Non tutti vogliono riprendere a giocare. Se da un lato l’interesse delle società e delle federazioni è quello di terminare il campionato iniziato, dall’altro, alcuni giocatori non si sentono pronti per tornare in campo. Dalla Spagna, infatti, arrivano dichiarazioni non indifferenti di un giocatore. Fali, difensore spagnolo del Cadice, militante in seconda divisione, ha espresso tutte le sue preoccupazioni a due diverse testate giornalistiche spagnole.
Prima ad AS, pochi giorni fa: «Ho scoperto che il 4 o l’11 maggio inizieremo ad allenarci. Io mi sono rifiutato. Non andrò ad allenarmi e non andrò a giocare. L’ho messo in chiaro dall’inizio. So che mi danno del matto però l’ho messo in chiaro dal principio. La salute prima di tutto. Se è vero che sono al 100% che non rischiamo di essere contagiati, che lo mettano per iscritto. Se succede qualcosa a qualche giocatore, che ne rispondano loro. Se la nostra vita verrà rovinata che sia anche la loro. Non si rendono conto che se ci succede qualcosa, le nostre famiglie soffriranno per il resto della loro vita? Se ci firmano un foglio, gioco al 100%. Il calcio non è un lavoro essenziale, prima o poi tornerà. Deve tornare quando lo stato di salute di tutti è sicuro».
La decisione finale
E ieri a Cadena Cope, in cui ritratta, in parte, la dichiarazione precedente, confermando la volontà di non voler tornare a giocare: «Ho preso la mia decisione, non ho intenzione né di allenarmi né di giocare. Noi calciatori possiamo stare tanti mesi senza guadagnare, io lo farei senza problemi. Preferisco mangiarmi un pezzo di pane con l’olio che mettere a rischio la salute mia, della mia famiglia e dei miei compagni. Vale davvero più il denaro della vita umana? Io oggi non giocherei neanche per 5.000 milioni. In Spagna ci sono 400 morti al giorno, come si può pensare al calcio».