Ha fatto una scelta di vita dopo 11 anni nel calcio italiano. Nenad Tomović ha vissuto intriganti notti europee con la Fiorentina, ha giocato nel Genoa, nel Chievo, nel Lecce e nella SPAL. Ha marcato e battuto Cristiano Ronaldo, ha sfiorato la Coppa Italia e sognato l’Europa League. A 33 anni, dopo il primo periodo inflazionato dal Covid-19, ha sentito la necessità di cambiare: «Era un momento strano per i calciatori, specialmente per quelli della mia età. Avevo opportunità in Italia, ma avevo bisogno di andare altrove». Ha scelto Larnaca, quartiere Kathari, dove gioca l’AEK Larnaca: «Il calcio a Cipro è diverso da quello a cui sono abituato. Per farvi un esempio: il giorno prima del derby vado a vedere mia figlia allo spettacolo di Natale perché non c’è il ritiro».
La voglia di Europa non l’ha saziata. Nella scorsa stagione, è stato eliminato in Conference League nella fase finale: «Mi mancano le notti europee. Abbiamo beccato nei 16esimi di finale il West Ham, che poi in finale ha battuto la Fiorentina. In squadra possiamo avere fino a 17 stranieri, ci sono grandi investimenti». La sua carriera è stata costellata anche da grandi compagni, come quelli provenienti dalla zona slava, che hanno caratterizzato la sua carriera: «Ho sempre avuto slavi in squadra. Fin da quando sono arrivato in Italia, a Genova. C’erano Janković e Jurić, quest’ultimo mi spiegava tutto e l’ho sempre visto come un padre. A Firenze organizzavamo le feste e invitavamo i compagni italiani. Rimanevano colpiti e sorpresi da come festeggiavamo ahah! Abbiamo tutti vissuto le guerre e guardare come siamo uniti è veramente bello». E proprio ‘a causa’ di uno di loro, dopo una partita di Serie A fu pure coinvolto in un incidente che si concluse positivamente: «Avevamo giocato contro il Torino, Milić mi chiese un passaggio per tornare a casa. Ma abitava a 200 metri dallo stadio! Avevo preso da un mese una macchina nuova, uscendo dallo stadio ci mettemmo in coda per andare alla sua abitazione ma a un certo punto, a una rotonda, ho colpito in pieno un tifoso in motorino. In quel momento è passato anche il pullman del Torino, che si è fermato per sincerarsi delle sue condizioni. Appena mi ha riconosciuto, si è rialzato perché non credeva che fossi io. Ci siamo scambiati il numero di telefono».
Sui più forti, però, non ha dubbi: da Badelj, che è il suo migliore amico, fino a Rebić e Kalinić. Nessuno, però, come Josip Ilicić, che «è stato il più forte di tutti. Un maestro di calcio. La sua mentalità lo ha frenato, era sempre troppo calmo. In allenamento, se aveva voglia, saltava tutti. Poi se in partita sbagliava i primi passaggi, andava offline». In quello spogliatoio, nella Fiorentina, c’erano diversi personaggi: «Joaquín era uno con cui non ti potevi arrabbiare. Parlava un po’ italiano e un po’ spagnolo, ma riusciva a imitare mister Montella e farci ridere tutti. Anche Cuadrado era un soggetto». Nelle battute finali, prima di passare al Chievo, è stato allenato anche da Stefano Pioli: «Per pochi mesi, durante il pre-campionato. Abbiamo un ottimo rapporto, anche oltre al calcio. È una brava persona».
Adesso riguarda indietro con grande piacere: «Sono arrivato in Italia grazie al mio procuratore Alessandro Lucci e alla sua agenzia. Ricordo ancora quella chiamata di fine agosto 2009: ‘Nenad, pronto a partire per Genova?’. Mi ha cambiato la vita». Nenad Tomović ha vestito la maglia della Serbia in 22 occasioni, scendendo in campo per 250 volte in Serie A e oggi punta alle 100 presenze con l’AEK Larnaca (attualmente 91). Con una fotografia impressa nella mente: «Quando affrontammo il Real Madrid, avevo WhatsApp intasato dai miei amici che mi inviavano un meme: c’era una foto con una mia scivolata su Cristiano Ronaldo, mentre gli toglievo palla. Solo che l’avevano messa dentro un quadro esposto in un museo, con la gente che lo ammirava. Mi ha fatto molto ridere». Ma non è finita qui: «L’ho affrontato anche al suo esordio in Italia, in Chievo-Juventus. Una volta l’ho battuto con la Fiorentina in un torneo amichevole in Polonia». Da raccontare.