«Non sono un ragazzo che si pone obiettivi guardando troppo in là, ma naturalmente spero e voglio risentire il boato di San Siro», ci racconta Mattia Zanotti dalla sua casa di San Gallo, in Svizzera, mentre fuori nevica. «Un’esperienza di vita umana e culturale, mi sto mettendo alla prova», anche sul campo: ha giocato tutte le partite da titolare, tranne una, ed «era proprio quello che volevo, farmi vedere e avere la possibilità di scendere in campo». C’è anche un altro aspetto, quello che lo ha visto andare a vivere da solo, lontano dal convitto dell’Inter e dalla famiglia. Misurarsi con un’altra lingua, «è stato difficile ma me la sto cavando».
È arrivato all’Inter nel 2017 dal settore giovanile del Brescia, mentre 4 anni dopo ha esordito in Serie A, subentrando contro il Cagliari nel 2021. Dalla scorsa estate, dopo essere arrivato secondo al Mondiale u-20 con l’Italia, è passato in prestito al San Gallo, intraprendendo una strada – quella dell’esperienza all’estero, in particolar modo nel campionato elvetico – già solcata da altri calciatori come Dimarco, Calafiori, Gnonto, Pafundi ed Esposito: «L’Inter mi segue attraverso Dario Baccin, che si occupa anche di monitorare i giovani in prestito». Le partite in Svizzera «sono intense, c’è un ritmo alto, a volte viene meno la parte tattica in favore dell’agonismo e dell’intensità. Mi sto confrontando con il calcio dei grandi ed è ciò che volevo».
«Punto a finire bene la stagione – ci racconta – e credo che se coltivi bene oggi, raccogli i frutti in futuro», ma è chiaro che il sogno sia ripercorrere la strada di uno come Federico Dimarco: «Ho avuto modo di allenarmi insieme a lui, guardate cos’ha fatto. Essendo nel mio ruolo, sono affascinato. Ha una qualità di calcio incredibile. Il suo percorso e cosa ha dovuto fare per guadagnarsi tutto è una fonte d’ispirazione perché mostra che ce l’ha fatta ma che si è fatteli mazzo per riuscirci. È uno stimolo che ti dimostra che ce la puoi fare. Il compagno che ho più osservato è invece Matteo Darmian, ha un livello di attenzione formidabile ed è proprio quello che mi piaceva, mi ci rivedevo molto. Ho studiato gli esterni: Dumfries ha una forza fisica mostruosa, uno strappo incredibile, e Perisic lo affrontavo in partitella con la sua abilità nell’usare entrambi i piedi nell’uno contro uno».
A portarlo in Prima Squadra e farlo esordire è stato Simone Inzaghi: «Spero di rivivere quel sogno, il primo anno mi ha accolto un po’ come un figlio, era la mia prima esperienza con i grandi. Mi ha sempre aiutato e dato consigli, mi ha sempre detto di crederci e lavorare giorno per giorno, e alla fine mi ha premiato. Gli devo tanto per ciò che mi ha dato». Inzaghi ha saputo creare un’Inter quasi perfetta in questo campionato, «ha la miglior qualità nella forza di fare gruppo, riesce a mettere insieme giocatori forti di per sé e renderli una macchina perfetta che massacra tutti. È la sua forza. È bravo a mettere insieme tutti gli elementi nel gruppo e della squadra, e a farli performare al massimo».
Il livello societario dell’Inter si è alzato di anno in anno, «il cambiamento si è riscontrato». Quando arrivi in nerazzurro «trovi i tecnici e gli staff migliori d’Italia e ogni giorno ti raffronti con compagni fortissimi. Uno stimolo che viene accompagnato da strutture solide e un convitto con la scuola, a 5 minuti dal campo, che ti fa vivere al 100% quel mondo. Un paradiso per i giovani, un luogo multiculturale che ti forma molto». Un altro riferimento è Javier Zanetti, «che ho avuto la fortuna di poter conoscere e vedere da vicino». A San Siro l’esperienza è stata pazzesca: «Sono stato anche tante volte in panchina e i tifosi sono pazzeschi, è un tifo che dà non una, ma venti marce in più. Ti spingono e ti lasciano senza fiato». Mattia sta crescendo in Svizzera e vuole affermarsi per tornare in Italia ancor più calciatore.