di Giulio Zampini
Tre stagioni e mezzo – considerando l’arrivo sulla panchina biancoceleste nell’aprile del 2016 – hanno portato Simone Inzaghi a costruire una Lazio capace di lottare per lo scudetto. Un lavoro lungo, fatico e condiviso (soprattutto con le intenzioni del ds Tare), ma anche cambiato ed evoluto nel tempo.
I segreti della Lazio di Inzaghi
La squadra di Inzaghi cambia senza cambiare, rimanendo capace di adattarsi all’avversario senza snaturare sé stessa. Per analizzarla prendiamo in considerazione Genoa-Lazio della 25° giornata, la prima con i rinvii di alcune gare – quattro – che nelle settimane successive hanno portato allo stop dei campionati causa l’emergenza Coronavirus.
La Lazio tiene gli esterni altissimi, sulla linea degli attaccanti, e nel frattempo palleggia con i centrali difensivi e i tre di centrocampo disposti a triangolo. Obiettivo: trovare l’imbucata decisiva, che inizia per vie centrali e in caso di muraglia della squadra avversaria ha il supporto per vie esterne. In fase di impostazione la squadra di Inzaghi fa partecipare (e ne chiede il supporto) alla punta con le sponde e ai tre di centrocampo per far girare il pallone. L’impressione è che la Lazio tenti di giocare tra le maglie dell’avversario, da destra a sinistra e al centro così come in fascia – come si può notare dall’azione del gol del vantaggio, fonte video Wyscout.
In fase di non possesso, invece, i biancocelesti inducono la squadra avversaria ad andare sull’esterno, senza farsi imbucare per vie centrali. In questa fase resta fondamentale l’apporto delle due punte (Caicedo e Immobile o Ciro e Correa): se restano bassi a schermare il regista avversario pronto ad impostare la Lazio non subisce il gioco avversario. Risultato: la squadra di Inzaghi non deve fare filtro perché ne ha uno più grande che è la compattezza di squadra. Così stretta, i biancocelesti ti portano a forzare la giocata. Risultato: perdi palla.
Ed è nella diversa compattezza di squadra che la partita si decide. Fateci caso: quando il regista avversario prova ad impostare, si ritrova schermato dalle due punte Immobile e Caicedo. La soluzione per l’avversario diventa cercare aria sulle fasce, e quando prova l’invito per le punte tra le linee, la giocata è sempre forzata. Risultato: perde palla, non riesce a rendersi pericoloso e rischia anche il contropiede. La Lazio, invece, non solo sfrutta la minima distanza tra i reparti dell’avversario, ma ci piazza anche le tende con diversi uomini: le punte che tornano a dialogare, gli interni di centrocampo disposti a triangolo, gli esterni a dare profondità alla squadra (…). Sono tutti accorgimenti tattici che lacerano la squadra avversaria. La differenza è (quasi) tutta lì: il chi combatte la Lazio ha il nemico in casa, mentre la squadra biancoceleste lo emargina.