di Andrea Sperti
È il 9 febbraio 2003, una domenica come tante per tutti o quasi. In realtà a Perugia si respira l’aria delle grandi occasioni. Il Milan capolista deve giocare al Curi contro i biancorossi guidati da Serse Cosmi. La formazione del presidente Gaucci è temuta, soprattutto tra le mura amiche, ma i fenomeni rossoneri provano in ogni modo a sbloccare il parziale. Ad un certo punto, però, Fabrizio Miccoli, trascinatore di quella compagine e stella emergente del calcio italiano con un passato nelle giovanili rossonere, decide di cambiare la partita e la storia del club umbro, segnando un gol magnifico e lasciando di stucco un incolpevole Nelson Dida.
Il Perugia dei miracoli guidato da Gaucci e Cosmi
La vittoria su Maldini e compagni è stata solo la ciliegina sulla torta di una stagione fantastica, culminata con il nono posto in classifica e l’ennesima qualificazione all’Intertoto. Quella era la squadra di Kalac e Rossi in porta, Grosso e Di Loreto in difesa, Obodo e Baronio a dettare i tempi in mezzo al campo e la coppia composta da Miccoli e Vryzas a far impazzire il Renato Curi. In quello stadio sono cadute molte big del calcio italiano e nella stagione 2002/2003 a Perugia vennero sconfitte anche Roma ed Inter, con i nerazzurri che persero per 4 a 1.
Alla presidenza, lo abbiamo già detto, c’era il vulcanico Luciano Gaucci, innamorato pazzo della sua creatura e capace di difenderla a spada tratta contro tutti e tutti. In panchina, invece, Serse Cosmi, tecnico partito dal basso ed arrivato a realizzare il sogno di allenare la squadra per la quale ha sempre fatto il tifo.
Adesso, a distanza di 17 anni da quella partita, la storia è diversa, quasi del tutto. Il Perugia è in Serie B, ha vissuto anni duri ma è tornato in cadetteria e da qualche stagione prova a risalire nell’Olimpo del calcio italiano. Quest’anno la stagione non è partita al meglio ed ecco allora che il passato, quello glorioso, è ricomparso nelle vesti di Serse Cosmi che, dopo aver girovagato per l’Italia, ha deciso di rientrare a casa, provando nell’impresa più grande di tutte: ripetere ciò che è già stato.