Fino a pochi anni fa, Assane Gnoukouri giocava da titolare a San Siro il derby di Milano. Poi i problemi al cuore, i documenti falsi e un giro di notizie che non ha mai portato a nulla.
Provate ad immaginare: avete 16 anni, condividete il letto con 6 fratelli e vostra madre. Vostro padre è scomparso, eravate ancora piccoli e più passa il tempo, più il ricordo sbiadisce. Vi ha lasciato un’unica passione che coltivate giorno e notte per restare lontani dalle strade o da brutti giri, il calcio.
Avete 16 anni quando, durante una partita della vostra piccola squadra in Costa d’Avorio, venite notati da un ragazzo italiano: «Ehi tu, come ti chiami?». Voi, quasi timidamente, rispondete: «Assane, signore».
Dopo qualche mese, vedete tornare quell’uomo che nel tempo ha condiviso con voi la difficile realtà della Costa d’Avorio, ha mangiato a casa vostra e trascorso con voi e i vostri amici serate intere passate sognando una vita migliore. La promessa, fatta a te e a tua mamma, è una: «Vieni in Italia Assane, pensiamo a tutto noi. Ci occupiamo dei documenti, c’è una famiglia che è disponibile ad adottarti. Per prima cosa andrai a scuola, poi penseremo al calcio».
A 16 anni, riponi tutte le tue speranze nell’uomo che è riuscito a sostituire la figura di tuo padre, in chi – insieme ad un altro procuratore ivoriano – ti assicura un futuro migliore. Senza costi: hanno visto in te un vero talento del calcio. E poi, come fai a non fidarti? Quell’uomo ha trascorso giorni e settimane con te e altre decine di ragazzi in Costa d’Avorio visitando villaggi e strutture fatiscenti, ascoltando i racconti di famiglie costrette a dirsi addio e a lasciar tutto pur di avere un’altra vita.
Poi, a distanza di anni, crolla tutto. «Documenti falsi? Ma come?». E nessuno risponde al telefono. In Italia, in Costa d’Avorio, niente. Rischi di essere espulso dall’Italia. Ci arriveremo.
Ne hanno parlato in molti, senza mai interpellare in prima persona la vittima di tutto questo. Cronache l’ha raggiunto, ci ha parlato. Fra racconti, emozioni, sospiri, occhi lucidi. Ecco la vera storia di Assane Traoré Gnoukouri.
7.476 km: da Divo a… Bologna
È il 2013. Assane gioca a calcio in Costa d’Avorio, ha ancora 16 anni. Da qualche tempo ha conosciuto Giovanni Damiano Drago, un procuratore italiano che gira l’Africa per scovare i talenti di un domani. I due si conoscono, si confidano e un giorno Drago torna da lui: «Fermano la partita e Damiano si avvicina con un altro agente: ‘Assane, andrai in Italia! Ce l’hai fatta. Sei stato adottato».
Assane non trattiene l’emozione: «Ero felicissimo. Vedevo finalmente una possibilità per me e la mia famiglia». Insieme corrono a casa per informare la mamma: «Non conoscevamo la legge italiana, ma hanno spiegato tutto nel dettaglio a mia mamma: ‘Signora, non vogliamo che suo figlio venga in Italia solo per il calcio. Andrà a scuola, avrà una formazione: gli offriamo una vita migliore’. E mia mamma firma i documenti che le danno. Non c’è stato nessun tipo di problema, neanche per l’adozione – regolarmente registrata per ‘ricongiungimento famigliare’ – essendo ancora minorenne: c’era questa famiglia Gnoukouri – una coppia ivoriana con un figlio – in Italia ormai da almeno dieci anni che aveva già ospitato vari ragazzi. Vado con Drago a fare il passaporto e organizziamo tutto. Si parte!». Con lui, ci sono due ragazzi, di cui uno è anche un amico fraterno, Wilfried, suo vicino di casa e compagno di squadra.
Pensano a tutto loro: gli danno in mano passaporto, documenti e biglietto per l’aereo. Da Divo a Bologna, 7.476 chilometri. Un viaggio lungo, certo, ma che ad Assane e alla sua famiglia non costa nulla: «Non ho dovuto pagare niente, hanno fatto tutto loro. Io avevo solo un pensiero: ‘Devo aiutare la mia famiglia’. Scuola, lavoro e calcio. Stop». Atterra all’aeroporto di Bologna: «Non conoscevo mezza parola né in italiano né in inglese. Ho fatto fatica anche a chiedere un cellulare per fare una telefonata. Mi avevano dato un foglietto con un numero da chiamare al momento dell’atterraggio per farmi venire a prendere. Era il signor Gnoukouri».
Procede tutto normalmente all’inizio. Assane va a scuola, passa il tempo con Wilfried, gioca a calcio in paese e impara la lingua: «Ero tranquillo, la mia nuova famiglia aveva tutti i documenti. Certo, è stato difficile ambientarsi: non sapevo neanche come e cosa si mangiasse in Italia. Mi sono trovato benissimo, per me era come avere un nuovo papà e un punto di riferimento. Non immaginavo che avesse fatto tutto questo per soldi».
Il provino con il Marsiglia, la Serie D e la chiamata dell’Inter
Assane vive in Emilia-Romagna, gioca a calcio e va a scuola. Dopo qualche mese, Drago lo chiama: «Facciamo un provino con il Marsiglia – la sua squadra del cuore – se va tutto bene, firmi con loro». Assane non ci crede: «Per me era incredibile. Vado lì e gioco bene. Poi prima di firmare: ‘finite di sistemare i documenti in Italia, poi tornate’». Alla fine, non se ne fa nulla, ma qualcosa inizia a smuoversi e dalla delusione di non essere riuscito a giocare nel suo club preferito Assane trova la motivazione per credere ancora più in se stesso. E poi Drago e il signor Gnoukouri gliel’avevano detto: «Assane, forse è meglio che resti a giocare in Italia. Se aspettiamo il Marsiglia passerà troppo tempo».
A quel punto Assane si sposta: «Mi trasferisco a Marano, in provincia di Vicenza, per giocare in Serie D. Dopo 6-8 mesi, mi nota la Primavera dell’Inter. Organizzano un provino: vado per tre giorni a Milano». Poi, gli arriva una telefonata dal procuratore: «Assane, ce l’hai fatta! L’Inter ti vuole prendere». Non trattiene le lacrime, ricorda la promessa fatta alla mamma, la sua Costa d’Avorio lasciata solo un anno prima, i suoi fratelli, il letto dismesso sul quale dormivano tutti insieme. Assane è solo in Primavera, ma è la Primavera di un top club italiano: «Wow! L’Inter, incredibile. Damiano, però, aspetta: fammi finire il campionato a Marano. Poi firmo». Così finisce la stagione e poi partecipa al torneo di Viareggio con l’Inter di Vecchi. Gnoukouri fa bella figura, l’Inter è convinta di essersi assicurata un altro grande talento. Tutti sono felici. Per ora.
È l’estate del 2014, Assane firma un contratto di tre anni. Il rinnovo – fino al 2020 – arriverà dopo appena 10 mesi di Primavera.
Mazzarri, papà Mancini e quel derby da titolare
Nel primo anno con i nerazzurri, Assane gioca nella formazione di mister Vecchi. Fa il centrocampista, imposta il gioco, ama i lanci lunghi e ogni tanto si toglie lo sfizio del gol: «Sono cresciuto in Costa d’Avorio ammirando Zidane e De Rossi, i miei idoli». Alla guida della prima squadra c’è Walter Mazzarri: «Non è che ci abbia mai proprio parlato a dire il vero, ma con lui ho fatto la prima panchina in Serie A in un Parma-Inter. So solo che mi chiamava ‘Bimbo’ durante gli allenamenti». Il padre calcistico di Gnoukouri, però, è sicuramente Roberto Mancini che sul finire della stagione 2014/15 ci punta: «Fra marzo e aprile 2015 vado fisso in prima squadra. Mancini mi fa esordire l’11 aprile 2015 a Verona contro l’Hellas. Passa giusto una settimana e gioco da titolare a San Siro il derby contro il Milan. Sai, per carità, esordire a Verona era difficile… però quando ti dicono che sarai in campo dal 1’ contro il Milan è tutta un’altra cosa. Immagina: la prima da titolare in Serie A, al Meazza, con la maglia dell’Inter, nel derby. Avevo una paura!». Come sempre il pensiero va alla mamma: «Poco prima di andare allo stadio chiamo mia madre ridendo: ‘Prega per me eh! Che se non gioco bene, torno giù. Preparati. Però dai, se faccio bene, mi tengono’. All’ingresso in campo, mi sono detto: ‘Assane, fai bene il primo controllo. Se non lo sbagli, poi giochi tranquillamente’. E così è stato».
A Mancini questo Gnoukouri dalla Costa d’Avorio piace. Ci crede. E Assane sente la sua fiducia. Gioca anche contro la Roma: «Per me era incredibile aver conquistato Mancini. Fino ad un anno e mezzo prima, il derby l’avevo visto solo dalla tv in Costa d’Avorio. I tifosi, il campo, gli avversari: tutte cose che avevo visto in televisione. Giocavo contro gente come Mexès e De Jong oppure con compagni come Vidić e Podolski».
Di quel 19 aprile 2015 Assane si ricorda tutto nei minimi particolari: «La mattina del derby mi si avvicina Mancini: ‘Oh, giochi tu stasera eh!’. Credevo scherzasse, ma era serio: ‘Chi? Io? Ma davvero?’. E lui: ‘Che hai paura?’. ‘No, no’. E invece le gambe hanno iniziato a tremare. ‘Dai eh, tocca a te’. Non fu un derby belissimo, finì 0-0, ma io giocai bene. Da dopo la sfida contro la Roma, tutti parlavano di Gnoukouri».
Mentre gioca nell’Inter di Mancini, Assane conquista anche la Nazionale della Costa d’Avorio. E in tutta questa storia, delicata e sofferta, ogni tanto tira fuori un aneddoto divertente: «Stavo tornando da Dubai dopo il ritiro con i Giovanissimi della Nazionale ivoriana. Atterro a Malpensa e dico a Drago di venirmi a prendere. Avevo la barba un po’ lunga, ero in tuta e con il borsone. Si avvicinano due guardie: ‘Ci dia passaporto e biglietto’. E io: ‘Amico, se mi chiedi il passaporto aprilo e guarda da dove vengo’. E loro: ‘Perché parli così?’. E io: ‘E tu perché fra tutte queste persone fermi solo me?’. Così prendo il cellulare per chiamare Drago e avvisare l’Inter che avrei ritardato. E Damiano mi fa: ‘Ma digli che fuori c’è l’autista dell’Inter’. Attacco e proprio lui mi chiama: ‘Assane, loro non sanno chi sei. Di’ che sei Gnoukouri, loro stanno lavorando… ma tu pure!’. Risolvo tutto, esco dall’aeroporto e un altro mi ferma: ‘Ehi tu!’. Per fortuna è corso il collega: ‘No, no. È Gnoukouri, lascialo andare che c’è l’Inter’. Quando arrivo alla Pinetina si avvicina Mancini: ‘Ehi Assane, che ti hanno fermato? Che c’avevi una bomba?’. E io: ‘Eh mister, sono nero’. E lui: ‘Vedi? Hai detto che non vuoi sposare una ragazza italiana… allora è così’. Siamo scoppiati a ridere». Altri tempi, è vero.
Quando ci racconta dell’Inter e di Mancini quasi si commuove. Assane a San Siro ci ha giocato davvero, aveva mantenuto la promessa fatta ai suoi veri genitori, stava riuscendo a realizzare il sogno di giocare a calcio: «Sai, c’è una cosa per cui sono dispiaciuto: io ho solo assaggiato il livello a cui volevo arrivare. Non sono rimasto al top, ma ci sono stato. Volevo giocare a calcio, basta. E invece sono stato usato: hanno pensato prima ai soldi e poi alla persona».
La famiglia Gnoukouri e l’inizio della fine: «Assane, c’è qualcosa che non va nel tuo cuore»
Fino al 2015, la storia di Assane è luminosa: il ragazzo promette bene, si toglie le sue prime soddisfazioni. Una di quelle storie dei suoi tanti connazionali, partiti dalla Costa d’Avorio per diventare stelle del calcio europeo. Di ombre, macchie, problemi con la giustizia non c’era neanche traccia prima della fine del 2016.
«Al mio arrivo in Italia la famiglia Gnoukouri aveva tutti i documenti necessari. Mi avevano accolto bene, mi avevano adottato per garantirmi una vita migliore. Quando sei un ragazzino non pensi che possa esserci gente che faccia queste cose per soldi. Per me era solo una questione d’amore». E Assane, di quell’amore che riceve, prova a ridarne un po’ indietro: «All’inizio del mio contratto con l’Inter prendevo circa 10mila euro al mese. Ho iniziato a pagare io la casa alla mia famiglia e quando a mio papà servivano dei soldi per una macchina nuova, gli ho dato 30mila euro. Non ci ho pensato neanche due volte, per me era normale. Se avessi saputo o solo immaginato qualcosa prima… che fosse tutto business e nient’altro».
Già ma cosa succede? Andiamo con ordine. Sul finire del 2016, mentre è sotto contratto con l’Inter, Assane si insospettisce un po’ perché non riesce a ricevere quanto pattuito. Ne parlava con Drago e suo padre: «Spesso non ricevevo gran parte dei soldi che mi doveva l’Inter. Non capivo perché, chiedevo a loro due ma mi dicevano: ‘Non è arrivato niente Assane, non hanno ancora pagato’. Ad una certa, capitava troppo spesso. Allora ho mandato mio fratello Wilfried – che giocava ancora nel settore giovanile e spesso dormiva nel centro sportivo – a chiedere spiegazioni ad un dirigente: ‘Ma perché non pagate Assane?’. Lui rimase stupito: ‘Ma in che senso? Guarda che noi stiamo pagando tutto regolarmente’. A me, però, non arrivava nulla. La mia famiglia in Costa d’Avorio non ha visto neanche un euro, io non so neanche come siano fatti quei soldi. Drago e Gnoukouri ancora oggi dicono: ‘L’inter non ha pagato’».
Assane è assalito da dubbi e sospetti: «Fino a quel momento gli avevo sempre creduto. Sai, sei un ragazzino che vuole giocare a calcio, all’inizio non pensi neanche ai soldi. Ho iniziato ad accorgermi di qualcosa a dicembre 2016. Ho chiamato Drago: ‘Senti, mi dici sempre che dovrei lasciare l’Inter o cambiare squadra! Ma io non vedo soldi. Tu non lavori per me! Mi dici di impegnarmi sempre di più, ma sei più vicino agli Gnoukouri e ai loro interessi che a me! Non possiamo lavorare più insieme’. E lui: ‘Ma dai Assane, della vita ne parliamo dopo eh!’. Credeva che non fossi serio, ho provato a ricontattarlo per chiedergli i miei soldi, ma non mi ha più risposto. Quella è stata l’ultima volta che l’ho sentito». Dicembre 2016, quasi 7 anni fa.
Quello, però, è solo l’inizio. Assane ha ricevuto solo una minima parte di quanto gli spettasse dall’Inter, si è fidato di chi lo aveva portato in Italia garantendogli un futuro migliore: «Ma come puoi fare una cosa del genere? Ho perso il mio vero papà, ho lasciato la mia vera famiglia e mi fai questo? Ho iniziato a cercare un altro procuratore, anche perché ero solo all’inizio. Sì, avevo qualche presenza in Serie A o in Europa, ma non ero soddisfatto».
Quelle che erano state certezze fino a quel momento per Assane iniziano a rivelarsi truffatori. Nel gennaio del 2017, Gnoukouri ha l’occasione di andare all’Udinese. Svolge le visite mediche, si trasferisce, va in panchina. Sembra tutto ok, un nuovo inizio. Ma non è così: «Dopo il primo allenamento, vado in panchina contro il Milan. Qualche giorno dopo mi dicono: ‘Assane, hai un problema al cuore’. E io: ‘Ma come?’. ‘Hai una cicatrice, non puoi giocare’. Ora, io non sono un medico ma se ti dicono che hai una cicatrice in teoria significa che il male è passato. E soprattutto io non ho mai sentito nulla fino ad oggi, cioè ho continuato a giocare in questi anni e niente».
Ad ogni modo, Assane si fida ancora. D’altronde è lo staff medico dell’Udinese che lo ferma per un problema di salute anche piuttosto serio e delicato. Torna all’Inter, ma finisce fuori rosa. Sono mesi difficili, dove Assane è solo e non vede neanche una via d’uscita: «Un giorno chiedo alla dirigenza: ‘Perché non posso fare una visita all’estero? Se serve, mi opero senza problemi così posso tornare a giocare’. E loro: ‘Ma no Assane, non è una cosa grave. Vedrai che passerà’. Basta, nient’altro. Sono rimasto in sospeso. Perché non mi hanno portato fuori dall’Italia per fare alcuni accertamenti? Se non mi volevano più, bastava cedermi all’estero così avrei potuto continuare a giocare, no? Ma c’è un’altra cosa che è molto strana: nel 2017, insieme ai presunti problemi al cuore, spunta il problema legato al mio permesso di soggiorno».
A fine 2017, Assane chiede il rinnovo del suo documento per rimanere in Italia. Non sa a cosa andrà incontro. D’altronde, gli Gnoukouri e Drago – come si ricostruisce dalle carte – hanno depositato tutta la documentazione per l’adozione, gli hanno dato un regolare visto con cui Assane – da minore – è partito per ‘ricongiungimento famigliare’. L’ambasciata italiana in Costa d’Avorio ha verificato il tutto prima di dare l’ok per partire. Possibile che tutto sia iniziato proprio al momento della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno?
«Aspettate, come questi documenti sono falsi?»
Il sogno cominciato a Divo con quel biglietto aereo inizia rapidamente a sgretolarsi. Assane non riesce a comprendere i problemi al cuore che lo costringono a restare fuori dal campo, non capisce cosa c’è che non vada con i suoi documenti e non ha più nessun punto di riferimento di cui fidarsi: «Nel 2015 io ho giocato con la Nazionale ivoriana. Sul mio passaporto c’è sempre stato scritto ‘Gnoukouri’. Ho girato il mondo con la Costa d’Avorio e con l’Inter: sono stato negli USA, in Cina, in Marocco, perfino a Dubai. Ho fatto trasferte di Europa League in giro per l’Europa, Inghilterra, Turchia, Israele. Ovunque. E di punto in bianco non è più valido? Come si spiega questa cosa?». Gli leggi negli occhi come molte delle situazioni in cui è rimasto imbrigliato siano per lui inspiegabili.
A gennaio 2017 spuntano i problemi al cuore, a fine anno quelli con il permesso di soggiorno e i suoi documenti. «Sono rimasto da solo. Ho provato a parlare con i dirigenti dell’Inter, ma niente. Un paio di volte sono andato ad Appiano, ho anche incontrato Ausilio che al volo mi fa: ‘Ehi Assane, tutto apposto?’. Come tutto apposto? Ho provato a riscrivergli ma niente. Ancora oggi, se gli mando un messaggio non mi risponde. L’unico che si era avvicinato inizialmente era stato Zanetti, avrebbe dovuto organizzare un incontro. Mai successo. In tanti anni, zero totale». All’epoca Gnoukouri era ancora sotto contratto con l’Inter: «Il mio accordo era fino al 2020. Ma nel 2018 l’Inter mi convoca: ‘Senti Assane, la Federazione ha detto che non puoi più giocare perché ti hanno ritirato il permesso di soggiorno’. Non è vero, il problema erano ancora quelle maledette visite mediche. Urlai: ‘Fatemi ripetere le visite mediche. Mi opero e me ne vado’. Niente. Mi hanno abbandonato anche loro. Ma io come potevo immaginare cosa potessero aver fatto Drago e il signor Gnoukouri con i documenti e l’adozione? A me e ai miei fratelli avevano detto: ‘Teniamo tutto noi, così sistemiamo le cose, rispettiamo le leggi ed evitiamo problemi’. Che fai? Ne dubiti? Avevano tutto loro: cellulare, passaporto, documenti».
È il 2018 e quello che sembrava un futuro talento dell’Inter e della nostra Serie A inizia ad andare su tutte le prime pagine dei giornali, ma non per quanto fatto in campo. Dei suoi problemi con i documenti ne parlano tutti, addirittura viene tirata in ballo la sua età. Non sarebbe del ’96, ma del ’94. «Quando sei sotto contratto, se c’è un problema, è la squadra che deve aiutarti. E poi, l’Inter sapeva tutto: non avevo qui neanche la mia famiglia. Voglio dire: prima di lasciare un ragazzo in strada, almeno aiutatelo con i documenti. E invece no, hanno fatto finta di niente. Mi hanno solo detto: ‘Dato che per la Federazione non puoi giocare, terminiamo il contratto’. Sai, all’inizio gli ho anche creduto, ma adesso non sono così sicuro che lo fosse. Ho risposto solo: ‘Ok, ma allora datemi i soldi che mi spettano nel contratto’. Niente, neanche quello: mi hanno versato solo 25mila euro, neanche tre mesi del mio stipendio. E allora da qui capisci che c’è qualcosa che non va: ma come? Neanche sei mesi di paga? Hanno giustificato tutto con la questione che mi mancasse il permesso di soggiorno, ma se non hai problemi di salute puoi continuare a giocare».
Drago e gli Gnoukouri: cosa c’è dietro la tratta di baby calciatori?
Assane è venuto in Italia con altri due ragazzi nel 2013. Gli Gnoukouri erano qui già da almeno dieci anni, mentre il procuratore Drago viaggiava in Africa a caccia di talenti da qualche stagione. Negli ultimi anni sono molte le inchieste che hanno rivelato come di fatto esista una vera e propria tratta di baby calciatori convinti a lasciare il proprio Paese, riempiti di promesse, portati in Europa e abbandonati al loro destino. Chi prima, chi dopo.
Falsi procuratori e false famiglie adottive creano documenti ad hoc per raggirare le leggi e non incorrere in sanzioni. D’altronde, anche per la FIFA i minori non possono essere portati in un altro Paese per giocare a calcio. Da qui, dunque, la scusa della scusa, della formazione e di un lavoro: una copertura, nient’altro. Dietro, invece, un giro di denaro da milioni di euro. Nel momento in cui Assane è rimasto solo, nel 2018, molte persone gli si sono avvicinate fingendo di volerlo aiutare: «Perché non mi sono mosso prima? Sono stato ingannato da tanti in questi anni. La gente si avvicinava e poi non portava a nulla di concreto. Il mio problema più grande è il signor Gnoukouri, quella persona che mi ha preso dalla Costa d’Avorio per aiutarmi. È una vergogna: lui e Drago hanno ricavato chissà quanti soldi da me. Tutti i soldi che avrei dovuto guadagnare io, li hanno usati loro. Mentre mia mamma non ha visto neanche un euro. Non sono venuto qui per il loro sporco business. Ma io dico: quando prendete e portate via un figlio alla propria madre, come fate ad essere così senza scrupolo? Il tutto solo per soldi. Damiano è venuto in Costa d’Avorio a vedere dove dormivo io, con mia mamma e i miei sei fratelli. Sapeva tutto dal giorno zero. Io solo una cosa volevo fare: comprare una casa a mia mamma giocando a calcio. Basta».
Il fratello Kessié, le fake news e l’avvocato Cucchetti
La vicenda Gnoukouri circola da molto: radio, tv, giornali, social. Tutti ne hanno parlato. E le fake news emerse negli anni sono state molte: «Non ho mai dormito in Stazione Centrale a Milano, come molti dicono. Ho sempre avuto un tetto ringraziando Dio. Faccio un appello: venite a chiedere a me se avete dubbi sulla mia storia. Sono andato in Stazione, ma sempre a lasciar qualcosa alle persone più bisognose. Dicono cazzate sulla mia età, sulla mia vita. Io voglio sistemare tutta la mia situazione».
Al suo fianco, da più o meno tempo, Assane si è ritrovato due persone: Franck Kessié, suo compagno di Nazionale, e l’avvocato Michela Cucchetti. «Io e Kessié ci conoscevamo di vista in Costa d’Avorio, ma la prima volta che ci siamo parlati è stata in Italia. Come ho esordito in Serie A ci siamo iniziati a frequentare, lui era all’Atalanta. La sua storia è completamente diversa dalla mia. Mi ha aperto le porte di casa sua, mi ha dato vestiti e cibo. È un fratello, davvero. So che non mi lascerà mai solo».
Da settembre Gnoukouri ha trovato a Piacenza una persona di cui fidarsi a cui rivelare tutta la sua storia, l’avvocata Michela Cucchetti, specializzata in diritto dell’immigrazione e venuta a conoscenza della sua vicenda grazie ad un cliente ivoriano. Con lei abbiamo ricostruito i vari step giudiziari nella vicenda: «La prima cosa che abbiamo fatto è stata andare in Questura per formalizzare la richiesta d’asilo. C’è un grande problema: Assane ha pochissimi documenti relativi al suo percorso dopo il ritiro del permesso di soggiorno. Anzi, della stessa revoca nel 2018, ha solo la prima pagina. Certo, avrebbe potuto regolarizzare la sua posizione nel nostro territorio, ma con i professionisti a cui si è rivolto non ha mai concretizzato alcunché. A dicembre 2020 con il ‘Decreto Lamorgese’ avrebbe potuto richiedere la protezione speciale, mentre ora non è possibile perché è stato abrogato».
A cosa andrà incontro Assane? E quelle carte del 2020…
Il prossimo 31 ottobre Assane e il suo avvocato si recheranno alla Questura di Piacenza davanti alla Commissione per la richiesta d’asilo. Ma la situazione non promette bene: «La Costa d’Avorio è stata inserita fra i Paesi di origine sicura: la procedura di Assane sarà accelerata a meno che non venga riscontrata una qualche vulnerabilità. Cosa significa accelerata? Che dopo cinque giorni dovrà ripresentarsi in Commissione che valuterà con urgenza la sua posizione e dopo 20 giorni darà il proprio risultato». Qui sorge un ulteriore problema: «Con una procedura accelerata, c’è la possibilità che venga fatta richiesta ad un CPR (Centro espulsioni rimpatri) ed è questa la cosa che mi preoccupa di più in assoluto. Perché è vero che Assane deve legalizzare la sua posizione, ma è altrettanto vero che deve far emergere ciò che ha vissuto e subito. È vittima di una tratta: è paradossale che lui sia imputato in un procedimento penale per ‘falso in atto pubblico’. Quei documenti gli sono stati messi in mano dal signor Gnoukouri e da Damiano Drago mentre lui era un minore. Sarà la Commissione territoriale di Bologna a decidere tutto».
Ma non è finita qui, come ci racconta l’avvocato: «Io ho un buco e non posso far nulla al riguardo: lui ha un atto di ‘citazione testi’ del 2020, dove pare sia testimone in un procedimento penale a Parma dove gli imputati sono i genitori di Drago e la mamma adottiva. Assane, in questo procedimento, è persona offesa. È paradossale: si sarebbe potuto costituire come parte civile, ma le notifiche di quel procedimento sono sparite».
Quel «pazzo amore» nerazzurro: Brozović, i tifosi e Vecchi
Ormai sono cinque anni che Assane ha lasciato l’Inter. A Milano e a San Siro lui comunque ci è tornato: «È un annetto che non vado ma prima Brozović mi invitava spesso per vedere l’Inter. E soprattutto venivo accolto e riconosciuto benissimo dai tifosi. Dei miei anni all’Inter ricordo tutto: in un Inter-Bologna presi il posto di Kondogbia al 28’. Mi sentivo male per lui, era un amico e mi dispiaceva per quella sostituzione. Poi alzai gli occhi: c’erano 70mila persone che mi applaudivano. Ancora oggi mi scrivono, mi fermano per strada e mi chiedono che fine abbia fatto: ‘Dai Assane, forza!’. Ma non conoscono la mia storia».
La sua storia con l’Inter è conclusa. O meglio, almeno quella sportiva: «Non parlo più con nessuno: compagni, allenatori niente. Solo Kondogbia e Biabiany, che ho conosciuto a Parma. E poi c’è Stefano Vecchi, l’unico che mi è rimasto accanto da quando ho messo piede nella Primavera dell’Inter. Mi fa ancora gli auguri di compleanno, mi scrive e mi chiama. Con lui ho giocato perfino in Europa League, stravedeva per me».
A questo punto, la domanda è ovvia: possibile non dica nulla di questa situazione? «Assane, io sono solo un allenatore. Cosa vuoi che dica? Ma lo capisco. Non sta a lui. Ora allena in C o in D e scherzando gli ho detto: ‘Vengo a fare il provino da te!’. E lui: ‘Se è tutto ok, fammi sapere e ti prendo subito’. È come un padre, vero però».
I suoi giorni a Milano, Assane li ricorda con il sorriso: «Non giravo tanto per la città. Non mi piace camminare, andavo in taxi. Sentire l’affetto della gente però era stupendo. Era strano per me che mi fermassero per una foto. Dicevo: ‘Ma perché volete una foto con me? Sono come voi eh!’. Ma per loro se vesti quella maglia diventi un idolo». Poi scoppia a ridere, pensando a quanto gli è successo un giorno insieme a suo fratello Wilfried, lo stesso partito con lui nel 2013: «Una volta eravamo andati a comprare delle scarpe e avevamo preso la metro. Nessuno mi aveva detto niente, così sono andato in fondo per sedermi. Dico a mio fratello: ‘Mettiti vicino a me prima che ti rubano il posto’. Niente, resta in piedi. Poi un ragazzo gli si avvicina: ‘Ehi, ma lui è Gnoukouri?’. Io gli avevo già detto che in giro avrebbe sempre dovuto negare, giusto per restar tranquilli. E lui: ‘Sì, è mio fratello’. È scoppiato un casino, siamo scesi a caso alla prima fermata possibile. All’uscita gli ho detto: ‘Ecco, grazie eh! Meglio che andiamo in taxi va’!’».
«Ho temuto per me stesso». Quale futuro lo attende?
A distanza di dieci anni dal suo arrivo in Italia, ora Assane Traoré rischia di dover lasciare il Paese. Il prossimo mese sarà cruciale per il suo futuro. Far conoscere la sua storia, magari servirà anche a fornire ulteriori strumenti e a far luce su questa vicenda.
«Io so di non essere stato l’unica vittima. Intanto siamo partiti in tre, un ragazzo è andato a giocare in un altro Paese europeo e poi non è potuto rientrare in Italia. Io e Wilfried qui abbiamo avuto lo stesso problema. Quello che mi chiedo – e che si domanda anche il suo avvocato – è: quale sentore potevo avere che tutto ciò fosse falso? Che fosse tutta una messa in scena per ricavarne dei soldi? Ho temuto per me stesso. Sono andato io a fare il passaporto, a richiedere un nuovo permesso di soggiorno. Se avessi saputo dei documenti falsi, avrei agito diversamente no? Ora sembra che abbia fatto tutto io. Non conosco molte procedure ma per fortuna ho trovato Michela. Con lei mi sono aperto e detto tutto: ora sì, ho detto la verità».
Drago dovrebbe aver patteggiato, del signor Gnoukouri sono state perse le tracce: forse è addirittura tornato in Costa d’Avorio. Assane Traoré attende, invece, di conoscere il suo destino. Una volta per tutte. Nel bene o nel male uscirà da questo limbo. Nel frattempo, continuerà a lottare e a far conoscere la sua storia. Perché Assane Gnoukouri è una vittima.