di Giacomo Brunetti
Iniziamo dall’inizio dell’inizio dell’inizio. L’adolescenza calcistica di Haaland è difficile da inquadrare perché è piena di partenza con il botto. Almeno tre. Altro che diesel, Erling è uno di quei dinosauri potenti e feroci che azzannano la preda e la disintegrano. Come quel 1 luglio 2018 a Molde. «Quella è stata una partita pazzesca», ricorda meravigliato Kristoffer Haugen, difensore di quel Molde che in 21 minuti strapazza il Brann. Tutto merito di un 17enne che «in settimana aveva segnato a malapena un gol, ogni occasione che gli capitava la sbagliava».
Un piccolo diventato grosso
Una giornata entrata nella storia del calcio norvegese. «La difesa del Brann era composta da due centrali enormi e forti. Era cresciuto tutto d’un tratto, li fece a pezzi», ci racconta il terzino che in quella partita rimase in campo 90 minuti. A Erling ne bastarono 4 per aprire le danze: assist di Aursnes e vantaggio. Al 13′ fu invece Hestad a servire la palla del 2-0 al gigante, che fa tris in solitaria poco dopo, prima di chiudere i conti al 21′ ancora su assist di Hestad. «Quella è stata la serata in cui ha compiuto il passo decisivo nella sua crescita».
«Proveniamo dalla stessa zona della Norvegia – prosegue Haugen – e l’ho conosciuto quando era un ragazzino. Era alto e magro, l’ho ritrovato al Molde che era enorme. Il lavoro che ha fatto a livello muscolare e per costruire la sua potenza è stato folle», tanto che in patria è stato definito un orso per la forza e un cavallo per la velocità dal giornalista Øyvind Godø. «Un grande staff che lo ha fatto crescere sotto tutti i punti di vista»: tendenzialmente in Eliteserien fa quello che vuole.
Dolce ma spietato
«Posso dirvi una cosa in particolare su di lui: è letteralmente ossessionato dalla vittoria. E dal segnare, dall’avere un impatto devastante», a colpire Kristoffer sono stati anche l’amore e la dedizione di Haaland nei confronti dello sport che lo ha portato alla ribalta. Che gli ha cambiato la vita. «Penso che Erling sia speciale proprio per questo, è estremamente professionale. Ha sempre voluto diventare migliore e imparare, soprattutto da Ole Gunnar Solskjær che era il nostro manager. Ricordo che gli dava sempre indicazioni su come muoversi in campo, come posizionarsi con il corpo e cosa fare nelle diverse situazioni».
In patria, Haaland detiene il record di salto in lungo: a 5 anni in Norvegia saltò per 163 cm. Un volo partito dall’Inghilterra, dov’è nato quando il padre militava nel Leeds: «Simpatizza per gli Whites grazie ai suoi genitori, ma ovviamente punta molto più in alto. Sono sincero, non vedo limiti affinché non possa diventare il miglior attaccante del mondo».
Haugen ci ha raccontato che quando si incontreranno nel Rogaland, prenderanno sicuramente un caffé: «Ogni tanto ci sentiamo attraverso Instagram, l’ultima volta gli ho scritto quando è passato al Borussia Dortmund. L’impressione che ho avuto di lui è una: non lo fa per i soldi, ma per la gloria. Ha una fame spaventosa. Ama avere successo». E non ha dubbi: «Ha la testa sulle spalle, sa che la pressione mediatica fa solo parte del gioco. Ci convive, la alimenta. Ma Erling si concentra sulle cose giuste della vita».