La prima istantanea che viene in mente pensando a Steven Zhang è il pianto liberatorio sul prato dell’Olimpico, dopo una vittoria per 3-2 sulla Lazio, valsa il ritorno dell’Inter in Champions League nel 2018. Poi ricorderete quando, l’anno successivo, seguì, da vero e proprio tifoso, Torino-Inter in un bar di Milano.
È stato il presidente più giovane della storia del club e nel giro di 8 anni è diventato il secondo più vincente della storia dell’Inter, con una media di quasi un trofeo all’anno. L’Inter ora è passata nelle mani di Oaktree, in seguito al debito di tre anni fa mai risanato, ma l’imprenditore cinese lascia il suo incarico e il suo club consapevole di aver valorizzato l’intero ambiente nerazzurro.
Il successo (sportivo) di Zhang
Ha ufficialmente prelevato l’Inter nel 2018, dopo un paio di anni come membro del Cda e socio, quando la squadra navigava in acque decisamente ‘mosse’. Basti pensare che durante le stagioni di Serie A sotto la guida di Erick Thohir, l’Inter non era mai andata oltre il 4° posto e nulla lasciava presagire a un cambio di rotta nel futuro imminente.
L’arrivo di Zhang però, almeno sul lato sportivo, ha stravolto le cose. Grazie a costanti e immediati investimenti, sia a livello di rosa che a livello dirigenziale, su tutti si è rivelato decisivo l’arrivo di Giuseppe Marotta, l’Inter è tornata grande. Il presidente cinese ha, da subito, speso tanto per rinforzare tutto l’ambiente. Dal 2016 fino al 2020 ha tirato fuori ogni anno oltre 100 milioni con l’obiettivo, in parte raggiunto, di vincere tutto. Solo al primo anno la proprietà ha fatto acquisti che si sono rivelati poi sbagliati, da João Mário a Gabigol, meteore che non hanno lasciato il segno.
Poi però l’Inter non ha più sbagliato un colpo. Dai 74 milioni spesi per Romelu Lukaku, agli 11 di ingaggio pagati per Antonio Conte: grossi investimenti che hanno dato i loro frutti.
Un tornado chiamato Covid-19
Poi cos’è successo? L’arrivo della pandemia legata al Covid-19, scoppiata ad inizio 2020, ha creato diversi problemi a Steven Zhang. Da quel momento qualcosa è cambiato e l’Inter ha dovuto iniziare una politica di risparmio generale, cercando di non fare mai il passo più lungo della gamba. Proprio in queste circostanze Zhang è stato quasi costretto a chiedere il famoso prestito a Oaktree, con la stessa Inter data in pegno come garanzia: 275 milioni da restituire in 3 anni, 380 con gli interessi.
In questa situazione complicata, come dicevamo, è stata di importanza capitale la sapienza con cui la dirigenza interista ha sempre saputo rinnovare e migliorare la rosa, spendendo poco e niente: quando il club è stato costretto a sacrificare giocatori (che sembravano insostituibili) per fare quadrare il bilancio, da Hakimi a Onana e Lukaku, sono sempre riusciti a trovare i sostituti perfetti. Sommer, Thuram, Acerbi, Darmian, Mhkitaryan, Calhanoglu sono solo alcuni dei giocatori che in questi anni hanno riportato l’Inter ai livelli di un tempo.
Steven Zhang ha avuto il merito di circondarsi dei migliori professionisti disponibili che, anche in tempi finanziariamente difficili, hanno sempre tenuto l’Inter ai massimi livelli. Anche perché il governo cinese non è sempre stato disposto ad aiutare il proprietario neroazzurro.
La mano pesante del governo cinese
Per le aziende cinesi che desiderano investire all’estero, le regole sono sempre state complesse e tuttora richiedono l’approvazione da parte delle autorità. Sono tante le norme legate al tipo di business e al Paese, ma, in pratica, rimane grandissimo arbitrio da parte del decisore politico su cosa si può o non si può fare.
Inoltre, dopo aver visto che gli sforzi economici nel far emergere il campionato nazionale cinese si sono rivelati solo esborsi che non hanno mai generato i risultati sperati, il governo ha deciso di concentrare gli investimenti solamente nei settori cruciali, attuando delle limitazioni sul calcio. Questo settore per la Cina non rientrava tra quelli vitali, sia a livello nazionale sia a livello internazionale e Zhang ha subito una prima brusca frenata.
Ad oggi gli investimenti all’estero da parte di società cinesi sono regolamentati da tre enti governativi: il Ministero del Commercio (MOFCOM), l’Amministrazione statale dei cambi (SAFE) e la Commissione nazionale per la riforma dello sviluppo (NDRC). Negli ultimi anni, queste agenzie hanno cercato di facilitare l’espansione all’estero per le aziende cinesi ma, il ruolo degli investimenti in uscita ha subito notevoli cambiamenti ed è stato oggetto di una regolamentazione sempre più severa.
Da un lato, queste regole, entrate in vigore il 1° marzo 2018, mirano ad aumentare la competitività degli investitori cinesi all’estero. D’altra parte, hanno lo scopo di fornire un incentivo per le aziende cinesi a porre maggiore enfasi sulle attività interne, al fine di ridurre al minimo i rischi di investimenti in uscita per l’economia interna.
Un altro cambiamento importante riguarda la classificazione di alcuni settori come sensibili: a seguito di un forte aumento degli investimenti in uscita nei settori alberghiero, immobiliare, cinematografico e SPORTIVO degli anni precedenti e delle dichiarazioni pubbliche rilasciate da vari dipartimenti governativi cinesi nel dicembre 2016, che classificano tali investimenti come ‘indesiderabili’, questi settori sono ora catalogati come sensibili.
La suddivisione in settori target sensibili e non sensibili è particolarmente ampia, cosicché nei singoli casi può esservi incertezza su quale regime normativo sarà utilizzato per valutare un investimento. Tuttavia, il principale punto debole rimane che, senza l’approvazione delle autorità cinesi competenti, gli investitori cinesi non sono realmente in grado di stipulare accordi giuridicamente vincolanti. Le procedure che un investitore cinese deve seguire per poter svolgere legalmente attività di investimento in uscita sono complesse, richiedono molto tempo e mettono ancora a dura prova i tempi e la pianificazione di qualsiasi operazione.
Negli anni il rapporto tra Zhang e le banche popolari cinesi è stato difficilissimo, travagliato e più volte è finito per vie legali. Il recente intervento del governo cinese, che ha deciso di aiutare Suning investendo nell’azienda 5 miliardi di yuan (circa 650 milioni di euro) nell’arco dei prossimi dieci anni per superare le difficoltà, è stato tardivo e non è bastato a sanare i debiti accumulati sul lato sportivo.
L’eredità di Zhang
Quando ha preso il timone, l’Inter valeva 400 milioni. Oggi, 8 anni e 7 trofei dopo, il club neroazzurro ne vale 1,3 miliardi (secondo l’enterprise value calcolato da Football Benchmark).
Nonostante la giovanissima età, la poca esperienza e gli ostacoli burocratici ha saputo riportare al successo uno dei club più importanti e storici d’Italia e non solo; nonostante la distanza fisica è sempre stato vicino alla squadra emotivamente, nelle gioie e nei dolori, come testimoniato dai giocatori e da Inzaghi stesso.
È arrivato come un giovane imprenditore. Se ne va come un presidente vincente e soprattutto come un tifoso. Sicuro che gli interisti non dimenticheranno mai quello che ha fatto.