Durante la pausa per le Nazionali abbiamo intervistato Pantaleo Corvino, 73 anni, responsabile dell’area tecnica del Lecce che nella sua storia non era mai partito così bene in Serie A. Ci ha parlato di lui e del suo modo di lavorare.
Tutti quei colpi a sorpresa
«Talenti balcani? Il mio pellegrinaggio dei mercati alternativi parte da lontano, da tantissimi anni. All’epoca non era facile arrivare in Bulgaria a fine anni ‘90. Serviva e serve fare il mercato delle idee più che del portafoglio».
La gavetta
«Son partito dalla Terza Categoria e ho raggiunto 4 volte la Champions League. Durante il periodo con la Fiorentina ho avuto la possibilità di arrivare in un club di élite. È l’unica cosa che mi manca, non lo rimpiango ma è l’unico traguardo che mi è mancato. È stata una mia scelta non andare in quei club, ma io non ho voluto tradire chi ha sempre avuto fiducia in me. Ho deciso di rispettare il mio contratto».
«Sono figlio degli algoritmi, è importante prendere qualche spunto dalle casistiche e dal mondo dei dati ma a noi piace soprattutto testare con mano. Mi piace andare a seguire e vedere i giocatori. Vivo in sede, vivo suo campi. Seguo la Prima Squadra, il settore giovanile. Siamo stati un po’ penalizzati dal Covid, perché ci teniamo molto a toccare con mano».
«L’uso del telefono? Con mia moglie a volte mi tocca spegnerlo o metterlo in silenzioso. A casa sto davvero poco, ma il telefono è importante perché è lavoro. Poi ormai…»
Gli inizi
«Vengo dal marciapiede, non sono nato con la cravatta. Ho iniziato a 25 anni a fare questo lavoro, ho fatto almeno vent’anni nei dilettanti. Coi primi soldi guadagnati ho pensato ai miei figli e fargli casa, a migliorare poi la mia che mi aveva lasciato mio padre da cui non mi sono mai voluto spostare. Diciamo che la maggior parte degli investimenti sono stati quelli per migliorare la parte abitativa. Noi del sud siamo molto legati alla casa quindi avendo figli e nipoti, io ho cercato di fare qualcosa per loro».
Intervista di Matteo Zorloni