Ci sono attimi che possono cambiare tutto, rovesciare ogni schema e programma. Per poi, magari tornare di nuovo al loro posto, anche se in modo diverso. In questo caso sono due le parole che raccontano meglio di ogni altra cosa quello che Daouda Peeters ha vissuto e che l’ha portato fino a qui. «Nuova vita». Lo ripete spesso durante la chiacchierata e lo fa con occhi consapevoli e orgogliosi, di chi ha passato di tutto e ora finalmente vede la luce. «Ho avuto paura di morire. Sono sempre stato in salute, poi da un giorno all’altro è cambiata ogni cosa».
«Sono caduto e non riuscivo più a camminare, non sentivo più niente»
Ma inquadriamo il contesto, per prima cosa. Daouda – centrocampista classe ‘99 – oggi è tornato a giocare e lo fa nel Sudtirol in Serie B, ma per due anni ha lottato con la sindrome di Guillain-Barré. Una rara malattia che colpisce il sistema nervoso periferico. Peeters l’ha avuta nell’ottobre di due anni fa, quando ne aveva 22 ed era in prestito allo Standard Liegi. Andava tutto bene poi, in un paio di giorni, il buio.
«Un giorno in allenamento le mie gambe hanno smesso di funzionare. Sono caduto e non riuscivo più a camminare, non sentivo più niente. Il momento più brutto della mia vita è cominciato dal nulla, perdevo equilibrio e forza nella corsa e nel tiro».
«Ti confesso che per tanto tempo non ho visto la luce»
E lì pensi alla vita, il resto è marginale. «Ho rischiato di non poter riprendere a camminare, sono stato due settimane bloccato a letto. In tre giorni ho perso completamente l’uso delle gambe. Non senti i piedi, il nulla dalla vita in giù. Sai poi non esiste una cura, quindi ci puoi fare molto. Se non pregare. E nessuno ha mai capito la causa della mia malattia. Pero poi piano piano c’è l’ho fatto ed è iniziata una lunga riabilitazione, ma ti confesso che per tanto tempo che non ho visto la luce. Pensavo fosse finita. Anche se i dottori ti dicono che ce la farai, non è facile convincersi mentalmente che sarà così e che andrà tutto bene».
Daouda ha scelto di rendere pubblico il dramma personale, di raccontarsi, dimostrando coraggio e determinazione nel condividere con tutti un’avventura imprevista che può cambiarti la vita. «Ho avuto paura, non lo nascondo. Anche la Juve mi ha aiutato tanto, ho sentito tanta vicinanza da parte di tutto il mondo del calcio. Il problema è stato anche mentale. È difficile accettare che sia successo a te e chiedi perché. Mi ha fatto tanto bene parlarne. Ricevo tanti messaggi di ragazzi che mi chiedono di raccontare la mia storia, magari per avere una speranza e un esempio di ce l’ha fatta».
I messaggi dal mondo del calcio, da Lukaku a Danilo
Tornare a giocare a calcio era l’ultimo passo. Peeters ce l’ha fatta entrando al 95’ in casa della Ternana a più di 500 giorni dall’ultima volta. «Ho chiamato mia mamma appena finita la partita. Lei è una di quelle persone che ha seguito ogni passaggio della mia guarigione. È stato meraviglioso tornare a sentirsi calciatore. Ho ricevuto tantissimi messaggi. Il più bello? Uno molto lungo di Lukaku. Mi ha dato molta forza. Anche uno di Danilo, che è stato mio compagno alla Juventus».
Già, la Juve. La squadra dove ha esordito in A e che è proprietaria del suo cartellino. «È stato il giorno più bello della mia vita. Avevano già vinto lo scudetto, ma sai cosa vuol dire per un ragazzino esordire accanto a gente come Cristiano Ronaldo, Dybala o Chiellini? Sono stato anche il primo belga della storia della Juventus. È stato come vivere un sogno. Quello che ti impressiona più di tutti è Paulo. Non sbaglia mai la giocata, te la dà sempre pulita. A volte in allenamento faceva delle cose che mi chiedevo ‘ma come ha fatto?’. Sembrava di stare alla PlayStation».
«Spero che quella di Terni sia la prima di tantissime».
Quando parla della Juve sorride, ricorda e si emoziona. «Il mio desiderio è quello di tornare a giocare ad alti livelli, devo solo avere pazienza. La cosa brutta di fermarti per un anno e mezzo è che vedi gli altri che vanno avanti e tu ti sei impotente. Ma vabbè, ormai è andata così. In futuro mi auguro di poter giocare di nuovo in Serie A e… magari anche in nazionale». Quando sei fermo guardi il mondo che va al doppio della velocità, l’intelligenza sta nel capire come sfruttare quel tempo per crescere. «Ho sempre cercato di non abbattermi, anche quando tutto faceva pensare che non sarei tornato. E invece oggi eccomi qui. Spero che quella di Terni sia la prima di tantissime».
Con i Diavoli Rossi, che ora stanno rinnovando e ringiovanendo la rosa, Daouda ha fatto tutta la trafila fino all’U21. «Tanti miei ex compagni ora sono in nazionale maggiore. Conosco molto bene De Katelaere, che giocava con me nelle giovanili del Bruges. Siamo molto amici. Gli ho fatto i complimenti dopo il primo gol con l’Atalanta, ma in generale ci sentiamo spesso».
Quella di Peeters è una lezione che ci insegna a reagire, a non abbattersi, a continuare nonostante tutto. Ma soprattutto a non nascondersi. «Spesso quando giochi e sei concentrato sul calcio non pensi a niente. E invece la vita ti sorprende, ogni tanto anche in negativo. Ma se sono qui a raccontarlo vuol dire che sono fortunato. E spero di mandare un messaggio positivo a chiunque lotti per sconfiggere qualcosa». Parola di chi di ostacoli ne ha superati tanti, superando incubi e paure. Adesso però è tutto alle spalle e la strada è in discesa. La «Nuova Vita» è appena iniziata.