Eusebio Di Francesco, ex tecnico della Roma, è intervenuto ai microfoni di Sky Sport, raccontando aneddoti sul suo passato.
QUARANTENA – «Ogni tanto vado a fare la spesa. O esco io o esce mia moglie, allo stesso tempo vado nel mio hotel/ristorante che è parzialmente aperto per ricevere le persone che stanno aiutando i vari ospedali».
CENTROCAMPO ALLA ROMA – «Era un grande centrocampo. Con giocatori di grandi doti fisiche, tecnica e anche mentali. La cessione di Nainggolan è stata forzata, mi è dispiaciuto proprio dal punto di vista emotivo. Credo che la Roma stia costruendo qualcosa di importante con giovani e italiani. Sta facendo bene».
PARTITA CON IL BARCELLONA – «Pensandoci bene, vivendo questi momenti da casa, la cosa più bella è rivedere tante partite del passato. Vedendo la partita contro il Barcellona mi emoziono ancora adesso perchè nel momento in cui l’ho vissuta ero fra i più freddi a viverla. Abbiamo trasmesso gioia in maniera non esprimibile in questo momento. La partita con il Barcellona nasce da un percorso di trasmettere durante l’anno delle idee alla squadra, un’identità. È fondamentale entrare nella testa dei giocatori. A volte ci si riesce, a volte meno. Quello che non sono riuscito a fare alla Sampdoria per tanti motivi. Nel calcio, come in tutte le cose, tutte le esperienze ti fanno maturare però questi ricordi sono bellissimi e credo aver assaporato qualcosa di importante. Peccato per quella semifinale perchè come abbiamo giocato al ritorno, avremmo meritato qualcosa in più».
SASSUOLO – «Sono molto vicino alla realtà sassolese ma alla realtà in generale. Come a Piacenza, dove ho giocato tanti anni, ho un’associazione benefica che in questo momento sta cercando di aiutare tante persone bisognose. Stando a casa puoi stare solo vicino sotto il punto di vista morale a queste persone. Quando vedo la maglia di Missiroli e rivedo le immagini col Sassuolo mi vengono i brividi. Sono ricordi stupendi fatti con un gruppo magnifico in un ambiente unico. Lavorare a Sassuolo per tanti è un privilegio con una società seria, peccato non ci siamo più due persone splendide come il dottor Squinzi e la dottoressa Spazzoli perchè rappresentavano proprio nei modi e negli atteggiamenti lo stile Sassuolo».
ESPERIENZA IN INGHILTERRA – «Ovviamente sì. Anche perché sono sempre molto aperto in senso. Ho detto anche in passato che mi piacerebbe fare un’esperienza all’estero. La Premier è uno dei campionati più invitanti. Piano piano ho cercato di migliorare l’inglese, mi auguro un domani di poterci andare».
MENTALITÀ – «Ogni gruppo ha una sua identità e all’interno ha delle determinate personalità. Sei tu che devi essere molto bravo a calarti all’interno delle realtà dove vai sapendo che non tutti i gruppi hanno la stessa capacità di capire determinati meccanismi. Io ho bisogno di calciatori che abbiano qualità in generale però ho capito devi avere anche tanta fisicità. Dipende dove vai ad allenare, dipende quello che tu vuoi. Posso dire due mesi, tre mesi e tante volte con un mese e mezzo. A Sassuolo ci sono riuscito da subito perchè sono riuscito ad entrare nella testa dei calciatori in maniera efficace e veloce. A Roma ho impiegato un po’ di più però ci sono riuscito ugualmente dare una determinata mentalità. Peccato non aver potuto proseguire per tanti motivi. Dare un tempo effettivo non è facile però tutti sanno che quando prendi un allenatore come me anche i dirigenti devono mettermi a disposizione determinati giocatori».
ATTACCANTI – «Con cui ho giocato ne scelgo tre: Montella, Batistuta per la sua prepotenza e per la sua forza. Lui era arrivato per vincere. Il giocatore più talentuoso è scontato dirlo ma è Francesco Totti per capacità impressionanti non solo tecniche ma anche fisiche. I calciatori che ho allenato dico Edin Dzeko, come giocatore che ho visto crescere e per me merita palcoscenici importanti e non è ancora arrivato, e ha rifiutato di venire da me perchè si è sentito una terza scelta, è Domenico Berardi».
BERARDI – «Lui ha l’ambizione. Ha personalità perchè uno che rifiuta e vuole essere, fra virgolette, desiderato come giusto che sia in tante situazioni. L’ultimo anno che ero a Roma ero criticato perchè mi dicevano di dimettermi perchè non hanno fatto il mercato che volevo. Oggi se ci dimettiamo abbandoniamo la barca, se non lo facciamo non abbiamo il carattere. Quale è la cosa giusta? La cosa giusta è essere sé stessi, cercare di tirare fuori il meglio da quello che hai e da quello che è il tuo lavoro».
CHIESA – «Io di lui ho un pensiero: ha caratteristiche veramente importanti. Nel mio 4-3-3 lui sarebbe l’attaccante di sinistra. È un giocatore che determina. Nell’insieme generale ha un talento impressionante, forse anche più del papà che era fortissimo».