Enrico Preziosi, presidente del Genoa, è tornato a parlare a Il Secolo XIX del Coronavirus e del negativo risvolto economico che avrà sull’Italia.
IMPATTO ECONOMICO – «Ho 72 anni e pensavo fosse arrivato il momento di capitalizzare, entrando in Borsa, 44 anni di attività da imprenditore per cercare di divertirmi un po’ e magari concentrarmi sul calcio. Quello che sta succedendo non è un colpo mortale, ma è un colpo durissimo. Però, nonostante tutto, sono sereno: se la salute mi assiste, non sono uno che si arrende. Sono pronto a ricominciare, sapendo che ci sarà da lavorare anche più di prima. Sono a casa, non posso fare altro. E l’unico rumore che si sente dalle finestre arriva dalle sirene delle ambulanze. Terribile».
CINA – «Non mi aspettavo potesse arrivare in modo così tragico anche in Italia. In Cina avevamo le nostre fabbriche chiuse durante la quarantena e nei mesi scorsi la preoccupazione principale era legata alla produzione bloccata. Tutti abbiamo sottovalutato la situazione, compresi i nostri governanti. Adesso l’epicentro è l’Europa. Noi come Giochi Preziosi dovevamo andare in Borsa ad aprile, ora è tutto fermo: un disastro difficile da quantificare. In questo momento abbiamo 450 negozi chiusi, il mio primo pensiero è per i dipendenti: prima di tutto bisogna salvare il loro posto di lavoro»
AIUTI DEL GOVERNO – «Per adesso direi proprio che non sono arrivati segnali incoraggianti, nessun provvedimento è stato preso per le medie e grandi aziende. Servono interventi forti, di sostegno. C’è il rischio di perdere 300 o 400 milioni di fatturato. Finora ci hanno solo spostato di 4 giorni la scadenza per il pagamento dei contributi, una barzelletta. Ora, ripeto, bisogna pensare prima di tutto a salvare il posto di lavoro dei dipendenti: è quella la priorità. Poi verrà il resto»
CAMPIONATO – «Non è una priorità ma se ne deve parlare. Perché è un’altra azienda ed è in difficoltà, come tutto il resto. Bisognerà probabilmente restare fermi fino al 3 maggio, non so cosa accadrà dopo. Certo in questo momento conta la salute delle persone. La gente non è nello stato d’animo giusto per parlare di calcio, non si può gioire per il calcio davanti a una simile tragedia. Dovremo decidere tutti insieme cosa fare, non è il momento di giocare».