Manolo Gabbiadini, attaccante della Sampdoria positivo al Coronavirus qualche settimana fa e ora guarito, ha parlato della malattia al Corriere dello Sport.
COME STA – «Bene, ora è tutto a posto. La prima settimana ho avuto un giorno la febbre, altri 5-6 una brutta tosse, in più non sentivo gli odori e avevo un po’ di mal di schiena. Neppure la seconda settimana ero al 100%, ma poi si è sistemato tutto. Prima della telefonata del dottor Baldari (il medico sociale della Samp, ndr) ero sereno e credevo di essere negativo. Mi ricordo che quando mi disse: ‘Purtroppo sei risultato positivo’ ci sono rimasto male: ero in casa con mia moglie e i due bambini piccoli e non volevo crederci. Il primo pensiero, più che per le mie condizioni di salute, è stato per loro e un po’ di ansia l’ho avuta. Passato un giorno abbiamo metabolizzato la notizia e abbiamo cercato di conviverci”.
I MESSAGGI RICEVUTI – «Circa 400, solo su Whatsapp, tra familiari, ex compagni, ex allenatori, amici… Sono stato sorpreso da tutto questo affetto nei miei confronti e mi ha fatto piacere».
ALLENARSI – «Una settimana dopo la positività avevo provato a fare qualcosa, ma sono stato costretto a fermarmi perché non ero al top, non stavo bene e così mi sono limitato a qualche allungamento per la schiena visto che mi ero bloccato. Dopo 15 giorni ho ripreso con la cyclette e gli elastici seguendo i programmi che lo staff tecnico ci manda ogni sera su Whatsapp».
LA STAGIONE – «Mi mancano molto sia allenamenti che partite e mi sento come un leone in gabbia. Mi sto abituando e mi piace stare in casa con la mia famiglia, ma da sempre giro e sono in movimento per il mio lavoro. Quindi…. Finire la stagione? Non spetta a me dirlo. L’obiettivo di tutti è ripartire, non solo nel calcio che in questo momento è la cosa meno importante, ma nella vita in generale. Bisogna ripartire, però nella maniera giusta ovvero senza poi ricascare nel problema. Se succedesse sarebbe un guaio per gli ospedali. Ecco perché dico che bisogna usare la testa e prendere ogni decisione con grande attenzione».
LA LETTERA A BERGAMO – «Dopo aver visto il video dei camion dell’esercito che portavano via le bare di tante persone: sono state immagini terrificanti che mi fanno venire i brividi ancora adesso. In provincia di Bergamo vivono i miei familiari e mi raccontavano le scene: per giorni quando aprivano le finestre sentivano solo le sirene delle ambulanze che passavano. E’ stata una cosa toccante veder soffrire così la mia città d’origine».