di Andrea Sperti
La capacità di interpretare un ruolo, è questa la dote migliore che tutti gli allenatori hanno riconosciuto al protagonista della storia che vi vogliamo raccontare. Ha iniziato da trequartista, perché le qualità tecniche erano indiscutibili. Ha arretrato il suo raggio d’azione, diventando una mezzala e partendo da più dietro, cosi da avere maggior possibilità di lasciar partire un destro dei suoi. È finito davanti alla difesa, a dettare i tempi di gioco di una delle squadre più forti del mondo, giocando una quantità industriale di palloni ogni match.
La carriera: dal Lussemburgo all’Italia, passando per la Francia
Oggi compie 30 anni Miralem Pjanic, “Il pianista” di Tuzla, uno dei centrocampisti più completi dell’intera Serie A. La sua storia è diversa da quella che può sembrare guardandolo giocare a calcio. Il classe ’90 non ha avuto un’infanzia facile, è dovuto scappare dalla sua amata Bosnia e dalla guerra che si stava per scatenare. È arrivato in Lussemburgo, in uno stato nuovo, con una lingua diversa e, proprio come ha fatto in campo negli ultimi anni, si è adattato alla nuova realtà, senza fare storie, perché il destino aveva deciso così.
La sua carriera è stata un’ascesa continua, fino ad arrivare in Serie A ed alla Juventus, giocando ogni stagione per provare a vincere tutto. Schifflange, Metz, Lione e Roma le esperienze precedenti ai bianconeri, quelle che gli hanno permesso di diventare ciò che è adesso.
L’amore per la sua Bosnia e quel rifiuto alla Francia
Semplice ma elegante, potrebbe essere descritto cosi il Pjanic che vediamo ogni domenica in campo. Difficilmente il centrocampista bosniaco si lascia andare a giocate di alta scuola o a rischi eccessivi davanti alla difesa. Preferisce, invece, giocare veloce, ad un tocco, sfruttando la rapidità di pensiero che lo contraddistingue.
Alla porta, ad inizio di carriera, ha bussato anche la Nazionale francese, che voleva convincerlo ed affidargli le chiavi del centrocampo. Miralem, però, ha deciso di difendere sul terreno di gioco la Bosnia, nonostante sia andato via prestissimo dalla sua terra e non abbia potuto godersela a pieno da bambino.
Gli esempi in campo: Totti, Cristiano Ronaldo e Juninho
Francesco Totti e Cristiano Ronaldo, a detta sua, sono i giocatori più forti con i quali ha giocato. Il primo ha insegnato al classe ’90 cosa significasse lottare ogni giorno per onorare la maglia che si indossa. Il secondo, dal canto suo, ha permesso a Pjanic di capire meglio quanto sia fondamentale l’allenamento costante e la voglia di migliorarsi anche se si è già ad alti livelli. Le punizioni, invece, rappresentano il frutto delle lezioni giornaliere di un maestro dei calci piazzati, come Juninho Pernambucano. L’ex Roma, poi, ha saputo affinare la sua tecnica di tiro, rendendo le traiettorie imprevedibili e per questo spesso imparabili.
Questa stagione è ancora nel pieno e, se si dovesse riprendere, c’è da conquistare lo Scudetto, la Coppa Italia e raddrizzare un ottavo di finale Champions League perso all’andata. In questa stagione le prestazioni del centrocampista bosniaco sono state caratterizzate da alti e bassi, con un inizio scoppiettante ed un 2020 con qualche difficoltà, dovuta soprattutto ad una precaria condizione fisica. Non c’è da preoccuparsi però, “Il pianista” non ha nessuna intenzione di smettere di suonare e comporre calcio alla sua maniera, con un occhio al passato e la testa al futuro.