Li chiamano il Miracolo del deserto o Gli immortali. A circa 1.200 km da Santiago del Cile percorrendo la Ruta 5 verso nord sorge El Salvador, una città mineraria che si trova a 2.600 metri sul livello del mare nel bel mezzo del deserto di Atacama e ha una popolazione di circa 7mila abitanti. La forma di questa città guardata dall’alto ricorda quella di un casco da minatore. Una zona in cui spesso manca l’acqua potabile, soggetta a blackout e anche a frane e terremoti, come quello del 2010 quando 33 operai rimasero intrappolati nella miniera per 70 giorni dopo una frana. Una vicenda che tenne col fiato sospeso il mondo e che poi venne utilizzata per uno spot motivazionale per caricare la Roja a Brasile 2014. È qui che gioca il Cobresal, la squadra creata come passatempo per i minatori negli anni Settanta durante la dittatura di Pinochet e che oggi sta riscrivendo la geografia del calcio cileno con il primato in classifica a 11 giornate alla fine del campionato.
Cobresal, la squadra dei minatori con un nome particolare
Cobre è il termine castigliano per identificare il rame, e sal richiama il nitrato di sodio estratto nella regione. Si tratta di un club nato nel 1979 grazie alla più grande compagnia mineraria del mondo: la Codelco. Oltre 30 campionati in Primera, una coppa del Cile vinta nel 1987 con in campo un giovanissimo Zamorano dopo la prima partecipazione alla Copa Libertadores nel 1986 quando vennero eliminati al primo turno ma senza mai perdere un match. Un record di imbattibilità nella massima competizione sudamericana interrotta 30 anni dopo solo dal Corinthians. Nel 2015 è arrivato il primo titolo nazionale, proprio quando il rischio di scomparire era più concreto e in uno dei momenti più difficili di El Salvador dopo l’alluvione che costrinse la squadra a disputare le gare lontano dallo stadio Cobre, salvo poi tornarci per l’ultima giornata per alzare il trofeo.
Cobresal, la svolta nel 2021 e la rinascita per mano di Huerta
La Codelco aveva annunciato che la miniera di El Salvador non fosse più redditizia per via del calo del valore del rame e a partire dal 2016 avrebbe potuto smettere di finanziare la squadra. Dopo anni in cui si ventilava la possibilità di fondere il club con altre realtà del territorio, addirittura con i rivali del Cobreloa, o di trasferirlo in un’altra sede, nel 2021 la Codelco ha ufficializzato l’inizio del progetto Rajo Inca con un investimento da un miliardo e mezzo di dollari, che ha permesso di far rinascere la miniera dichiarata esaurita nel 2005, dandole vita almeno fino al 2065. Ossigeno puro per Los Mineros.
Il Cobresal gioca le sue partite in casa allo stadio Cobre. Un impianto che ricorda sempre più una cattedrale nel deserto. Una capienza di 20mila posti necessaria per le competizioni internazionali, ma con una media spettatori bassissima, visto che contiene 3 volte gli abitanti di El Salvador. Per qualcuno questa città nel deserto più arido al mondo può essere l’inferno. Ma non per Gustavo Huerta. «Ho tanti amici che mi dicono: ‘come fai a vivere qui?’ Per me è un paradiso, le condizioni di lavoro al Cobresal sono spettacolari, non dobbiamo invidiare nessuno, abbiamo tutto», pensieri e parole dell’allenatore albinaranja al portale cileno EnCancha.cl che ha stabilito un record nel calcio cileno: 6 anni consecutivi sulla stessa panchina, quella del Cobresal sulla quale si era seduto anche in altre 3 occasioni in passato. Da giocatore aveva vinto con il club la Copa Chile al fianco di Zamorano e ora dopo la promozione del 2018 sogna di vincere un titolo che manca da 8 anni.
Un rendimento che sorprende, visto che la rosa è composta da giocatori che hanno militato in seconda divisione. Ma negli ultimi anni il Cobresal ha migliorato anche il proprio settore giovanile. Se poco tempo fa i ragazzini si allenavano a Puente Alto, nella zona metropolitana di Santiago, oggi si allenano a El Salvador e possono essere visionati da Huerta, che forse non aveva tutti i torti. Cobresal assomiglia a un’oasi nel deserto.