Quando entri nel campo di allenamento del Siviglia e alzi la testa verso la tribuna, senti un peso, come fosse un brivido che ti attraversa la schiena. «Devo esserne all’altezza. Dare tutto come ha fatto lui per una vita». Il lui in questione è Jesus Navas, oggi capitano e bandiera della prima squadra del Siviglia, nonché il canterano con più presenze nella storia del club. Si può capire quindi l’emozione di un ragazzo che entra in campo per allenarsi lì per la prima volta. Ma è formativo. Insegna che ci si può arrivare, con costanza, fedeltà e dedizione. È una questione di valori, ma anche di cuore.
Il Siviglia, lui e poi il resto del mondo
Se si guarda l’albo d’oro dell’Europa League il nome di Jesus Navas è sotto solo a quello della sua squadra: il Siviglia, lui e poi il resto del mondo. La capolista è staccata a quota sette, poi c’è Navas a quattro e poi Inter, Juventus, Liverpool e Atlético Madrid, tutte squadre che hanno vinto il trofeo per tre volte.
Con il club andaluso ha alzato due Coppe del Re, due Supercoppe Spagnole, una Supercoppa Europea e quattro Europa League – l’ultima una settimana fa a Budapest – dopo la vittoria ai rigori contro la Roma di José Mourinho. Questi quattro successi in Europa League lo rendono il giocatore più titolato di sempre nel torneo, insieme a José Reyes e Kevin Gameiro.
La prima vittoria europea di Jesus Návas con il Siviglia risale alla stagione 2005/2006, quando la squadra andalusa sconfisse per 4-0 a Eindhoven il Middlesbrough con le reti di Kanouté, Luis Fabiano e una doppietta di Enzo Maresca. Navas solo aveva vent’anni eppure era già titolare: giocò 12 partite, finale compresa. L’anno dopo, stesso copione. Otto partite disputate e un assist decisivo nella finale vinta contro l’Espanyol (2-2 ai tempi supplementari e poi 5-3 ai rigori per Siviglia).
Ritorno e rapimento fino al Pizjuán
Poi l’addio in direzione City, quindi il ritorno a casa quattro anni dopo. Con tanto di video del club per festeggiare il suo acquisto, in cui veniva simulato un rapimento con Jesus che veniva liberato solo una volta arrivato dentro al Pizjuán. Della serie: adesso non puoi scappare, finché non arrivi in campo non ti molliamo.
Il suo sorriso di quel giorno valeva più di mille parole. Sembrava dire «tranquilli, resto qui e riprendiamo a vincere». Così è stato. Si è dedicato alla causa, con abnegazione e senso del dovere. Tanto da cambiare ruolo, da esterno alto a terzino, per vivere una nuova giovinezza. E continuare a vincere, stavolta da capitano. La prima nel 2020 contro l’Inter di Conte, la seconda mercoledì scorso contro la Roma. La foto è sempre la stessa. Lui, sorridente, con la maglia del Siviglia e una Coppa in mano. È scritto nella storia sua e del club. Chi arriva lo impara, semplicemente alzando gli occhi e guardando il nome scritto sulla tribuna. Resterà per sempre.