro un flipper. Nonostante tutto ciò, nonostante stessimo affrontando una delle squadre migliori al mondo, abbiamo fatto una partita pazzesca. Lì abbiamo capito che la squadra era completamente dentro al progetto». Il gol del pareggio porta la firma di Enciso ma, riavvolgendo il nastro dell’azione, si nota chiaramente l’impronta di De Zerbi. Azione che parte dal portiere, si sviluppa in avanti fino a raggiungere il terminale offensivo; la palla torna nella metà campo difensiva, attirando nuovamente i ‘citizens’, e libera spazio tra le linee del City.
Questo è il momento in cui la palla raggiunge Enciso che, con una prodezza balistica, realizza la rete che sancisce il pareggio. Oltre al rispetto, dimostrato con le parole di Guardiola, la più grande ammissione di bellezza del lavoro del Brighton arriva dagli spalti: In un video, registrato dal retro della porta, si vedono i tifosi del City che, quasi rassegnati, non possono far altro che applaudire la stupenda rete del Brighton.
La barriera linguistica
De Zerbi è un allenatore passionale e ha il bisogno di riuscire a trasmettere, attraverso gesti e parole, le sue emozioni ai giocatori. L’iniziale barriera linguistica poteva essere un grande ostacolo per il lavoro dello staff italiano. «Roberto ha seguito corsi intensivi di inglese per cercare di migliorare, prima possibile, la sua conoscenza. Io lo parlavo discretamente bene ma è chiaro che la figura dell’interprete, soprattutto inizialmente, è stata fondamentale. Purtroppo però, questo filtro, fa perdere qualcosa sotto il punto di vista caratteriale ed emotivo. La voce e il linguaggio del corpo sono alla base del metodo di lavoro di Roberto e il suo costante miglioramento linguistico è stato importante per la crescita della squadra». Lui e il suo staff vengono sempre valutati in base ai risultati, perché questo è ciò che la gente vede, ma il grande lavoro, che ha permesso al Brighton di diventare una delle squadre più interessanti d’Europa, va analizzato molto più in profondità. «Credetemi quando vi dico che gli aspetti tecnico-tattici formano un 30% di tutto ciò che fa Roberto. È un gran lavoratore, molto leale e pretende tantissimo, in primis da sé stesso. I giocatori inevitabilmente si legano a lui». Tutti questi traguardi raggiunti, calcistici e umani, acquistano ancor più valore se pensiamo alla difficoltà del massimo campionato inglese.
Maldera racconta l’adattamento alla Premier
Ogni partita è difficile e diversa. Puoi vincere e perdere contro tutti, non esistono partite facili. Anche grazie al meraviglioso pubblico che crea, in ogni stadio, un’atmosfera tanto magica quanto ostile. L’esordio del Brighton di De Zerbi è arrivato ad Anfield, uno degli stadi più iconici e caratteristici del mondo. Il prezioso 3-3 conquistato a Liverpool ha fatto crescere la fiducia e l’autostima dei calciatori, facendogli capire che potevano giocarsela ovunque. «Sono rimasto impressionato da Elland Road, casa del Leeds, e da St. James’ Park, del Newcastle. Non riuscivamo a parlarci in panchina, a pochi metri di distanza l’uno dall’altro. Sono ambienti che fanno venire la pelle d’oca».
La Premier League custodisce un’usanza, antica e speciale, legata ai propri stadi. Spesso, al termine delle partite, gli allenatori delle due squadre si incontrano nella ‘pancia’ dello stadio per discutere di quanto visto, di fronte a un bicchiere di vino. In attesa di incontrare Guardiola, dopo il match d’andata perso per 3-1, Andrea ha assistito a una scena significativa: «in quella partita, nonostante la sconfitta, è scattato qualcosa nella testa dei nostri giocatori. Non venivamo da un momento felice, avevamo perso in casa col Tottenham e faticavamo a ottenere risultati. Al termine Guardiola ha aspettato alcuni dei nostri ragazzi, che lui già conosceva, per dirgli di continuare a seguire Roberto perché è un allenatore forte e molto preparato. Un momento ‘intimo’ che ha dato tanto valore al nostro lavoro. La settimana seguente, infatti, battemmo il Chelsea 4-1».
Tanti sono i successi arrivati durante l’anno, dalla vittoria in casa dell’Arsenal ai successi sul Liverpool. Tuttavia la partita che ha reso più orgogliosi i componenti dello staff di De Zerbi è stata la semifinale di Fa Cup contro il Manchester United, terminata con una sconfitta ai rigori. «In quella cornice, contro avversari del genere, abbiamo giocato una partita sensazionale. Abbiamo avuto il dominio territoriale del campo per l’intera durata della partita e i ragazzi sono riusciti a mettere in campo tutti i nostri concetti. 90’000 persone sugli spalti, metà bianco-azzurri e metà rossi. Parlare di quel giorno mi fa venire ancora la pelle d’oca. È stata senza dubbio una di quelle partite che ricorderò per sempre».
In quel pomeriggio, già storico grazie al turno raggiunto, la fortuna non ha aiutato il Brighton. La sconfitta ai rigori che ha fatto sfumare la possibilità di giocarsi una finale così importante, rimane tuttora un rimpianto per i ‘seagulls’. Grazie alla fiducia acquisita, che ormai da tempo permeava tutto l’ambiente del Brighton, la squadra è riuscita a ripartire e ha conquistato sul campo la qualificazione alla prossima Europa League.
La forza delle idee
Guardiola rappresenta il punto di riferimento per De Zerbi e il suo staff. Non solo per lo stile di gioco, simile ma allo stesso tempo molto differente, ma anche per il modo in cui Pep vive e interpreta le partite. Crede fortemente nelle proprie idee e, come Roberto, è costantemente alla ricerca di modi per migliorare. «Oggi si sente spesso parlare di mode, di costruzione dal basso e di possesso palla. Qualcuno viene criticato e qualcuno elogiato. Io credo che uno debba fare ciò che crede giusto, cercando di sfruttare i mezzi che possono portarti al tuo obiettivo. È giusto che tu lo faccia e che tu lo sappia insegnare; Roberto crede molto nel controllo della partita attraverso il possesso palla. Crede che i giocatori siano più focalizzati e più coinvolti mentalmente nei 90 minuti, se devono gestire il pallone. Dietro a questa idea c’è un lavoro meticoloso; noi guardiamo ogni singolo dettaglio e cerchiamo di trasmettere tutto ai calciatori. Oggi i nostri difensori sanno riconoscere la pressione avversaria e, allo stesso tempo, la associano agli eventuali spazi liberi da occupare». Il Brighton però non è solo movimento della palla in orizzontale e ha dimostrato più volte di saper essere anche molto verticale. Il gol di Mitoma contro il Brentford, arrivato grazie a un lancio direttamente dal portiere, è la prova di questo concetto. Il possesso di De Zerbi viene abbinato all’occupazione del campo, variabile in base alle diverse pressioni avversarie, che spesso permette di creare zone di campo libere da attaccare. «Il giocatore da noi rimane al centro, ha sempre la libertà di scegliere, ma lo fa all’interno di un contesto organizzato». Il coraggio, elemento chiave che i giocatori devono possedere per interpretare il calcio di De Zerbi, è stato dimostrato soprattutto attraverso la fase difensiva. Nella conferenza stampa, dopo la vittoria all’Emirates, De Zerbi stesso ha definito coraggioso Colwill, giovane difensore classe 2003, che per tutta la partita ha abbandonato la sua posizione abituale per marcare Odeegard, seguendolo fino alla sua area di rigore.
Entrare all’interno di questo mondo, fatto di schemi ed emozioni, ci è servito per conoscere da vicino l’incredibile successo raggiunto dal club. In poco tempo, Roberto e i suoi collaboratori, hanno portato i propri calciatori a un livello mai raggiunto prima. Questa crescita reciproca ha influenzato tutte le aree della società che oggi guarda al proprio futuro con grandi ambizioni. Il nono posto dello scorso anno sembrava un traguardo insuperabile. Quest’anno sono arrivati il sesto posto, la semifinale di Fa Cup e la qualificazione europea. Tutto questo è stato raggiunto nei pochi mesi di gestione ‘italiana’. L’anno prossimo il Brighton affronterà la sua prima campagna europea, ed è solo l’inizio.