«Se a 18 anni ti dicono di operarti al cuore, non puoi essere tranquillo»

by Alessandro Lunari

Una storica promozione in Serie B a distanza di 76 anni dall’ultima volta. Un’estate trascorsa in festa, fra emozione e lavoro per costruire una squadra pronta al salto con un mix d’esperienza e giovani di grande prospettiva. C’è chi, come Leonardo Cerri, ha lasciato la Juventus e la Next Gen per il 1° campionato in B della propria carriera.

Classe 2003, alto quasi 2 metri, tanta umiltà, determinazione e un sorriso contagioso. A 21 anni, essere un calciatore professionista fa questo effetto. Vivi il sogno, te lo godi, fra sacrifici e obiettivi. Quello di Leonardo e della sua Carrarese è la salvezza. Almeno per ora: «Abbiamo avuto un inizio di stagione complicato, ma ci sono tutti i presupposti per riuscire a risollevarci».

 

«La prima volta che mi sono ritrovato accanto a CR7 mi tremavano le gambe»

Cerri si è trasferito in prestito alla Carrarese nell’ultimo mercato estivo, dopo aver trascorso 5 stagioni alla Juventus. Dalla Primavera, passando all’U23, fino alla prima squadra. Nel mezzo: emozioni, pensieri, paure, campioni. Tutto. Il racconto parte proprio da una foto, la prima del suo profilo Instagram. Lui che si allena in un torello fra gli applausi di Cristiano Ronaldo: «Quella fotografia ce l’hanno scattata nel primo vero allenamento con la prima squadra. Era ai tempi dell’U17: a volte capitava ti chiamassero per fare qualche pressione, ma non una seduta vera e propria. Quel giorno eravamo 7-8 ragazzi, ma poi io e un altro compagno siamo stati chiamati: ‘Venite, oggi vi allenate con la prima squadra’. Sono sincero: quando mi sono ritrovato nel torello o fare qualche azione d’attacco con lui, le gambe mi tremavano. Ritrovarsi a quell’età ad allenarsi e scambiarsi il pallone con uno dei più forti della storia è una bella botta emotiva».

Era la Juventus di CR7, Buffon, Bonucci, Chiellini, Higuaín: «Ero piccolo, non sono mai riuscito a parlare troppo con loro. Ma ogni volta che potevo allenarmi con loro cercavo di rubare con gli occhi: c’era gente come Higuaín, Mandžukić, CR7. Bastava che mi mettessi a bordocampo a guardarli per imparare milioni di cose in una sola ora d’allenamento». Non c’è molto altro da dire, soprattutto se hai appena 17 anni.

A dicembre 2022 arriva l’esordio con la maglia della Juventus. In amichevole, certo, ma il palcoscenico è di quelli importanti: l’Emirates Stadium, la casa dell’Arsenal. «È stata la mia prima vera partita con la Juve. Non sentivo molta pressione, perché era un’amichevole, ma per tutto il tempo ho pensato: ‘È un’opportunità. Giocatela al meglio’».

 

Dal sentirsi un pesce fuor d’acqua all’esordio in Serie A

Leonardo è arrivato alla Juventus nel 2019, dopo un paio di stagioni nel settore giovanile del Pescara. Oltre alla Juventus, piaceva a tanti diversi club di Serie A. Eppure i bianconeri l’hanno conquistato subito: «Vi dico la verità: il primo giorno in cui ho messo piede nel mondo Juventus, mi sono sentito un pesce fuor d’acqua. Ero consapevole delle mie capacità, ma arrivare in una società come questa trovandomi compagni come Miretti o Soulé è tutt’altra cosa. Mi sono sentito fuori contesto per tutto: organizzazione, strutture, qualità. Non ero abituato a quella perfezione». Questione di tempo e adattamento. Ma la scelta di trasferirsi è stata molto semplice dopo una prima visita a Torino: «Inizialmente ero combattuto perché c’erano tante squadre, ma è cambiato tutto il giorno in cui la Juventus mi ha invitato a vedere le strutture. Quando sono andato via, mi sono seduto in macchina accanto a mia madre e le ho detto: ‘Questo è il mio posto’. Un giovane non può che crescere bene passando per una società del genere».

E infatti Cerri vola subito a Torino. In 5 anni raccoglie più di 130 presenze fra tutte le squadre bianconere. Nella passata stagione ha giocato stabilmente con la Next Gen, la squadra U23 bianconera che milita in Serie C. Uno step importante per tanti dei ragazzi di proprietà della Juventus che sono poi riusciti ad affermarsi in Serie A, B o campionati esteri. Miretti, Soulé, Iling-Junior, Barrenechea, Yildiz, Huijsen e così via: «Lo step dell’U23 è fondamentale. C’è troppa differenza fra la Primavera e i campionati di A o B. Per me è un gap troppo grande. Giocare in Serie C, con gente esperta, che ha mangiato tanto calcio, e dove l’intensità è molto alta, ti aiuta a livello fisico e mentale. Poi avevamo una squadra molto forte: non credo fosse così facile per l’allenatore fare la formazione. L’U23 della Juventus ha un livello molto alto».

Lo scorso 12 febbraio, poi, è riuscito a togliersi anche un’altra grandissima soddisfazione: il debutto in Serie A con la Juventus di Massimiliano Allegri nella sfida contro l’Udinese, poi persa 1-0. «Ricordo tutto di quel giorno: penso che debuttare in Serie A sia il sogno di qualsiasi bambino che gioca a calcio. L’Udinese aveva segnato subito e noi non riuscivamo a riprendere la gara. Vlahovic e Kean erano fuori per infortunio, c’era solo Milik in campo, così nella mia testa nel corso del 2° tempo ha cominciato a passare l’idea: ‘Adesso mi manda a scaldare. Sono io l’unico attaccante di ruolo in panchina, dobbiamo provare a pareggiarla». E così è stato: «Dopo poco, il mister ci ha mandato tutti a scaldare a rotazione. Ero a bordocampo, parlavo con Guerra – un ex compagno – e mentre mi stavo scaldando chiamano Iling. Però c’era tanto frastuono, non si sentiva nulla e così, un po’ per la foga e un po’ per l’emozione, chiedo: ‘Io? Tocca a me?’. E Landucci mi fa: ‘No, no Iling’. Ho detto: ‘Ah, va bene’. Qualche minuto dopo il mister si rigira e inizia a chiamare qualcuno. Rimango fermo, non volevo fare un’altra figuraccia. Allora per farmi capire, fa il gesto: ‘Quello alto!’. Ero io, per forza. Per la testa hanno iniziato a frullarmi mille cose: ‘Cavolo, adesso mi ha chiamato. Credono che possa entrare per dare una mano».

Quando Leonardo te lo racconta, è come se rivivesse appieno quell’emozione. Entra all’84’ al posto di Cambiaso. Una manciata di minuti che non basta però alla Juventus per riprendere la partita. Ma l’esordio resta: «Nel momento in cui sono entrato in campo, ho scollegato il cervello. Ero super concentrato. Non è andata come speravamo, ma porterò sempre dietro quell’emozione. Negli allenamenti con la Juventus, ci sono stati due giocatori che mi hanno sempre spronato: Danilo e Bremer. Mi sono ritrovato contro di loro molte volte in allenamento, mi riempivano di consigli ogni volta».

 

L’operazione al cuore e il rischio di dover smettere

Nella giovanissima carriera di Leonardo c’è anche una parentesi tutt’altro che piacevole. Bisogna tornare al 2021, ai tempi del Covid: «Molto spesso in allenamento sentivo salire particolarmente i battiti del cuore. Perdevo lucidità, la vista mi si offuscava, mi sentivo più stanco e affaticato. Ricordo che i medici mi dissero di star tranquillo. Poi, poco prima del ritiro estivo nel 2021, ho avuto il Covid. Era il mio 2° anno di Primavera. Superato il virus, nelle classiche visite mediche, i dottori avevano visto che la situazione era peggiorata. Mi hanno fermato immediatamente: ‘Devi operarti’. Quando a 18 anni ti dicono che devi affrontare un’operazione al cuore, non puoi rimanere tranquillo. Ho avuto tutte le garanzie dei medici e lì sono riuscito a calmarmi. Pensavo: ‘È solo un altro ostacolo’. L’ho preso come un infortunio di qualsiasi altro tipo. Sono rimasto fermo 2-3 mesi per risolvere quest’aritmia. Ricordo che facevo il conto alla rovescia».

Nonostante l’apprensione, sua e della famiglia, Leonardo torna in campo. Gioca per la squadra, segna, migliora e riesce a mettersi in mostra sempre di più conquistando anche la Nazionale U19 e U20. A giugno, poi, è arrivato l’esordio anche con l’Italia U21 di Nunziata: gol decisivo al debutto contro la Francia. Per lui non è una novità: ha segnato all’esordio fra i professionisti con la Next Gen contro la Pro Sesto e anche con la Carrarese in Coppa Italia ad agosto nella sfida al Catania: «Quando la partita conta, mi esalto. Mi piace giocare sotto pressione, magari anche in trasferta con il tifo contro». D’altronde, il 1° gol in Serie B è arrivato nel derby contro lo Spezia, non una partita qualsiasi.

 

Gli inizi nel futsal e quel paragone con Toni: «Magari, anche se il mio idolo è Dzeko»

Leonardo nasce e cresce a Roma. Il calcio non è il suo primissimo amore: «I miei genitori mi avevano indirizzato verso il basket, visto che ero già alto. A mia mamma non piaceva molto l’ambiente che si respirava attorno al calcio, però io volevo giocare con i miei amici. Dopo un po’ sono riuscito a convincerla. Ho iniziato con l’Atletico Torrino nel futsal, per poi fare il mio primo campionato a 11 con la Lupa Roma e poi con il Fondi Unicusano». Leonardo segna con continuità, spicca per determinazione e qualità. Su di lui, dunque, arriva il Pescara: «Ricordo di aver fatto un paio d’allenamenti: mi trovai benissimo. A quei tempi il Pescara era in B. Non avevo dubbi: volevo andare a giocarmi le mie carte da loro». Determinato, ma giovanissimo.

«Lasciare casa a 13 anni non è una cosa scontata. Ero un bambino che partiva con un sogno. Sapevo che amici e famiglia sarebbero rimasti, ma non è semplice. Pensavo: ‘È un’opportunità calcistica, ma anche umana’. Ti ritrovi in convitto, per carità hai pasti pronti e tutto quanto, ma devi iniziare ad organizzarti da solo, ad andare a scuola. Devi badare a te stesso. Sono diventato indipendente. Con gli anni, le persone vedono sono un lato della medaglia: i guadagni, la ‘fama’, ma non sanno che dietro c’è tanto sacrificio. A partire banalmente dalla vita sociale: dai 13 ai 22 anni, vedi tutti i tuoi amici più stretti divertirsi, fare tardi, mentre tu non puoi. Ma se hai un obiettivo, tiri dritto, nonostante le difficoltà. Mi dico: ‘Sto sacrificando questa parte della mia vita per poi vivere meglio il resto’. Se hai un sogno da inseguire, non hai scuse».

Da Roma a Pescara fino a Torino. Vista l’altezza e i mezzi a disposizione, il nome di Leonardo viene presto associato a quello di un altro gigante. Stavolta anche del calcio italiano, Luca Toni: «Quando mi viene detto che gli assomiglio, la mia risposta è sempre la stessa: ‘Magari’. È stato fortissimo. Però se devo dire la verità, il mio idolo è sempre stato Dzeko. Mi ispiro a lui, mi sento vicino al suo stile di gioco… ovviamente con le dovute proporzioni. È immenso. Poi ho sempre ammirato Ibra, così come ora Haaland».

 

Cresciuto fra James Harden e Naruto

Come detto, il calcio è da sempre una sua passione. Ma al primo vero amore non si rinuncia mai. Nel corso degli anni Leonardo ha sempre seguito il basket: «Il mio giocatore preferito è James Harden. Lo seguo tuttora. Tifo la squadra in cui va lui, quindi per il momento: Forza Clippers! E poi ho visto almeno 15 volte ‘The Last Dance’, la serie su Michael Jordan. Se pensi a uno sportivo eccellenza, beh… uno è lui sicuramente. L’ho guardata, riguardata, riguardata ancora… e penso che non smetterò mai». Giocare in Serie B a 21 anni non è cosa da tutti.

Ma Leonardo è nel pieno della sua adolescenza e come i suoi coetanei cerca di coltivare i propri interessi anche fuori dal campo. Meglio, se a suon di concerti e cuffiette nelle orecchie: «La musica fa parte della mia vita. In macchina, in casa, in qualsiasi momento io sia solo. Cuffiette, radio, ho sempre tutto acceso. I miei artisti preferiti sono Salmo e Lazza. L’ultimo album? Promosso. Qualcuno lo critica, ma non so perché. Ma c’è una cosa per cui sono veramente fissato: Naruto.

Questa passione nasce da mia sorella, che è più grande di me. Quando ero piccolo, lei comprava i manga e io glieli rubavo per leggerli. Ho letto tutto, ho guardato l’anime, qualsiasi cosa. Oltre alla bellezza in sé, credo abbia tanti insegnamenti e lezioni di vita. Una marea di frasi mi sono rimaste impresse, ho anche 2 tatuaggi su di lui».


Fra Nazionale e Carrarese: «Se arrivi a un certo livello, devi porti il massimo come obiettivo»

In questo avvio di stagione, Cerri ha segnato 2 gol in 9 presenze. Per la Carrarese è stato un avvio di stagione complicato, il salto di categoria si è sentito, ma intanto nelle ultime due gare ha ottenuto 4 punti pareggiando con la Reggiana e vincendo col Frosinone. Fanno 7 in 8 gare, in piena corsa per la salvezza. Obiettivo dichiarato: «Ho trovato un campionato molto più complicato della Serie C, con avversari forti. Ma il gruppo è fantastico, possiamo farcela. In B serve esperienza, capacità tecnica, affronti avversari che hanno fatto la Serie A. Ma segnare nel derby, vincere poi l’ultima partita: è stata una liberazione per me e la squadra. Quando capita che segno, nella partita successiva cerco di imitare tutto ciò che ho fatto per prepararmi a quella precedente. Mangio le stesse cose, entro con un piede piuttosto che con l’altro. Non sono scaramantico, non ho un vero e proprio rito, però non si sa mai».

L’esordio con l’U21 è già arrivato. Il sogno ovviamente è quello di vestire un giorno la maglia della Nazionale maggiore: «Quello è un altro piccolo sogno nel cassetto. Anche se, arrivato a questo punto, penso sia sbagliato considerarlo sogno: la parola giusta è obiettivo. Se arrivi a un certo livello, ti poni di arrivare lì: al massimo». Un po’ come Pisilli, la new entry di Spalletti – insieme a Maldini: «Io e Pisilli andiamo al mare a Roma nello stesso stabilimento. Dopo il gol contro il Venezia, immaginavo l’avessero riempito di messaggi per questo non gli ho scritto: non volevo rompergli le scatole. È forte, forte. Al gol sono stato molto contento per lui». Questione di obiettivi e di soddisfazioni. Leonardo punta all’Italia, ma prima c’è una salvezza da conquistare con la sua Carrarese.