Nel calcio italiano sconquassato da Calciopoli e neo vincitore della Coppa del Mondo, le favole non mancavano. La rivoluzione della classifica in Serie A portò le società più piccole alla gloria: il Chievo in Champions League, certo, ma anche il Livorno in Coppa Uefa. La compagine amaranto, rispetto ai veneti, seppe farsi onore e strada, giungendo fino ai sedicesimi di finale.
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Dopo aver eliminato l’Austria Karmten ai preliminari, i toscani passarono il girone con la vecchia formula a 5 squadre e una partita tra ogni partecipante. Sconfitti dai Rangers nella prima giornata per 2-3, arrivò il pareggio con il Partizan fuori casa e successivamente quello al Picchi contro il Maccabi Haifa. Fondamentale la vittoria contro l’Auxerre in Francia nell’ultima sfida.
Il sogno si infranse ai sedicesimi di finale. Il Livorno andò oltre le aspettative, ma si piegò nel doppio confronto all’Espanyol: in uno stadio a porte chiuse a causa dell’inagibilità – contro la quale il Livorno lottò fino alle ultime ore nel tentativo di potersi avvalere dei propri tifosi – Pandiani e Moha annientarono i labronici, tenuti in vita dal gol di Galante nel finale. Al ritorno, a Barcellona, Lacruz e Coro spensero definitivamente il cammino del Livorno in Coppa Uefa.
La formazione schierata da Daniele Arrigoni nell’andata al Picchi vedeva Amelia in porta, una difesa a quattro con Grandoni, Kuffour, Galante e Pasquale, a centrocampo Filippini, Passoni, Morrone (sostituito poi da Coppola) e Cesar (successivamente al suo posto Paulinho). E con Fiore (nell’ultimo quarto d’ora dentro Pfertzel) a sostegno di Lucarelli.